Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Donna Scultura VIII edizione

Bianchini, Davidovici, Schuerch, Tentindo


Mostra di scultura a cura di Chiara Celli e Valentina Fogher

inaugurazione: 14 febbraio 2010 - h 10.30

esposizione: dal 14 febbraio al 14 marzo 2010

luogo: Chiesa di S. Agostino - Pietrasanta

orario: 16.00-19.00;  lunedi chiuso

ingresso libero


Comunicato stampa

(versione pdf)

 

 L'arte al femminile. Quattro scultrici internazionali si raccontano, tra esperienze di vita e percorsi creativi, in un comune progetto espositivo. DonnaScultura è un'iniziativa degli Assessorati alla Cultura e alle Pari Opportunità del Comune di Pietrasanta, a cura di Valentina Fogher e Chiara Celli. Protagoniste di questa VIII edizione saranno l'italiana Elena Bianchini, l'americana Jaya Schuerch, la rumena Editt Davidovici e l'argentina Virginia Tentindò.

 

 

DonnaScultura racconta la storia di quattro scultrici che hanno stabilito a Pietrasanta il centro della loro creatività. Quattro donne di diversa provenienza. Quattro diversi percorsi e linguaggi espressivi. Quattro profili d'artista. La sacralità e la riservatezza dei loro mondi, il loro universo di pensiero e di emozioni si rivelano al pubblico consentendo di leggere l'opera da un privilegiato punto di osservazione, di partecipare, fase dopo fase, al processo creativo da cui nasce la loro scultura. In questo nuovo viaggio nella scultura al femminile emergono le personalità di Elena Bianchini (Italia, Lucca 1935), Jaya Schuerch (Usa, Santa Barbara - California 1958), Editt Davidovici (Romania, Iasi 1946), Virginia Tentindò (Argentina, Buenos Aires 1931). Ciascuna ha privilegiato una tecnica, un tema, forme e materia. La mostra, attraverso le opere esposte, oltre quaranta, consentirà di ripercorrerne il cammino artistico. In particolare sarà illustrata con fotografie, disegni e bozzetti, la genesi di una scultura che ciascuna considera particolarmente significativa nel proprio percorso creativo.

 

Sin dagli anni '60 Elena Bianchini si dedica alla pittura e proprio quando la sua carriera sembra avviata in un susseguirsi di esposizioni e positivi riscontri, una pausa di riflessione la conduce, ad inizio anni '90, alla scultura. Una scultura figurativa, calda e materna, in bronzo o terracotta, tutta incentrata sull'uomo e la sua complessità esistenziale.
Da sempre legata alla scultura, Jaya Schuerch, dopo un percorso formativo compiuto tra la Svizzera e gli Stati uniti, approda a Pietrasanta una prima volta nel 1986, quindi nell'88, fino alla decisione di fondare alle porte della città un suo spazio personale, lo Studio Pescarella (2001), insieme a Neal Barab e Lotte Thuenker. Una personalità forte che si rivela anche nelle sue opere, il cui fermo astrattismo è fortemente pervaso di energia, d'impeti divergenti o armonici incontri che sembrano traspirare dalla materia stessa.
Editt Davidovici, benché nata in Romania, trascorre la sua infanzia in Israele, ma, poco più che ventenne, si trasferisce in Canada, che diventa la sua patria d'adozione, dove inizia a dedicarsi alla pittura e alla scultura, coltivando la propria formazione artistica. Docente di scultura alla Koffler Gallery School di Toronto, negli anni Ottanta giunge in Italia, a Carrara, per affinare la conoscenza della pietra e da allora stringe un fecondo rapporto creativo con Pietrasanta. Un pulito astrattismo ne caratterizza le opere, quasi simboli di una vera e propria libertà espressiva.
Da giovanissima Virginia Tentindò scopre la sua passione per la scultura. A tredici anni inizia a frequentare la scuola di Belle Arti, a quindici tiene la sua prima personale, a diciotto inaugura la sua galleria. Un percorso fulmineo che passa da significative esperienze in Francia e in Svezia, prima di approdare in Versilia negli anni Settanta. Qui perfeziona le sue tecniche di lavorazione dedicandosi soprattutto alla terracotta, ma anche al bronzo e al marmo. Il suo mondo creativo è popolato di antiche creature dalle forme sinuose. Idoli di una lontana cultura che affonda solide radici nella fertilità della terra, generatrice di ogni forma di vita.

 

Mostra: Donna Scultura, VIII edizione
Artisti: Elena Bianchini, Jaya Schuerch, Editt Davidovici, Virginia Tentindò
Date esposizione: 14 febbraio - 14 marzo 2010
Luogo: Chiesa di Sant'Agostino, Pietrasanta (LU)
Orario apertura: 16,00-19,00 / lunedì chiuso
Ingresso: libero
Inaugurazione: domenica 14 febbraio, ore 10.30

 

 

Alessia Lupoli - Ufficio Stampa
Assessorato alla Cultura
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795381; fax 0584/795588
e-mail: cultura@comune.pietrasanta.lu.it
www.museodeibozzetti.it

Presentazione

Come ogni anno in questo periodo, da otto edizioni ormai, la scultura è donna nella Chiesa di Sant'Agostino: quattro espressioni diverse per quattro artiste internazionali, che realizzano i loro lavori e talvolta anche vivono a Pietrasanta. Si cimentano da sole nei loro studi, o negli studi degli artigiani più fidati, con i loro bozzetti e modelli e la materia pura da trasformare in opere d'arte. E così avviene il miracolo e l'estro creativo diventa scultura, ma non discriminata da quella ‘maschile', forse invece con una sensibilità diversa e una scelta delle tematiche più specifica.

Conoscendole, siamo abituati a vederle circolare per la città, vestite di tutto punto, senza immaginare invece che magari hanno trascorso tutta la giornata a modellare la creta, levigare il marmo o a trovare il punto di equilibrio perfetto per la propria scultura. Ed è proprio questa che le accomuna, anche se i loro stili sono completamente diversi, come differenti, ovviamente, sono le loro storie, le loro esperienze, le loro provenienze. Ma questo volendo traspare dalle loro creazioni, che anche inconsciamente sono le traduzioni del loro cuore e della loro anima.

