Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Il Santo Graal

Lorenzo D'Andrea


Mostra di scultura a cura di Adolfo Lippi e Tiziano Lera

inaugurazione: 17 marzo 2010 - h 17.30

esposizione: dal 17 al 22 marzo 2010

luogo: Chiesa di S. Agostino e Piazza Duomo - Pietrasanta

orario: 16.00-19.00

ingresso libero 


Comunicato stampa

(versione in pdf)

 

Il Santo Graal: un mistero che dura da duemila anni. Dal 17 al 22 marzo 2010 Lorenzo D'Andrea presenta per la prima volta al pubblico, nella Chiesa di Sant'Agostino, la sua versione della leggendaria coppa. Una piccola, preziosa scultura bronzea, accompagnata da un'inedita installazione pittorica dal titolo "Jesus's Band"con la quale l'artista offre una sua personale interpretazione dell'Ultima cena. Un'iniziativa dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Pietrasanta, a cura di Adolfo Lippi e Tiziano Lera, con la collaborazione della Galleria Della Pina Artecontemporanea.

 

Vi sono due temi che da centinaia di anni affascinano, richiamano e coinvolgono curiosi, artisti, intellettuali: l'Ultima cena di Gesù Cristo e la leggenda del Graal, la coppa dentro la quale sarebbe stato raccolto il sangue del Messia. Due temi su cui si sofferma Lorenzo D'Andrea, architetto, pittore e scultore, che nella chiesa di Sant'Agostino celebra i due misteri mosso da un'attenta ed approfondita ricerca.
Colloca la coppa con la scritta YEHOSHOA sopra un tabernacolo composto da due piedistalli: un cubo ricoperto di numeri ed un altare marcato dalle sagome di Adamo ed Eva, al centro del quale sta il pomo della conoscenza, il bene ed il male. Si tratta di un prezioso intervento artistico in bronzo, costituito da 4 pezzi, racchiuso in poco più di 17 centimetri di riferimenti, simboli e antiche iconografie. L'opera è stata realizzata dall'artista alla Fonderia Artistica Versiliese: la prima fusione è stata donata a Benedetto XVI.
Di grande impatto visivo l'Ultima cena dipinta da Lorenzo D'Andrea su sagome di legno. Un'installazione pittorica di oltre undici metri per tre di altezza. Con questo soggetto si sono confrontati tutti i grandi maestri dell'antichità, ma anche molti dell'età contemporanea. Da Leonardo Da Vinci a Dalì. D'Andrea dà una sua personale visione, con evidenti richiami cubisti che ne accentuano la forza espressiva. Gli apostoli si muovono, scomposti, sulla scena, mentre il figlio di Dio, presagendo il suo destino, è fermo e meditante al centro del banchetto.
Un'atmosfera sospesa e di mistero pervade la chiesa in un percorso artistico che coinvolge e colpisce il pubblico.

 

Catalogo C.L.D. Libri con interventi critici dei curatori Adolfo Lippi e Tiziano Lera. 


Mostra: Santo Graal
Artista: Lorenzo D'Andrea
Date esposizione: 17- 22 marzo 2010
Luogo: Pietrasanta, Chiesa di Sant'Agostino
Orario: 16-19, ingresso libero
Inaugurazione: Mercoledì 17 marzo, ore 17.30

 

Alessia Lupoli Ufficio Stampa
Assessorato alla Cultura
tel. 0584/795381; fax 0584/795588
e-mail: cultura@comune.pietrasanta.lu.it
www.comune.pietrasanta.lu.it

Presentazione

La coppa dell'arte

La coppa dedicata al Santo Graal di Lorenzo D'Andrea è certamente una coppa d'artista, che si carica però di una fortissima valenza simbolica, visto il soggetto, l'allestimento ed il luogo stesso in cui viene presentata. La Chiesa di Sant'Agostino si onora quindi di accogliere sia Jesus' Band che il Santo Graal di questo valente e poliedrico artista lucchese, in un'atmosfera ed in un periodo quanto mai suggestivi.

 

Accumunando i due temi, D'Andrea avvale la tesi più nota e seguita del Santo Graal, la cui origine si perde nei secoli tra leggende e storie tramandate. Importante comunque resta la semeiotica di entrambe le opere ed anche il fondamentale rapporto tra di esse, sia per l'evidente connessione tematica che invece per la notevole differenza di proporzioni: di scala monumentale il polittico ligneo che richiama L'Ultima Cena, a cui centrale fa riscontro la piccola, preziosa coppa bronzea. D'altro canto, nonostante le dimensioni, il Santo Graal s'impone proprio per la fine cesellatura che la distingue: figure, simboli, numeri e lettere ne rivestono quasi completamente la superficie in un discorso concluso e quasi criptico. Aperto e immediatamente comprensibile è al contrario Jesus' Band, in una situazione conviviale, anche accesa, tra i personaggi.

