Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Quali Sensi - opere dal 1972 al 2010

Claudio Olivieri


Opere di pittura

inaugurazione: 3 luglio 2010 - h 19.30

esposizione: dal 3 luglio al 4 agosto 2010

luogo: pianoterra Villa La Versiliana - Marina di Pietrasanta

orario: tutti i giorni 18.00-24.00

ingresso libero 


Comunicato stampa

(versione in pdf)

 

Claudio Olivieri

Quali sensi- 1972 - 2010

M. di Pietrasanta (LU), Villa La Versiliana
Inaugurazione: sabato 3 luglio 2010 ore 19.30

 

Lo storico dell'arte Ernst Gombrich scriveva che non possiamo separare nettamente ciò che vediamo da ciò che sappiamo. Per cui se un cieco dalla nascita acquistasse la vista, dovrebbe imparare a vedere. Tuttavia la pittura non è riproduzione di ciò che già si conosce. Neppure è ripetizione del già fatto. Ma un'attività che produce conoscenza. Pertanto, come un cieco che apprenda a vedere per la prima volta, lo spettatore di fronte alla tela produce la sua visione allo stesso modo del pittore, coinvolto in una totalità conoscitiva che assorbe ogni livello dei suoi sensi. La pittura dunque produce una differenza, è nascita del linguaggio.

Olivieri, alla fine degli anni sessanta, è stato tra i primi a rendersi conto che non è possibile sostituire l'esperienza conoscitiva della pittura con un altro medium. Inizia così a concepire il segno come colore e come esperienza dello spazio, invenzione di spazio e colore attraverso la visione.
La pittura diventa allora schermo, esperienza del carattere diafano della realtà.

Olivieri spoglia l'attività del pittore da tutto ciò che non è essenziale, attenendosi a quel solo momento di verità: l'istante del farsi vuoto dei saperi precedenti al dipingere, quando inizia un nuovo conoscere, l'avventura che si affida alla sola pittura, al solo vedere. Dunque, pittura come attesa senza previsione, conoscenza diretta di ciò che si fa, atto totale, dérèglement di ogni sapere precostituito.

Potrebbe esistere la pittura se nessuno le prestasse vita?
Attraverso le spoglie sale della Versiliana lo spettatore viene coinvolto in un'esperienza unica. Quarant'anni di riflessioni ininterrotte attraverso il puro silenzio della pittura.
In questa mostra Claudio Olivieri, attraverso una raffinatissima selezione delle sue opere, lascia che lo spettatore ripercorra i suoi interrogativi dal 1972 fin'adesso, come un viaggio, vasta odissea senza ritorno.

Claudio Olivieri, nato a Roma nel 1934, è tra i protagonisti dell'astrazione europea del dopoguerra. Si trasferisce a Milano nel 1953 dove frequenta l'Accademia di Belle arti di Brera. Formatosi nell'ambito della sperimentazione informale, si afferma negli anni settanta tra le figure di spicco nell'ambito della cosiddetta Pittura Analitica. Da quegli anni il suo lavoro diventa una ricerca sempre più raffinata e personale sulla dinamica della visione.
Olivieri, oltre ad aver esposto in importanti spazi pubblici e privati in Italia e all'estero, annovera nel suo curriculum anche la partecipazione a Documenta Kassel (1997) e a diverse edizioni della Biennale di Venezia (nel 1966, 1980, 1986 e 1990), dove è stato invitato con opere e sale personali.

La mostra "Claudio Olivieri. Quali sensi. 1972 -2010" fa parte del programma mostre estivo 2010 presso gli spazi espositivi della Villa, Fabbrica dei Pinoli e del Parco de La Versiliana a Marina di Pietrasanta.

La stagione culturale 2010 de La Versiliana vede un'inedita sinergia tra Comune di Pietrasanta, Fondazione La Versiliana e la neonata Fondazione "Centro Arti Visive Pietrasanta" per promuovere un'offerta artistico-culturale di alto profilo: una progettazione e gestione delle politiche culturali del territorio da parte dell'Amministrazione Comunale, una programmazione dedita allo spettacolo e intrattenimento culturale basata su una lunga e prestigiosa esperienza da parte della Fondazione La Versiliana ed un contributo di coordinamento e progettazione artistica sul versante delle Arti Visive e Plastiche da parte del "Centro Arti Visive Pietrasanta". In tal senso si riuniscono episodi di elevata qualità da un punto di vista del linguaggio artistico e di cura critica legati da una comune attenzione alle varie declinazioni delle forme espressive contemporanee, con valorizzazione della capacità produttiva del territorio, che ha fatto della creazione artistica e della trasmissione del sapere il proprio fulcro motore.