La Chiesa di Sant'Agostino accoglie, racchiude e allo stesso tempo presenta DonnaScultura, un'introduzione ad un tipo di scultura realizzata a Pietrasanta: spetta poi ai visitatori il giudizio di merito. Per ora, come Amministrazione Comunale, siamo lieti di poter ospitare e promuovere questa mostra, da noi ‘inventata' e organizzata.

Pietrasanta, febbraio 2010

L'Assessorato alla Cultura

 

 Donne scultrici per scelta, cosciente e ispirata

Le donne e l'arte. Per secoli ne sono state protagoniste, ma come soggetti dipinti sulla tela o impressi nella pietra. Lungo e complesso è stato il loro cammino verso un ruolo attivo, di professioniste con una autonoma ricerca culturale ed espressiva. Da dilettante a semplice compagna di bottega, la donna è giunta in tempi piuttosto recenti ad una reale legittimazione di artista. Tranne alcune eccezioni, fenomeni isolati, vere e proprie personalità leggendarie, la donna ha faticato non poco ad emergere dall'ombra, a ritagliarsi un proprio spazio creativo. L'educazione artistica è sempre stata concepita come un completamento degli studi per le fanciulle delle classi più elevate; soltanto negli ultimi decenni dell'Ottocento le donne hanno iniziato a frequentare le Accademie di Belle Arti, a lavorare a tempo pieno nei loro atelier, a partecipare con le loro creazioni alle principali manifestazioni espositive. E se il riconoscimento si è rivelato alquanto difficoltoso per le pittrici, assai più impervio, per sua stessa natura, lo è stato quello delle scultrici, di cui la storia appare davvero avara di testimonianze.

La rassegna DonnaScultura apre una vivace vetrina sull'arte declinata al femminile, valorizzando il percorso compiuto dalle donne per il pieno raggiungimento del loro status di artista. Un'evoluzione sociale conseguita con caparbietà e sacrificio. Donne scultrici per scelta, cosciente e ispirata. Donne che, nel loro quotidiano operare con scalpelli e subbie, hanno scelto di dare voce al loro più intimo sentire, al loro bagaglio di esperienze.

Come Assessore alle Pari Opportunità non posso che partecipare con profondo interesse all'iniziativa, aprendo un'ampia riflessione sul ruolo delle donne d'arte nella società attuale. Perché quanto ci appare naturale ed ovvio, non si dimentichi che è il risultato di un sofferto impegno. Una conquista per niente scontata che, talvolta, anche oggi, c'è bisogno di riaffermare.

L'Assessore alle Pari Opportunità

Paola Brizzolari

 