 

Anche se breve, questo intervento artistico è di sicuro effetto, per un messaggio chiaro e diretto al pubblico, senza perdere però quell'aura artistica di mistero e sospensione che la caratterizza. Ringraziamo a questo proposito, oltre che Lorenzo D'Andrea per la sua opera, anche Della Pina Artecontemporanea di Pietrasanta per la sua cortese ed effettiva collaborazione.

Pietrasanta, marzo 2010

L'Assessorato alla Cultura

Critica

Per Lorenzo D'Andrea: mostra a Sant'Agostino

Vi sono due misteri che da centinaia di anni intrigano, affascinano, richiamano, coinvolgono curiosi, artisti, intellettuali, profeti: l'Ultima Cena di Gesù Cristo e la leggenda del Graal, una coppa dentro la quale sarebbe stato raccolto il sangue del Messia. Sono due misteri che danno una luce particolare, una chiave di lettura originale al cristianesimo; e lo ricollegano certamente alle pre-esistenti religioni quali l'ebraismo, ai riti degli antichi popoli come l'egizio, il mesopotamico, l'indiano, se non addirittura al paganesimo delle segrete liturgie greche. Questi riti, queste credenze, additavano ed additano nella "Gnosi" una speciale scelta o illuminazione-mentale mediante la quale, attraverso la conoscenza compresa da soli iniziati, l'uomo, l'anima dell'uomo, addiviene alla trascendenza in Dio, non perché obbedisca ai suoi noti comandamenti, alla "Sua Volontà" espressa con il Logos, la parola, perché semmai impara ad usare formule tantriche, dipana cabale, esegue esercizi, partecipa a pratiche che "di fatto" lo congiungono, pari a pari, alla divinità, della quale, secondo la "Gnosi" è comunque espressione. Il "Santo Graal" è una di queste immagini-strumento di culto. È un'immagine poiché viene "inventata" da alcuni noti scrittori medioevali: due poeti, un francese, Chrétien de Troyes (autore di Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda) e un tedesco, Wolfram von Eschenbach (autore di Parcival) vissuti subito dopo l'anno Mille, infatuati nella fantasia da teologie mistiche di un Pseudodionigi, dalle avventure dei cavalieri fattisi crociati, dalla poesia cortese dei trovatori, tutto istigato dal "sapere che viene da Dio", un'ascensione conquistata e conquistabile perché eletti, perché chiamati, perché "grani di senape" dell'Imago Dei. Loro e soltanto Loro. Il "Santo Graal", negli scritti, è (sarebbe) una reliquia dove Giuseppe di Arimatea raccoglie ai piedi della croce il sangue di Gesù crocifisso. Questo sangue, una volta adorato, magari toccato, non solo è taumaturgico cioè guarisce i mali fisici e dello spirito, ma eleva automaticamente l'adoratore pio all'ultramondo; cosicché divenne un imperativo nobile cercarlo soprattutto per chi, come i cavalieri crociati, i templari (dopo) (e i paladini letterari fino al Parsifal di Wagner) "gnosticamente" furono persuasi (come lo furono per i secoli i più illustri alchimisti e rosacrociani) non tanto che Dio s'incarni in Gesù ma che la carne sia (possa essere), sublimandosi, Dio; almeno quella carne, quei cuori puri (e puri devono essere i cercatori del Graal) che accedono al "mistero" celato nel sangue della coppa. L'ultima Cena è un'altra delle situazioni topiche di un tale sentire. È noto come fino all'Ultima Cena Gesù si fosse limitato a predicare, a dimostrare, mostrarsi, miracoloso. Nell'Ultima Cena, invece, secondo gli evangelisti canonici, Gesù davvero Cristo, cioè Messia, istituzionalizza, con la benedizione e la preghiera, un evento che, sempre secondo le Scritture, trasforma realmente (e lo crede anche Martin Lutero), il pane in carne e il vino in sangue redentore. Ora senza questa "comunione", lo si sa, non esisterebbe la "Santa Messa" cattolica, soprattutto non vi sarebbero i crismi dei sacerdoti addetti a celebrarla, perché l'Ultima Cena, senza "miracolo" non sarebbe stata altro che un normale banchetto amicale, rievocabile ma privo di sacralità. Così intervenendo con la "comunione" una trasmutazione (la materia che si modifica in "altro") ecco che il cristianesimo divenne (e lo diverrà con il Concilio di Nicea) una santa religione nel senso di "tradizione" come la intende un grande maestro come René Guénon, cioè "credo" in una sostanza (magica) in grado (così come il sangue del Graal) di uniformare la creatura al creatore. Si vede dunque come Graal ed Ultima Cena siano temi importanti, esemplari, produttori di preziosissimi riferimenti, temi che non potevano e non possono non ispirare l'arte. Almeno quell'arte, come scrive Henri Matisse che porta in sé "il proprio intero significato". Lorenzo D'Andrea architetto, pittore, scultore, s'è addentrato, con l'immaginazione e il pensiero, in questi "oggetti" del Sacro. Già egli s'era addentrato nelle Dimore, nei Labirinti, negli Obelischi, nei ritratti (dove mirabilmente estrae con perizia i caratteri specifici nascosti dentro lo spirito). Oggi egli, nella mostra a Sant'Agostino in Pietrasanta, secondo me, "concelebra" i due misteri dando una squisita fine lettura dei testi che lo hanno portato a "fare" una coppa del Graal ed a ricostruire l'Ultima Cena (già da Leonardo interpretata) con figure lignee che rimandano anche alle grandiose rappresentazioni del Sacro Monte di Varallo in Valsesia. Nella scultura bronzea che è il Graal, D'Andrea sottrae ogni vincolo narrativo, ogni riferimento ai poemi, dal medioevale a Wagner. Secondo Paul Klee, infatti, "l'arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile". E cos'è che D'Andrea rende visibile? Egli colloca la coppa, marcata con la scritta YEHOSHOA, sopra un tabernacolo composto da due piedistalli: un cubo ricoperto di numeri ed un altare "pietra angolare" marcato dalle sagome di Adamo ed Eva al centro del quale sta il pomo che nella Bibbia volle dire "conoscenza" del Bene e del Male. Congiungendo questi elementi D'Andrea rende visibile "la riconciliazione", che il sangue di Gesù, perfetto Elisir, consente, secondo i valori antichissimi riscontrabili, secondo Pierre Ponsoye, nelle tradizioni ebraica ed islamica sul Cuore come ricettacolo della Presenza divina. Tale Cuore è anche la Luce che in Plotino "proviene da Lui" (dall'Uno) e meglio è Lui stesso". E del resto già le icone, con dotta ammirazione di uno scienziato mistico e filosofo russo, Paval Florenskij, sono linee che "contornano la visione", porte, come le vetrate di Chartres aderiscono al concetto di un Dio architetto e costruttore. Aggiunge il contemporaneo Umberto Galimberti (nell'Ombra del sacro): "il rapporto tra arte e religione è strettissimo... il sacro non ha mai parlato la lingua degli uomini per il bisogno di intendersi di capire". La coppa, allora, per D'Andrea è rivolta all'avvenire, rivolta dell'Assoluto (come per l'arte sua sostenne Paul Klee). Nell'Ultima Cena, opera in legno pitturato, con Gesù "centrale" e i dodici apostoli in contorno, si rende uguale omaggio "fedele" a Leonardo che aveva teorizzato a proposito del "Cenacolo" esserci nell'uomo una quintessenza "che desidera sempre ritornare al suo mandatario ... l'uomo è modello del mondo". E pitturò, Leonardo, liberamente spaziando "tra cielo e terra", filosoficamente, senza distinguere, come neo-platonico, tra le essenze. Nei tredici legni messi in Sant'Agostino, si vede bene come vi sia, nel tendersi degli apostoli al bene (rappresentato dal solo Gesù), una forte contorsione della materia, una disincarnazione cubista, un processo di spezzettamento, delle turpitudini (ricorderei Testori e Pasolini), passano, poi, accedere alla calma del Maestro, sereno prodigio dei "molti in Uno" (reso in arte dall'abbattimento della Forma operato prima dal Barocco poi dall'Astrattismo), che si può compiere, e D'Andrea, lo riafferma scutamente, solo e soltanto accogliendo l'Angelus Novus (da Benjamin a Cacciari), un angelo che appartiene (fra sintesi) dal passato ma come D'Andrea c'insegna con i suoi tanti lavori è teso (lo scrive Ernst Bloch per la "spes" che Andrea Pisano ha effigiato nel portale del battistero di Firenze) alla "rappresentazione, alla nostalgia di una possibile perfezione". Umana.