 

  Luogo della mostra:
Villa La Versiliana- Viale Morin n. 16 - Marina di Pietrasanta (LU)

Orario di apertura
tutti i giorni dalle 18.00 alle 24.00/Ingresso libero

Organizzazione:
Comune di Pietrasanta
Fondazione La Versiliana
CAV Pietrasanta
Anfiteatro Arte - Padova
Claudio Poleschi
Arte Contemporanea - Lucca
Archivio Claudio Olivieri

Catalogo disponibile

Testo critico: Giorgio Verzotti

 

Informazioni:

La Versiliana Festival
T. +39 0584 265757
www.laversilianafestival.it

 

Comune di Pietrasanta
Assessorato alla Cultura
T. +39 0584 795500
www.museodeibozzetti.it

 

Ufficio Stampa:

Comune di Pietrasanta
Assessorato alla Cultura
Tel. 0584795381/ 500
cultura@comune.pietrasanta.lu.it

 

La Versiliana Festival
Tel. 338 4147298
ufficio.stampa@laversilianafestival.it

Presentazione

Quest'anno le energie a La Versiliana si rafforzano e si rinnovano: il Comune di Pietrasanta, la Fondazione La Versiliana e la novella Fondazione Centro Arti Visive Pietrasanta collaborano per presentare nuovi progetti espositivi, interessanti proposte culturali e possibili nuovi scambi internazionali. Il pubblico eterogeneo, ma anche ansioso di conoscere la realtà dell'arte contemporanea, tra luglio e agosto potrà godere della presentazione di ben otto mostre di pittura, scultura e design nella Villa de La Versiliana e nella Fabbrica dei Pinoli, e dell'installazione di due sculture monumentali nel Parco.

Grazie al coordinamento artistico e curatoriale della Fondazione Centro Arti Visive Pietrasanta e all'apporto logistico e organizzativo della Fondazione La Versiliana e del Comune di Pietrasanta, sempre di più l'arte, nelle sue molteplici sfaccettature, diventa protagonista di questa terra di Versilia, proseguendo una consolidata tradizione iniziata già da dannunziana memoria. La simbiosi felice tra Arte e Natura del resto ben si presta in queste zone dedite da sempre alla lavorazione del marmo e del bronzo.

Con questo augurio di sicuro successo per una stagione fervida di brillanti iniziative, si coglie l'occasione per ringraziare tutti quelli che hanno partecipato alla loro organizzazione e promozione, ed in particolare gli artisti che hanno messo a disposizione le loro opere.

Domenico Lombardi

Sindaco Comune di Pietrasanta

 

La stagione culturale 2010 de La Versiliana vede un'inedita sinergia tra Fondazione La Versiliana, Comune di Pietrasanta e la neonata Fondazione Centro Arti Visive Pietrasanta per promuovere un'offerta artistico-culturale di alto profilo.

In un'ottica di collaborazione e rispetto delle prerogative delle istituzioni coinvolte nel progetto - una progettazione e gestione delle politiche culturali del territorio da parte dell'Amministrazione Comunale e una programmazione dedita allo spettacolo e intrattenimento culturale basata su una lunga e prestigiosa esperienza da parte della Fondazione La Versiliana - il Centro Arti Visive Pietrasanta fornisce un contributo di coordinamento e progettazione artistica sul versante delle Arti Visive e Plastiche.

Tale contributo, con una forte vocazione didattica testimoniata dalla Scuola di Alta Formazione in Arti Visive e Restauro dell'Arte Contemporanea, fa capo alla Fondazione stessa, che in questa circostanza ha come scopo principale quello di realizzare un progetto espositivo complessivo. In tal senso si riuniscono episodi di elevata qualità da un punto di vista del linguaggio artistico e di cura critica, legati da una comune attenzione alle varie declinazioni delle forme espressive contemporanee. Viene valorizzata inoltre la capacità produttiva del territorio, che ha fatto della creazione artistica e della trasmissione del sapere il proprio fulcro motore, formando una parte importante della propria identità.