Critica

Sono quattro scultrici che arrivano da luoghi diversi del mondo con il loro variegato bagaglio di esperienze.
Sono ricche di talento e passione e sono in continua ricerca.
Hanno trovato nell'area apuo-versiliese il luogo ideale per fare scultura scolpita nel marmo, fusa nel bronzo, modellata nel gesso e nella creta.
Hanno lavorato gomito a gomito con gli artigiani della zona e da loro hanno imparato molto del linguaggio della materia e delle tecniche di esecuzione.
Espongono nella chiesa le loro opere, materie vive scaturite dal loro spirito creativo.
Doneranno al museo un bozzetto che ha dato vita ad una loro opera e di questa, scopriremo l'incipit, il diverso linguaggio in cui si è espressa, infine il processo di esecuzione.
Elena Bianchini ha iniziato a lavorare a Conversazione nel 2005, un'opera composta da varie figure che rappresentano l'umanità. Questa opera è nata in un momento in cui Elena pensava al mondo, alla storia che noi uomini abbiamo costruito. Le è tornata alla memoria la prima volta in cui aveva visto La Sacra Conversazione di Piero della Francesca e aveva pensato che i protagonisti del dipinto stessero parlando della sacralità della vita.
Così ha cominciato a plasmare con la creta una figura dopo l'altra, sempre pensando all'uomo ed anche parlandoci e litigandoci. Le figure sono cresciute lentamente nel tempo, alternandone l'esecuzione ad altre sculture, ma con il pensiero sempre rivolto a loro. Sono uomini e donne che vengono da lontano, ma sono anche come noi oggi. Un'umanità sola, dolente, egoista, aggressiva, fragile in tutta la sua nudità, che si intrattiene in una conversazione terrena, ma che vorrebbe non aver dimenticato la dimensione sacra dell'esistere.
Elena lavora nel suo studio a Pietrasanta usando la creta, con la tecnica del "colombino", una tecnica che ha affinato a contatto con gli artigiani dei laboratori di terracotta della città. Lavora con le sue mani sempre aiutata da un coltello da cucina.
Questo dunque è stato il suo lavoro per questa umanità: le sue mani, un coltello, la testa, il cuore per raggiungere l'essenza del loro io.
Oneness (Unicità) e Essence di Editt Davidovici sono due opere nate da un unico bozzetto. Nel 1994 Editt ha proposto all'Università degli Studi Indipendenti di Scultura presso l'Università di Waterloo in Canada, di realizzare la propria tesi di laurea in Italia. Voleva ritornare nel "vecchio mondo" per compiere la sua ricerca creativa come un'esperienza artistica e filosofica: lavorare nel presente stando in collegamento con il passato.
Ha iniziato così il suo percorso operando nel laboratorio di Sergio e Marco Giannoni di Pietrasanta, un ambiente ideale per sviluppare la sua idea, circondata da vecchi modelli in gesso e opere d'arte classica. Lì il bozzetto ha preso forma: una figura circondata da un cerchio.
Durante il processo di sviluppo dell'idea, si è trovata in difficoltà perché si è accorta che la figura ed il cerchio che componevano il bozzetto iniziale, non appartenevano l'una all'altro e le sculture sono diventate due.
La figura, Essence, era un riflesso dell'artista stessa ed era diventata un'esperienza creativa molto privata all'interno dello studio. Il cerchio, Oneness, sviluppato in quattro cerchi più piccoli, richiedeva un ambiente diverso dedicato all'esplorazione, all'aperto, senza confini fisici, nella spontaneità e nella giocosità.
Questi suoi lavori sono stati come parte di un viaggio, al tempo stesso di natura fisica e spirituale: un blocco di marmo, gli strumenti per plasmarlo in scultura, la propria creatività.
Jaya Schuerch ci racconta la storia di La Madeleine. L'idea di questa opera è nata come progetto per partecipare ad un simposio in Cina nel 1998. Jaya aveva mandato una proposta per un pezzo in marmo di 3 metri e gli organizzatori l'avevano accettata chiedendole di realizzare l'opera più grande di 1 metro. Così era partita per il simposio molto preoccupata, sia di dover realizzare una scultura alta 4 metri in 5 settimane, sia di dover lavorare i due elementi, di marmo massiccio da 12 tonnellate che componevano l'opera, distesi. La scultura concettualmente si basava sulla tensione tra i due elementi e non avrebbe avuto l'opportunità di posizionarla diritta, per aggiustare eventuali errori, finché non fosse stata completamente finita. Inoltre era l'unica donna e si rendeva conto che questo talvolta diventava più importante del suo essere artista.
Ha lavorato fianco a fianco con due assistenti comunicando con le pochissime parole di cinese che aveva imparato, ma soprattutto a gesti facendo riferimento ai bozzetti in gesso che si era portata dietro. Insieme hanno fatto la sbozzatura, poi Jaya ha smodellato l'opera con il martello pneumatico, poi di nuovo insieme hanno levigato i pezzi a mano. Gli assistenti non capivano l'utilità del fare quest'ultima operazione a mano, cosa che per l'artista era essenziale
Nel momento in cui la scultura è stata finalmente posta verticale, Jaya è stata felice: ha camminato tra le due colonne massicce, scolpite a curve, e ha sentito la tensione tra le due, proprio come era la sua intenzione iniziale.
L'idea di Lionne des jours terre-lune di Virginia Tentindo è nata alla fine degli anni Sessanta. Era terminato un periodo della sua vita in cui aveva fatto una pausa rispetto alla scultura, per guadagnarsi da vivere facendo la grafica e l'illustratrice. Nel suo studio di Parigi, aveva ripreso a fare scultura e iniziato a realizzare i prototipi in creta di un bestiario immaginario in piccolo formato: fra questi vi era il leone, simbolicamente un personaggio molto importante e figura ricorrente del suo lavoro.
Poi, cercando un luogo in cui dedicarsi alla modellatura senza vincoli di dimensioni, arriva a Pietrasanta che le permetteva, in uno stesso luogo, di praticare su materiali diversi il modellato, la fusione e la lavorazione del marmo. E' così che nel 1976 inizia la sua collaborazione con vari artigiani della zona: il modellatore in creta Giordano Grassi, presso cui comincia a lavorare ai suoi ingrandimenti; il formatore Sirio Navari con cui realizza le forme in gesso; gli artigiani della Bottega Versiliese che la accolgono in un immenso hangar pieno di statue di santi, blocchi di marmo e utensili di ogni tipo e dove poi tira le cere e fonde alcuni elementi del leone (la testa, la piccola donna inserita nella bocca e il coperchio del posteriore dell'animale); il laboratorio S.G.F. Scultura Scuola di Torano, dove traspone in porfido il torso del leone per poi assemblarlo agli elementi in bronzo. Per Virginia furono anni molto ricchi di esperienze, in mezzo ad artigiani senza pari che le insegnarono molto della tecnica della fonderia e le offrirono, al tempo stesso, la loro amicizia.
Queste e molte altre storie ci racconteranno le nostre artiste con le loro parole nell'incontro introduttivo, ma soprattutto con le loro sculture all'interno della mostra. Mettiamoci perciò in ascolto e lasciamoci coinvolgere dalla magia del loro operare.

Chiara Celli

 

 