Adolfo Lippi

Biografia

Cenni biografici
Lorenzo D'Andrea nasce a Lucca il 25 ottobre del 1943 da padre siciliano e madre lucchese. Si iscrive al Liceo Artistico di Carrara. Studia e dipinge con l'aiuto del padre pittore. Consegue il diploma e tiene la prima mostra personale a Carrara nel 1960. Si trasferisce a Milano nello studio del padre e si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico.
Dal 1961 comincia ad esporre nelle più importanti gallerie e musei, in Italia e all'estero; è affermato ritrattista. Tra i suoi lavori più importanti: Sua Santità Giovanni Paolo II, il senatore Giulio Andreotti, il poeta Mario Luzi, lo scultore Pietro Cascella, il musicista Miles Davis, Andrea Bocelli, Carlo e Diana d'Inghilterra, Giovanni Agnelli e molti altri. Hanno scritto sul suo lavoro, tra gli altri: Franco Russoli, Raffaele Carrieri, Mario Luzi, Pietro Cascella, Klaus Honnef, Giancarlo Vigorelli e Giulio Andreotti. Vari editori hanno pubblicato libri sul suo lavoro; giornali e riviste specializzate si sono occupate della sua pittura.
Svolge anche attività di scultore e grafico. Si divide tra la Toscana e la Sardegna.