Carlo Carli

Presidente Fondazione Centro Arti Visive Pietrasanta

 

L'arte da sempre costituisce un valore prezioso per il Festival La Versiliana. Arricchisce il palinsesto generale delle nostre attività; colora con forme ed espressioni gli ambienti storici del Parco, dalla Villa, fresca di restauro, alla Fabbrica dei Pinoli, tornata ad essere snodo culturale di richiamo per migliaia di visitatori. L'arte ha il pregio di trasformare suggestioni, visioni e pensieri, in qualcosa di reale e concreto; in qualcosa che si può toccare. E' la più nobile e raffinata delle espressioni del pensiero dell'uomo.
La Versiliana è sempre riuscita, in questi anni, a rendere reali queste suggestioni, visioni e pensieri elevandosi a polo espositivo d'eccellenza nel panorama internazionale.

La trentunesima edizione segna l'avvio della sinergia tra la Fondazione La Versiliana, l'Amministrazione Comunale e il Centro Arti Visive. Il programma di mostre della trentunesima edizione è il primo frutto di questa collaborazione strategica che ci vede impegnati, tutti insieme, in quel processo che dovrà essere capace di unire culturalmente la Versilia.

La possibilità di poter far ruotare e cambiare le mostre, ospitando più appuntamenti espositivi nell'arco dei due mesi, è un punto di forza anche per il palinsesto del Festival. E' un'opportunità per i nostri visitatori che potranno godere di appuntamenti espositivi di assoluta qualità e scoprire, grazie agli artisti che saranno protagonisti questa estate, i luoghi magici del nostro Festival.

Il Presidente Fondazione La Versiliana

Massimiliano Simoni

 

 

 