 Quest'anno DonnaScultura a Pietrasanta, nella Chiesa di Sant'Agostino, alla sua VIII edizione, se pur corale, si presenta come un coinvolgente dialogo di due a due. Due scultrici infatti, Editt Davidovici e Jaya Schuerch, prediligono il marmo bianco e si orientano perlopiù verso un linguaggio essenziale, mentre le altre due, Elena Bianchini e Virginia Tentindo, si esprimono piuttosto attraverso la terracotta ed il bronzo, con un discorso decisamente più figurativo. Come ogni anno, questo accattivante percorso da un'artista all'altra, cercando di imparare a conoscere loro come persone e le loro opere in quanto espressioni di loro stesse, è molto emozionante e richiederebbe sempre un ulteriore approfondimento, quasi un lasciarsi andare alla loro arte, per poter cercare di capire veramente le loro personalità e le scelte che decidono di compiere. In effetti le loro sculture sono un loro tratto fondamentale, sono anzi una parte di loro, che emerge sempre diversa, a seconda della tappa che percorrono nella loro vita. Riunite a realizzare le loro creazioni a Pietrasanta, almeno in alcuni periodi dell'anno, ci offrono tutte uno spaccato molto soggettivo di questa città, dal loro punto di vista e da quello degli studi in cui lavorano.
Elena Bianchini, italiana, ha il proprio studio a Pietrasanta, dove vive. Lavora la terracotta con le proprie mani e con un semplice coltello da cucina, che deve cambiare spesso, perché ne consuma uno dietro l'altro. I suoi personaggi, anche alti ad altezza d'uomo, sembrano che vivano una vita indipendente ed autonoma. Ma soprattutto meditano, s'interrogano sui grandi quesiti dell'uomo e sulla sua origine. Parlano tacitamente tra di loro, scambiandosi opinioni, apparentemente sereni e fiduciosi. Ed esplorano l'ambiente circostante curiosi ed ansiosi di trovare delle risposte. E forse una arriva: l'uovo, che è all'origine di tutto e tutto racchiude, sia in terracotta che in bronzo, un uovo che lascia trasparire anche esternamente parte del suo interno. E insieme ad esso, ritorna l'equilibrio e l'armonia tanto agognati.
Editt Davidovici, rumena-canadese, ripone nelle sue opere in marmo l'esito estremo delle sue profonde considerazioni, l'essenza pura di traguardi raggiunti dopo un lungo cammino, come essenziale, d'altro canto, è anche il marmo con cui traduce i propri pensieri. Riflessioni semplici o composte, che poi si assemblano o si dividono, rispettando però sempre la purezza della sua linea e della levigatezza della pietra, che invita all'incontro e alla carezza. Sono opere, le sue, che eliminano l'orizzonte e portano invece verso l'infinito, con una forte carica che conduce alla meditazione. Il luogo non conta, rimane la scultura come testimone assoluta di un'emozione provata e vissuta, da cui non emerge mai la parte più sofferta, ma invece una tranquillità profonda, la calma dopo la tempesta, l'accettazione dopo il travaglio.
Jaya Schuerch, nata in California, cresciuta anche in Svizzera, è cittadina del mondo, e ora residente a Pietrasanta, dove con due altri soci ha aperto uno studio proprio, lo Studio Pescarella, dedicato alla scultura e a chi ha qualcosa di intelligente da dire attraverso di essa. Per lei la scultura è una seconda natura, una seconda se stessa, e lo si vede da come tratta il materiale dei suoi lavori, anche monumentali, senza timore, ma invece con grande arditezza per le soluzioni adottate. Se non solidamente fissate in terra, le sue sculture tendono a ‘volare' sospese nel vuoto, in cui le pone quasi fossero in assenza di gravità, concetto che la coinvolge molto nei suoi studi e nelle sue traduzioni in opera. Tutto tende verso questa potente attrazione, che sfida anche grossi cavi d'acciaio o solide strutture in ferro, che cercano di trattanere e custodire la pietra: qui allora si genera quella forte tensione che pone le sue creazioni in una condizione in fieri costante, che ne accentua il dinamismo e l'intensa relazione tra gli elementi.
Di origine italiana, ma nata in Argentina, Virginia Tentindo lavora con passione e dedizione ai temi cari al Surrealismo, interpretandoli in veste personale e talvolta apertamente erotica. Le sue sono sculture/gioiello e gioielli/sculture, perfettamente studiate in ogni loro dettaglio, visibile o invisibile allo spettatore. I suoi lavori, eleganti e perfetti, soprendono per l'ingegnosa originalità dei soggetti e per la cura materialmente evidente che lei pone sia per le terrecotte che per gli altri materiali. Suggestioni minuziose ci portano in meandri reconditi di incredibili fantasie, di personaggi apparentemente irreali, ma consistentemente vivi ed inquietanti, quasi fossero incredibili entità a cui fosse stata trasposta un'inconsueta sacralità, unanimemente accetatta. Anche per questa loro aura di eternità, che dimostrano quale sfida per il tempo e le suggestioni altrui.
Mirabili quindi le sculture di queste quattro donne, completamente dedite a questa passione trasformatasi in vita e ragion d'essere, un mezzo in cui, la scultura, poter trasporre il proprio ‘io' interiore, filtrato dal mondo esterno attraverso sensazioni profonde e ad esso restituito con fatica, coraggio e tanta risolutezza. Una passione ed un'arte a cui abbandonarsi e fare propria, che noi mortali invidiamo profondamente.

Valentina Fogher

 

 

Biografia

ELENA BIANCHINI

pensiero

La mia mente vola e ruba al mondo.
La mia mano vola e ruba al cuore.

 

Lucca, ITA - 1935

Dopo essersi diplomata all'Istituto d'Arte "Augusto Passaglia" di Lucca, frequenta la Scuola di Pubblicità "Leonetto Cappiello" di Firenze. Dagli anni ‘60 agli anni ‘80 si dedica alla pittura, e successivamente anche alla scultura con opere in terracotta e bronzo. Si occupa inoltre di decorazione di porcellane per ditte rinomate quali la Richard Ginori.
Le sue opere sono presenti in collezioni private sia in Italia che all'estero.
Dopo un lungo soggiorno in Sicilia, nel 1992 si trasferisce a Pietrasanta, dove realizza le sue opere anche presso la Fonderia Da Prato, lo studio di Silvia Biagi e collabora con il Laboratorio di ceramica di Goffredo Francesconi.
Presenta le sue opere in alcune mostre personali: Sala d'Arte Associazione Commercianti, Lucca (1960); Galleria d'Arte "Il Magazzino del Sale", Viareggio (1978); Galleria d'Arte "Spinetti", Firenze (1979); Spazioarte Pisanello, Fondazione Toniolo, Verona (2000); Sala delle Grasce, Centro Culturale "Luigi Russo", Pietrasanta (2005).
Prende parte a diverse mostre collettive, soprattutto in Versilia, tra cui: Il Magazzino del Sale, Viareggio (1979); Scultori e artigiani in un centro storico, Pietrasanta (1979); Ecce Homo, Spazioarte Pisanello, Verona (2001); Asart Show ‘02, Chiostro di S.Agostino, Pietrasanta (2002); Salviamo il Duomo, Pietrasanta (2002-‘04); I Biennale Internazionale, Fregene (2002); Arte Padova 2002, Padova (2002); Kwai Fung Hin Art Gallery, Kowloon, Hong Kong, e Fondazione Arkad, Seravezza (2003); Cinquanta per cento: cento artisti in cantina, Fondazione Arkad, Seravezza (2003); Enoliarte, Fondazione Arkad, Seravezza (2003; '04; ‘06); Villa Castelbarco, Vaprio d'Adda, MI (2004); Arte e Città, X ed., San Giovanni in Persiceto, BO (2005); Percorsi paralleli, Palazzo Mediceo, Seravezza (2006); Sentire il Sacro, Palazzo Pretorio, Vicopisano (2008-‘09); Il Sacro nel quotidiano, Viareggio (2008-‘09).

 

EDITT DAVIDOVICI

pensiero

 Il processo creativo comincia con ciò che io ritengo sia un'esperienza importante. L'esperienza incrementa pensieri ed emozioni che sono tanto necessari quanto la pietra di per sé. Spesso, sono la natura ed i suoni, che evocano questi sentimenti e mi ispirano a creare. Natura, suoni e le conseguenti emozioni diventano lo stimolo da cui un'immagine è prodotta. L'immagine d'altro canto diventa forma, e la forma diventa scultura. Come artista, vedo me stessa come il tramite attraverso cui pensieri, sentimenti ed emozioni sono trasferiti all'immagine ed infine alla stessa scultura. L'astratto diventa il concreto, e l'immagine, che non serve più, è lasciata libera.