Critica

QUALI SENSI
GIORGIO VERZOTTI

La mostra che presentiamo prende il titolo da uno dei quadri di Claudio Olivieri (vedi pag. 65), un titolo come sempre allusivo ma in questo caso volutamente caricato nel senso dell'ambiguità: non ci sono segni di interpunzione alla fine della proposizione, non sappiamo se è un domanda o un'affermazione, così siamo noi a decidere quale senso assume l'opera, e quale direzione deve prendere il nostro sguardo. La possibilità è aperta fin dall'inizio, l'opera stessa si fonda su figure di apertura, secondo l'artista ciò che viene raffigurato è un allontanamento, secondo altri (chi scrive) c'è un avvicinamento.
Ma andiamo con ordine. Ricordiamo tutti le opere dell'artista negli anni Settanta, in particolare quelle realizzate fra la metà del decennio e i primi Ottanta, quadri che un giornalista della rivista L'Espresso in vena di spiritosaggini definiva "neri-neri": scuri, questo sì, essi nondimeno contengono, come la notte, una grande quantità di colori. Occorre che l'occhio li percepisca e perciò che il corpo si muova, si avvicini e si allontani dalla superficie. In questo modo emergeranno le tracce cromatiche, per scomparire poi ad un susseguente movimento e lasciarne altre galleggiare sul fondo oscuro. Ciò che manca, la figura, è evocato in presenza, per così dire, perché la figura diventa il corpo stesso dell'osservatore: sono io che guardo che in qualche modo entro a far parte del quadro, divento la sua figura. E ho detto fondo, non sfondo, perché la superficie non è più unidimensionale e piatta, l'oscurità evoca la profondità. La cosa equivale a dire che la pittura di Olivieri non è mai stata "letterale" o"intransitiva" come si diceva delle tendenze auto-analitiche. Trovo più corretta (e più semplice) definirla se mai come pittura radicale.
Ora, molte avventure della pittura più radicale portano al qui-e-ora fenomenico dell'osservatore: le shaped canvases americane, oppure i quadri di Castellani, con le loro aperture o le loro estroflessioni che trasgrediscono l'integrità del piano, ci rendono consapevoli dello spazio in cui si trovano, e noi con esse, così come della sua fenomenologia, riflessa, come effetto, in quella della superficie stessa.
L'azione che le tele di Olivieri, sempre totalmente confermate nella loro fisica interezza, svolgono è invece diversa, tende a coinvolgerei psico-fisicamente nel senso di trascendere i dati fenomenici (attenzione, non a obliterarli) per farei entrare virtualmente nello spazio che il dipinto configura. Uno spazio altro, che non appartiene a un qui-e-ora ma che pone una ulteriorità. In molte di queste pitture le tracce cromatiche sono date come sciabolate leggermente curvilinee che solcano, a coppie, verticalmente la superficie, linee che nella loro salita trascinano un alone colorato, così da sembrare, a volte, vele che si stagliano a fatica nel buio che le circonda: è certo però che stanno emergendo, non stanno al contrario per essere inghiottite dalla tenebra. Ad esse spetta un valore costruttivo, sono pieghe nel vuoto, rientranze, o sporgenze che, senza mai superare la bidimensionalità, alludono a sviluppi spaziali, come indici dell'altrove.
Silvia Pegoraro ha giustamente notato che la pittura di Olivieri non genera colori ma piuttosto organismi: il soffio della pittura a spruzzo dissemina sul piano miriadi di corpuscoli puntiformi, disegna un formicolare discontinuo ma perenne e onnipresente, fa della superficie un campo di forze e una fonte di energia sempre rinnovantesi. Si tratta allora di condensazioni e rarefazioni di corpuscoli che creano"pieni" e"vuoti'; zone di maggiore o minore densità, quindi scansioni e cioè spazialità, sprofonda menti ed emersioni che il corpo dell'osservatore percepisce, potremmo dire intuisce, quando si sporge su questi universi cromatici o anche quando da essi si ritrae.
Nebbie, ombre colorate, vapori o fumi, veli, chiazze, come potremmo definire queste tracce pittoriche, queste velature che diventano anche tratti serpenti nati, tracciati dall'andamento guizzante che si attesta no sui lati della tela e si inerpicano verso l'alto su un fondo che gradatamente si schiarisce?
Pegoraro associa Olivi eri alle poetiche romantiche e lo avvicina anche a quelle del Sublime. In effetti, nelle pitture di Turner troviamo nebbie, nubi, fumi e fiamme, l'idea di una natura immateriale, anch'essa corpuscolare e pervasiva, che avvolge la natura tangibile e fisica, quasi scendendo dall'alto a vivificarla o a sconvolgerla. Il suo Incendio del Parlamento, vero e proprio "naufragio con spettatore" e perciò vicino al sentimento sublime, è costruito sulla doppia diagonale creata dall'immensa colonna rossastra di fumo che si leva, vista da lontano, dal palazzo in fiamme espandendosi a dismisura nell'atmosfera, e dal suo riflesso nell'acqua del Tamigi.
Le nebbie dell'americano Frederick Edwin Church, che velano i suoi ampi e paradisiaci paesaggi, sembrano invece emanare dalla terra stessa, come i vapori che sovrastano i grandi corsi d'acqua, o il fumo denso dei vulcani, o la spuma prodotta dalle onde in sommovimento in prossimità dell'enorme e minaccioso iceberg. Da questo repertorio visivo, è come se Olivieri avesse adottato la parte immateriale, l'evanescente ma energico mondo aereo, di cui evidenzia la microstruttura, le particelle, come a renderci consci della sua appartenenza, comunque, a una tangibile fisicità. AI pari dei due grandi precedenti, anche l'immateriale di Olivieri è vivo e agente, è un divenire gremito di vita ed ha come prima qualità quella di creare spazio. Come nelle nebbie e nei vapori dei romantici, noi vediamo (o meglio percepiamo intuitivamente) nei suoi quadri crearsi piani diafani che si intersecano, si sovrappongono (come in una serie molto potente di quadri rossi e neri dei primi anni Settanta), si scontrano e scompaginano, vediamo insomma crearsi spazio: voragini, varchi, aperture. Per l'osservatore è difficile non sentirsi attratto, con i sensi (quali sensi?) e con il pensiero, in questi che sono altrettanti inviti all'attraversa mento, o se volete al "lasciarsi andare" verso l'altrove, nell'universo dei corpuscoli. Dalla metà degli anni Ottanta ai primi Novanta il linguaggio pittorico di Olivieri muta, abbiamo detto, attestandosi su interventi (che definisco gestuali perchè non posso più dire segnici, il segno da tempo non c'è più) ai lati della composizione, mentre al centro la superficie viene campita di stesure cromatiche o per meglio dire di chiazze di diverso colore che convivono amalgamandosi l'una nell'altra. Non c'è mai niente che sta fermo: da un campo azzurro si passa a uno rosa senza che quasi l'occhio se ne accorga, e quei gesti di cui dicevo si danno spesso in relazione speculare, a sinistra fluttuano nembi rosa che a destra sono azzurri dove tutta la battaglia si attua appunto fra questi due colori (mi riferisco ovviamente ad Aphrodisia del 1986).
E anche il fondo, rispetto alla mobilità di queste tracce dinamiche, non si dà come principio di immobilità, come Uno; al contrario è anch'esso preso in un divenire: la porzione centrale della superficie pittorica è sempre cromaticamente mossa, è un piano che partecipa della luce e dell'ombra contemporaneamente, e il più delle volte si mostra divisa in due, longitudinalmente, in zone più chiare e più scure, oppure definite da colori diversi.
La divisione, l'istanza dell'Uno che si divide in due, è molto presente nel lavoro di Olivieri. Non ci sono qui "scontri di situazioni" come direbbe Vedova, perché non ci sono segni che significhino questo scontro, dal momento che sono venute meno le sue ragioni. Non ci sono entità contrapposte, perché nel movimento incessante che l'opera raffigura (cui allude) ogni cosa com-partecipa dell'altra, ne è con-fusa pur essendone distinta (e viceversa). In fondo, il pittore che soffia e spruzza colore sulle sue tele ci mostra ogni volta il caos che diviene cosmo, e anche l'opposto. Il due è l'inizio, la compartecipazione è l'origine, da cui si dipartiranno, nella dimensione ulteriore cui la pittura allude, le distinzioni, le essenze, le identità. La partizione longitudinale del fondo evoca il segno della divisione che è già nella "zip" di Barnett Newman, e qui sta forse per diventare frattura e separazione.
L'atto del ritrarsi, l'atto di fare spazio, di creare un vuoto, è già un atto creativo. Ciò che le tracce cromatiche di Olivieri raffigurano è questo atto, che è movimento di sensibilità proveniente dalla fissità. Per questo nelle tele dell'artista niente sta fermo, neanche il fondo, che lungi dall'assurgere a indice dell'assoluto come troppe volte è stato detto, designa invece l'ulteriorità, quella che dall'assoluto promana come sua proprietà creativa, il divenire, e soprattutto il divenire mondo, cosmo dal caos (pronto a riconvertirsi nel suo opposto per generare poi ulteriori sintesi di senso).
Il Quadrato bianco su fondo bianco di Malevic non è centrato sul suo asse, si presenta inseritto nel quadro-codice della tela-fondo ma anche sembra scivolare via sulla diagonale: Quali Sensi prende questo scivolamento, verso l'attestazione di sé come principio di autorità immobile o come emanazione di tale principio verso il divenire? Le zip di Newman mostrano il loro esser fatte a mano nelle impercettibili, ma presenti, imperfezioni dei loro profili, siano esse date in negativo, per via di levare, o in positivo, e del resto anche le campiture di Rothko sono animate da un principio vitale e direi organico.
L'assoluto insomma si confronta col mondo dei fenomeni, si cala in esso per farsi percepire.
Tuttavia, il monoeromo suprematista va pensato come equivalente dell'icona religiosa, nella casa deve occupare il medesimo posto, e il Quadrato nero accompagna la salma dello stesso Malevic nel corso del suo funerale.
Le superfici di Newman sono enormi, a volte sovrastanti di molto la dimensione umana, e quasi intonse nel loro dispiegarsi in colar field: nei tre casi citati l'osservatore viene presupposto e pensato come preso in una contemplazione estatica che tende ad annullare la re-azione psicofisica al quadro-evento e a stimolare la sua considerazione come puro indice dell'altrove, segno attestante l'istanza dell'incommensurabile, ciò che per sua natura trascende (e nientifica) ogni misura umana.
Tutto questo non sembra agire nei quadri di Claudio Olivieri, che non presuppone un osservatore estaticamente passivo o comunque solo ricettivo: le sue non sono superfici intonse, non sono mai esorbitanti nelle dimensioni, anche se è indubbio che il loro valore si coglie appieno nei grandi formati, e soprattutto non sono l'assoluto, sono il divenire, o per meglio dire, sono già il divenire, dopo essere state il primo motore immobile.
Quali sensi. Lo spazio creato dalla piega dell'aria colorata, dal vuoto cromatico, raffigura un allontanamento, dice l'artista. Per me al contrario esso invita ad inoltrarsi e preannuncia un avvicinamento, al senso, ai sensi: quali sta a noi deciderlo, ma il percorso che mi sento di fare rispetto al varco che l'opera mi offre è questo, è un "andare dentro" e un "procedere verso". L'artista disegna un paesaggio, mentale e sensibile ad un tempo, immateriale ma gremito di vita, aurorale ma consapevole della propria reversibilità. Forse il termine "mito" potrebbe contenere tutte queste differenze senza implodere nel gioco intellettuale o cadere nella mistificazione, forse Claudio Olivieri è un grande creatore di miti, quelli più necessari alla nostra epoca, quelli finalmente depurati da ogni falsa coscienza.

 

Biografia