 

Editt Davidovici è nata in Romania, terra natale di Brancusi. Fin dalla prima infanzia raccoglie e colleziona pietre, affascinata dalla loro sagoma e forma. Nei primi anni dell'adolescenza, si trasferisce in Israele, dove studia design grafico e disegno architettonico, lavorando successivamente come cartografo per l'esercito israeliano.
Nel 1967 si sposta in Canada, dove lavora nel campo del design grafico. La sua passione per l'arte e l'educazione diventano uno stimolo per gli studi seguenti in design di interni allo Sheridan College, dove più tardi è anche insegnante.
Una volta diplomatasi in Belle Arti nel 1985 presso l'Ontario College of Art di Toronto, Editt apre un proprio studio e comincia a lavorare in marmo. Dopo aver vinto il Canadian Snow Carving Championship in Ouebec assieme ad altri colleghi, la National Capital Commission di Ottawa la sceglie per formare e dirigere una squadra di scultori per rappresentare la sua provincia per le celebrazioni invernali della capitale canadese nel gennaio del 1988.
Durante l'estate del 1988, studiando a Carrara, si rende conto dell'importanza dell'Italia come fonte d'ispirazione nell'incrementare il suo desiderio per ulteriori studi e lavori in marmo.
Nel 1991 la Koffler Gallery School of Visual Arts di Toronto le offre una posizione come insegnante, che mantiene per quattro anni. Alla Koffler incomincia a formulare le sue proprie teorie e metodi d'insegnamento su come guardare e capire una scultura. Nel 1993 inizia a ritornare in Italia e continua a sviluppare il proprio lavoro. Nel 1995 viene nominata istruttrice principale per workshops di scultura al Laboratorio di Silverio e Marco Paoli a Pietrasanta . È durante questo periodo che sviluppa la tesi per la laurea ottenuta pressso l'Università di Waterloo nelll'Ontario, Canada, nel 1996. Nel 1994, mentre lavora a Pietrasanta, viene presentata allo studio di Sergio e Marco Giannoni, dove una collaborazione di menti e capacità inizia a facilitare la realizzazione e l'esecuzione delle sue idee, che continuano fino ad oggi. Nell'anno 2000, la sua scultura The Tear viene scelta come logo per la mostra di scultura Millennium a San Giovanni di Persiceto, Bologna.
La sua scultura Emersione è stata scelta ed installata al Credit Valley Hospital Cancer Survivor Park a Mississauga nell'Ontario nel 2006 affinché i pazienti di cancro la potessero ammirare e meditare.
Il suo percorso attraverso i campi del design grafico, disegno architettonico, design d'interni, belle arti e più tardi
educazione e insegnamento hanno condotto il suo lavoro artistico verso un percorso di esplorazione.
Editt ricorda il suo primo insegnante di scultura, Leonhard Oesterle, un discepolo del grande scultore austriaco Fritz Wotruba, i cui principi di ascoltare la pietra ed interpretare la realtà, hanno lasciato un profondo impatto su di lei. Disegnare dal vero, le sue esperienze ed il viaggiare poi diventano un catalizzatore per i suoi sentimenti ed emozioni da venire in seguito interpretate e tradotte in scultura.
AI momento Editt vive e lavora sia in Canada che in Italia. Continua a seguire il suo fascino e passione come un sogno lungo una vita dell'espressione dello spirito attraverso la forma.

 

JAYA SCHUERCH

pensiero

Il mio lavoro riguarda cose che non si possono conoscere. Sono sempre stata affascinata da idee che riguardano l'universo e le creature microscopiche. Rimango sbalordita dalle forze che danno forma ai nostri mondi fisici e psicologici. Voglio esprimere qualcosa che sia più profondo delle parole, più profondo della conoscenza. Forse riguarda la nostra relazione con l'universo, forse è solo un'intuizione inarticolata.

Mi piace il fatto che vi siano cose che non conosciamo, cose che forse non potremo conoscere mai. Per un numero di anni, ho esplorato il concetto di gravità. Noi ovviamente siamo ben informati sulla gravità. Possiamo descriverla, ne siamo soggetti costantemente, ma nessuno sa veramente cosa sia o addirittura come funzioni. La gravità è quella forza che vizia tutte le teorie universali... semplicemente non si può spiegare. La mia ricerca sulla gravità è cominciata consciamente quando ho creato una scultura monumentale che riguardava il campo di forze tra due persone innamorate. Ciò che divenne importante nell'opera era ciò che era stato creato tra i due oggetti, non gli oggetti di per sé. Questo mi ha condotto a stupirmi di questa forza misteriosa, che occupa una così grande parte nella vita di uno scultore in marmo. Un metro cubo di marmo pesa quasi tre tonnellate, noi siamo attaccati alla superficie della terra, ma perché?

Spesso, si tratta dell'interazione di due o tre parti separate di una scultura, che per me è la cosa più interessante. Vorrei attrarre l'osservatore nel mio mondo dell'immaginazione, di creature impossibili, di forze rese visibili. Molte delle mie sculture hanno vite proprie. Quando le realizzo, penso sempre alle strutture sottostanti la superficie. Che cosa la tiene in piedi? Che cosa la fa muovere? Cosa sente? Cosa o chi le piace mangiare? Altri lavori sono forse più astratti: riguardano forze che ci circondano: attrazione, repulsione, paura e brama.

Lavoro nel campo della scultura da vent'anni. Qualche volta mi chiedo che cosa voglia dire tutto ciò, perché l'opera sembri così importante. Qualche volta non trovo risposte buone. Ma poi di nuovo, qualche volta, so che l'opera è importante, che noi saremo sempre affascinati da ciò che non conosciamo e che è importante ardire di andarci. E poi sono curiosa di vedere che cosa farò in vent'anni di scultura.

 

Jaya Schuerch è nata a Santa Barbara, California, il 19 marzo 1958. A 14 anni, i suoi genitori decidono di traslocare in Svizzera, da cui proveniva suo padre originariamente. Così, nel 1972, la famiglia prepara i bagagli e si reca a Berna. Jaya finisce il Liceo a Zurigo, per riandare poco dopo in California. Vi ritorna poi per seguire gli studi in ingegneria presso l'ETH, che poi abbandona qualche anno più tardi. Frequenta quindi il City College a Santa Barbara, dove segue i corsi di Arte, Storia dell'Arte, Biologia e Botanica, con un anno di pausa per viaggiare intorno al mondo.
Nel 1984 trasloca alle Hawaii, dove lavora come assistente per alcuni artisti residenti. Visita Pietrasanta nel 1985 e si rende conto, praticamente immediatamente, che il suo prossimo trasferimento sarebbe stato in Italia per imparare a scolpire il marmo.

Il suo primo soggiorno-studio a Pietrasanta risale al 1986. A quel tempo, trova molti studi aperti e accoglienti e molti degli artigiani molto contenti di trasmettere le loro conoscenze e abilità. Impara l'arte di scolpire il marmo facilmente e velocemente, e così inizia un periodo di diversi anni in cui vive tra l'Italia, la California e la Svizzera.

Nel 1988 presenta la sua prima mostra a Santa Barbara, con sculture in marmo create in Italia. Seguono altre mostre in Italia, alcune presso l'originale Galleria "La Subbia" a Lido di Camaiore. Da quando si associa alla Galleria "Vista Nova" di Zurigo, Svizzera, nel 1990, diventa chiaro che il suo obiettivo era sempre più di stare in Europa.

Nel 1992 è invitata a partecipare ad un simposio di scultura in Italia. A questa prima esperienza dello scolpire un pezzo grande in un'area pubblica seguono molti altri simposi in tutto il mondo. La combinazione del viaggio, con l'intensa esperienza di concentrarsi quasi completamente sul lavoro di un singolo, essendo in grado di creare opere di dimensioni da grandi fino a monumentali e arrivare a casa con soldi in tasca, era molto utile per il suo sviluppo e sopravvivenza economica come artista. Si è trovata, tra le altre avventure, a lavorare su granito nel mezzo del deserto del Sahara, a creare un testamento in marmo di 4 metri, all'innamorarsi in Cina, all'aver bisogno di tre gru e un carrello elevatore a forca per sistemare un pendolo appeso di 3 metri in granito per un parco scultura in Corea del Sud.

Nel 2001, dopo aver vissuto l'esperienza della brusca chiusura di due studi a Pietrasanta, Jaya decide che è tempo di stabilire un suo proprio studio in collaborazione con qualche altro artista con cui si era già trovata a dividere lo spazio di uno studio per anni. Per gli stranieri a Pietrasanta è sempre stato importante creare dei sistemi di supporto, in quanto la maggior parte di essi non ha famiglie proprie a cui rivolgersi quando sono in Italia. Lo studio che ha messo su, Studio Pescarella, è sempre stato pensato come uno studio collettivo ed un punto di riferimento per tutti gli artisti nell'area. Questo studio prospera in una piccola zona industriale nei sobborghi di Pietrasanta.

Nel 2001 Jaya crea una serie di larghe opere in granito intitolata The Aesthetics of Gravity (L'estetica della gravità), che sono state esposte a Pietrasanta ed in Svizzera come un progetto completo. Questo progetto è stato sostenuto da diverse borse di studio da parte di fondazioni . Un altro importante progetto è stato completato nel 2005, "Suspended Cube (Cubo sospeso)" ed è stato acquistato dalla Famiglia Cattaneo e quindi sistemato sul Monte Tamaro, in Svizzera, da dove domina le Alpi ed una chiesa a forma di barca dell'architetto svizzero Mario Botta.

Recentemente sta sperimentando altri materiali, tra cui resine e gomme. Sta lavorando attualmente ad un altro grande progetto, che comprenderà 15 grandi figure in fibra di vetro, che possono apparire all'improvviso in un paesaggio urbano, per poi, altrettanto improvvisamente, scomparire. Apparentemente, tutto il lavoro che ha realizzato riguardante la gravità sta cominciando ad adattarsi ad un altro tipo di lavoro che non sia così pesante!

Per un elenco più completo di mostre, collezioni, borse di studio, ed altre informazioni: www.jayaschuerch.com.

 

VIRGINIA TENDINTO

pensiero: Minime Innocenze...frammenti.

Ciò che è l'arte figurativa, ciò che è l'arte in quanto tale, non si lascia né determinare né presentare con l'aiuto dello scalpello e del martello, dal colore e dal pennello, vedi dall'opera prodotta per mezzo di questi utensili. L'arte in quanto tale non è il tema possibile di una figurazione artistica.
Ma, poesia - del poeta Osservazioni su arte-scultura-spazio, Martin Heidegger

 

Sono nata in un paese in cui l'oro non si trova più che nell'eco perduta di vecchi tanghi.

Dopo una formazione rigorosa nelle tre Scuole di Belle Arti di Buenos Aires, nel 1953 lascio l'Argentina ed il mio atelier-galleria, mettendo in valigia mille domande, pensando di trovare le risposte a Parigi, polo d'attrazione per tutti gli artisti del mondo, negli anni ‘50. Dopo un primo soggiorno di sei mesi in Italia, a Napoli e a Vietri sul Mare, sulla Costiera Amalfitana, per lavorare la tecnica degli smalti, realizzo il mio sogno e raggiungo Parigi.

Allora ero ambiziosa quanto un creatore e umile quanto un vasaio. Il tempo era un'emorragia, gli occhi degli altri, dei buchi. Mi dovevo integrare in questa nuova vita, trovarvi il mio posto.Se, dal 1959 al 1970, faccio un'incursione nell'illustrazione e nell'impaginazione giornalistica, non abbandono pertanto la scultura.Nel 1969, nel mio atelier di la Rue de Beaune a Parigi, la riprendo totalmente: il lavoro della terra, la ricostruzione della tecnica in opere che testimoniano il mio attaccamento al mondo dell'immagine surrealista. Come tutti gli scultori che praticano la terracotta e la cera persa, mi confronto con un partner pericoloso: il fuoco.Il fuoco rimane padrone nel suo elemento. L'opera, lungamente lavorata dalla mano dello scultore, subirà l'alchimia della materia nel suo attraversare temperature estreme, l'esito delle quali non è sempre controllabile.Nel processo del «fare» con l'utensile, l'occhio è l'osservatore del sensoriale che svela ciò che appare e si forgia attraverso l'azione del lavoro della creazione.
In queste manipolazioni tanto mentali che fisiche, l'intuizione e l'intelletto fanno ugualmente parte della scoperta della creazione della forma nel passaggio all'atto.
La tecnica affianca l'immaginazione. Entrambe aprono il percorso del «fare» perchè la costruzione si sviluppi nella «pratica», diventando così la proiezione dell'essenza dell'essere, conducendolo alla creazione della forma nel suo svelarsi. Per concludere, vorrei riassumere, esprimendomi sul mio lavoro d'artista artigiano, dicendo che l'esteriorizzazione polimorfa delle molteplici figure che emergono dall'oscurità del mio pensiero con chiarezza espressiva, prodotto di una lunga esperienza dei miei vissuti, puo' risultare difficilmente comprensibile.Mi dedico in seguito alla tecnica del calco per la fusione, nella pratica della cera persa per la riproduzione in bronzo ed il lavoro in fonderia. La concretizzazione di tale investimento si materializza in sculture/gioiello e gioielli/sculture.

Poi, cercando un luogo in cui dedicarmi alla modellatura senza vincoli di dimensioni, la scelta si porta su Pietrasanta, in Italia, che mi permette, in uno stesso luogo, di lavorare su materiali diversi: il modellato, la fusione e la lavorazione del marmo.

È così che nel 1976, nel bel mezzo delle difficoltà per identificare un tale luogo, incontro un artigiano modellatore, Giordano, presso il quale comincio a lavorare ai miei ingrandimenti. Poco dopo, alcuni artigiani essendosi costituiti in cooperativa di fonderia e industria del marmo (Cooperativa Versiliese), vengo accolta in un immenso hangar, gelido d'inverno e cocente d'estate, dove, attorniata da centinaia di improbabili ingrandimenti di statue di santi destinate a luoghi di culto, al centro di blocchi di marmo grezzo, di elevatori e di grossi utensili di ogni sorta, mi ricavo il mio posto.Quei primi anni furono molto ricchi di esperienze, in mezzo ad artigiani senza pari che mi insegnarono molto della tecnica della fonderia e mi offrirono, al tempo stesso, la loro amicizia.
Più tardi, altre prestigiose fonderie d'arte ospiteranno il mio lavoro e le mie ricerche sulla materia, a Pietrasanta e a Bologna (Fonderia Venturi Arte). Così imparo il lavoro di finitura della superficie alla cera.

Durante questo periodo di cinque anni, al ritmo di 15 giorni al mese, lavoro divisa tra Pietrasanta e Carrara (Torano), ai prototipi in terra e all'esecuzione in marmo, in seno allo stabilimento di lavorazione del marmo Scuola di Torano.Nel 1978 partecipo alla I Biennale di Scultura di Pietrasanta, diretta da Giorgio Di Genova.

Nel corso degli anni, rallento il ritmo dei miei soggiorni in Italia senza tuttavia abbandonare Pietrasanta, luogo di cultura dove gli scultori del mondo intero vanno a lavorare. Mi accoglie ogni estate per il lavoro della terra, per esporre le mie opere, per uno scambio intellettuale e per la continuità dei legami d'amicizia.

A Parigi, nel 1983 scolpisco la Mandragora, il trofeo del Festival di Cannes, devoluto ai 14 migliori attori dell'anno, in occasione dell'apertura del Palazzo dei Festival.

Con la mia scultura confeziono parole che si toccano, che si accarezzano e si posano davanti a sé per essere sicuri di averli ben letti. La mia memoria si è infilata in una delle fessure dell'Eterno Ritorno dove gioco il paradosso irreversibile dei limiti della vita e della morte.
Come osserva a questo proposito Martin Heidegger: «Il limite non è, per i Greci, ciò per cui qualche cosa cessa e prende fine, ma ciò a partire da dove qualche cosa comincia, dove ha il suo completamento.»

 

Virginia Tentindò, di origine italiana, nasce a Buenos Aires dove si diploma all'Accademia di Belle Arti. Parallelamente agli studi d'arte plastica, pratica la danza contemporanea che sente come "una definizione del corpo nello spazio", concetto che ha assunto grande rilevanza nella sua attività artistica. Nel 1947, giovanissima, inizia a esporre oggetti-sculture in mostre collettive organizzate dalla Galleria Peuser di Buenos Aires, partecipando costantemente, all'insegna del Surrealismo, alla vita artistica e culturale della capitale argentina dove, nel 1949, apre la sua galleria-studio, la Galleria Vahiné. Nel 1952 espone per la prima volta con il gruppo surrealista di Buenos Aires alla Galleria Kraid e crea le sculture sul tema del "Cavallo di Troia", in terracotta smaltata, per la mostra del famoso scultore e disegnatore di fumetti Oski.
Nel 1953 lascia l'Argentina e si trasferisce prima in Italia per approfondire gli studi sulla ceramica e gli smalti, poi a Parigi dove per 15 anni svolge l'attività di modellista, grafica e illustratrice e collabora ad attività editoriali e cinematografiche. Dopo un soggiorno di un anno in Svezia, dove sviluppa ed espone una collezione di sculture-gioiello, rientra a Parigi e diventa archivista e assistente dello scrittore surrealista Philippe Soupault. Nel 1959 le viene commissionata l'illustrazione dei cinquanta personaggi del quadro di David sull'incoronazione di Napoleone nella cattedrale di Notre Dame di Parigi per il film "Austerlitz" di Abel Gance. In questo periodo continua a lavorare la creta e a creare sculture di piccolo formato in terracotta. Nel 1970 inizia a lavorare come giornalista, grafista e disegnatrice.
Dal 1974 inizia il secondo fondamentale cambiamento della sua vita: dopo essersi applicata ad approfondire la tecnica della lavorazione della cera e del bronzo alla fonderia Quenne di Parigi, crea una collezione di sculture elaborate come gioielli che diventerà, in seguito, una collezione di gioielli-scultura. Si reca poi periodicamente a Pietrasanta dove inizia a elaborare prototipi di sculture di grande formato, di cui sviluppa l'ingrandimento con la realizzazione in terracotta.
I suoi primi bronzi di medio e grande formato vengono eseguiti alla fonderia Mariani e successivamente alla Tommasi, alla Cooperativa Versiliese, alla Da Prato, alla Del Chiaro e alla Venturi Arte di Bologna. Nel 1976 esegue a Torano, Carrara, le sue prime sculture in marmo in grande dimensione; nel 1978 partecipa alla I Biennale d'Arte di Pietrasanta; nel 1979 presenta la sua prima esposizione personale, organizzata da Giorgio di Genova, al Centro Morandi di Roma ed installa il suo atelier presso il celebre Bateau-Lavoir di Parigi, dove continua tutt'oggi a creare.
Nel 1983 le viene commissionata la realizzazione del trofeo del Festival di Cannes rappresentato da 14 sculture in bronzo, firmate e numerate, intitolate Mandragora, offerte ai 14 migliori attori dell'anno.
A partire dalla fine degli anni Novanta, l'attività creativa di disegnatrice e l'abilità grafica di Tentindò si manifestano appieno con la realizzazione di una serie di 13 libri d'artista il cui classicismo li avvicina alla concezione del diario segreto del XVIII secolo, con la raccolta Minimes innocences composta da 17 disegni, prototipi di sculture, realizzati a penna, a inchiostro nero e con una raffinata e originale collezione di disegni al tratto calligrafico sull'origine dell'alfabeto dal titolo Divertissement typographique - Le mot à la lettre, che costituisce un omaggio a famosi incisori e a correnti artistiche dal XV al XVIII secolo, esposta permanentemente alla Galleria La Hune-Brenner di Parigi; nel 2006, tale collezione si arricchisce di un altro titolo, Labyrinthe: lièvre de jours. Questi labirinti sono giardini, aree misteriose, luoghi senza memoria in cui il tema della lepre, che la simbologia associa alla luna nel movimento circolare dell'eterno ritorno, è sempre presente. L'artista riunisce così la Natura, il mistero degli incontri e l'importanza del caso nella sua vita di creatrice.
Numerose sono le pubblicazioni delle sue opere in libri, riviste e giornali: nel 1979 per l'illustrazione del testo Los Reyes di Julio Cortàzar nella collezione surrealista "Le Récipiendaire" (Parigi); nel 1983 per "La Sculpture Moderne en France depuis 1950" delle Edizioni Arted di Parigi, con testo di Gérard Xuriguera; nel 1983 per "L'Univers surréaliste", Edizioni Samogy di Parigi, dello scrittore surrealista e critico d'arte José Pierre; nel 1985 per "Les Masques d'Eros", Collection de l'Amateur e per la "Revue Monochrom-Extra" di Düsseldorf, con testo e fotografie di Heinz Mebusch; nel 1991 per la collezione "Découvertes" di Gallimard; nel 1994 per la "Revue de l'Universitè de Mexico" con testi di José Pierre e Lourdes Andrade; nel 1995 del testo La toute puissance du désir, érotisme et surréalisme di Herbert Becker per le Edizioni Karin Kramer di Berlino; nel 1997 per "L'Imbriaque" del testo Voyage vers un temps pluriel di Julio Cortàzar. Quest'ultimo testo, pubblicato nel 2003 sulla rivista "Plein Marge" come contributo dell'artista sul tema Labyrinthe, lièvre des jours e sul quale scrive la direttrice della rivista, Jacqueline Chenieux-Gendron del CNRS, costituisce inoltre il commento al filmato di Antoine Châtelet, girato all'atelier di Virginia Tentindò al Bateau Lavoir nel 2009.
Sulla sua opera sono stati prodotti altri film: nel 1980 dalla Televisione Francese TF1 per il programma Coup de Coeur - Femme Insolite, diretto da Jacques Mousseau e realizzato da Jean-Yves Jeudi e quello, attualmente in corso di realizzazione, sull'intera sua opera, realizzato da Fabrice Maze e prodotto da Jean-François Rabain che verrà proiettato in occasione della giornata "Omaggio a Virginia Tentindò" prevista nel 2010 a Palazzo Pitti, Firenze.
Virginia Tentindò collabora da anni come grafica alla rivista parigina di arte e letteratura "Supérieur Inconnu" fondata da Sarane Alexandrian, sulla quale sono apparsi numerosi scritti a lei dedicati e partecipa attivamente all'Associazione per lo studio del Surrealismo con sede all'Università Parigi 3, Sorbonne Nouvelle.
A partire dal 1978 ha esposto in molte mostre collettive e personali in Francia (tra cui al Grand Palais, alla Maison de la Monnaie, al Centre Latino-Américain e al Musée de l'Erotisme di Parigi), in Italia (al Centro Morandi di Roma, alla Biennale di Scultura di Pietrasanta e La Spezia, alla Mostra Internazionale di Scultura a Pietrasanta, al Museo Marino Marini di Pescia e al Museo di Arte Erotica di Venezia), in Svezia, Germania, Svizzera, Belgio, Argentina (al M.A.C.L.A. Museo di Arte Contemporanea Latino-Americana di Buenos Aires) e Portogallo (Mostre d'Arte Surrealista al Museo di Belle Arti di Coimbra, Amadora e Lagoa, nel 2008). Ha partecipato nel 1991 alla mostra itinerante in Francia e in America Latina L'Amérique Latine et la Modernité. Attualmente espone in una collettiva d'Arte Surrealista al Museo Salvador Allende di Santiago del Cile.
Ha avuto grandi riconoscimenti per la sua produzione di gioielli-sculture. Le sue opere sono esposte permanentemente al Musée de l'Erotisme e al Musée d'Art Moderne di Parigi, al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze, al M.A.C.L.A. di Buenos Aires, al Museo della Carta a Pescia (Pistoia), al Museo d'Arte Contemporanea di Murlo (Siena), alla Galleria La Subbia (Pietrasanta), alla Galerie Voutat di Ginevra, alla Galerie Arte Viva e Galerie Le Hune-Brenner di Parigi.

Roberto Valcamonici