Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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PerVasi di Luce

Enrico Savelli


Opere di scultura

inaugurazione: 2 febbraio 2008 - h 15.30

esposizione: dal 2 febbraio al 16 febbraio 2008

luogo: Sala delle Grasce - Chiostro di S. Agostino - Pietrasanta

orario: 16.00-19.00; lunedi chiuso

ingresso libero


Comunicato stampa

(versione in pdf)

 

Forme essenziali, ieratiche, cariche d'intensa spiritualità. Enrico Savelli presenta a Pietrasanta, dal 2 al 16 febbraio 2008, la mostra "Pervasi di luce": sette sculture inedite in marmo rosa del Portogallo e marmo bianco di Carrara, appositamente realizzate dall'artista toscano per l'esposizione nella sala delle Grasce del Chiostro di Sant'Agostino.

 

Figure sottili, fluide, trasparenti, pulsanti di vita e di luce. Un silenzio che cela una voce profonda, intima, calda. Nella pietra grezza Savelli accende la fiamma dello spirito. "L'intento è quello di consumare la materia - spiega l'artista - alleggerendola e portandola alla trasparenza fino all'accoglimento nel proprio grembo della luce e all'istaurarsi di una dialettica fra luce e tenebre. Occorre squarciare le tende della notte del corpo per cercare questo spazio condiviso di luce e calore. Qui si annullano i confini, si abbattono le differenze".
Il luogo dell'esposizione, la Sala delle Grasce del Chiostro di Sant'Agostino, si presta particolarmente a questo percorso tra forme ed emozioni: l'uomo-artista può porre la sua opera quasi come germe nel ventre del mondo.

 

"Enrico Savelli - spiega l'assessore alla cultura Daniele Spina - crea una nicchia preziosa, avulsa da tutti i molteplici e frenetici impulsi del mondo esteriore. Un luogo in cui trovare, o forse ritrovare, una luce, in cui far riposare l'anima ed il cuore".
La mostra è corredata da catalogo con saggio critico di Antonio Paolucci e fotografie di Aurelio Amendola, con la collaborazione di Associazione Arte e Spiritualità di Brescia.


Mostra: Pervasi di luce
Artista: Enrico Savelli
Date esposizione: 2 febbraio - 16 febbraio 2008
Luogo: Chiostro di Sant'Agostino, Pietrasanta (LU)
Orario: ore 16-19, lun. chiuso
Ingresso: libero
Inaugurazione: sabato 2 febbraio 2008, ore 17.00

 

Ufficio Stampa - Assessorato alla Cultura
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795500; fax 0584/795588
e-mail: cultura@comune.pietrasanta.lu.it
www.comune.pietrasanta.lu.it

Presentazione

Luce di marmo

Scava, estrapola, toglie materia, Enrico Savelli, per compiere una ricerca importante, alla fine compiuta con successo. L'artista arriva fino in fondo, al centro della sua scultura di marmo per trovarne una luce e definirne il cuore. Ma la luce ritrovata è l'anima della sua figura e della sua scultura, è il centro verso cui lo spettatore è immediatamente attratto, forse è il fulcro stesso in cui si riflette chi guarda.
Questa luce, significativamente simbolica eppure fisicamente presente, diventa un faro che guida ed esorta ad una riflessione intima, quasi un risveglio di una coscienza individuale che permea l'altrimenti spessa pietra e si diffonde. La maestria della tecnica permette ad Enrico Savelli di raggiungere livelli estremi nella lavorazione del marmo, a spingersi fino ad arrivare ad un velo, di marmo, a 'toccare' l'impalpabilità della sostanza e dell'anima allo stesso tempo.
Guardando le sue opere, sembra che vi sia sempre una candela accesa in un cuore di pietra, pronta ad arrestare e confortare chi vi sopraggiunge: una sosta che è anche provocazione, un invito a scandagliare dentro noi stessi per trovare quella piccola luce che ci mantiene in vita e ci fa ancora emozionare davanti ad un'opera d'arte, una suggestione ad andare oltre al materiale e concentrarci su di una spiritualità sempre presente.
Enrico Savelli in Sala delle Grasce a Pietrasanta crea una sua nicchia preziosa avulsa da tutti i molteplici e frenetici impulsi del mondo esteriore: diventa il luogo in cui trovare una luce significa anche far riposare l'anima ed il cuore.

Pietrasanta, febbraio 2008
Assessore alla Cultura
Dott. Daniele Spina

Critica

Il "fuoco interiore" (Simone Scatizzi), la "sublimazione delle tecniche" e le "illuminazioni meditate a lungo nel tempo" (Mario Luzi), la "serenità" la "coerenza della poetica" la "sapienza nell'ascolto"e l'"umiltà della rappresentazione"(Mariano Apa). Sono frammenti di un discorso critico su Enrico Savelli. Li traggo dal catalogo che, illustrato dal corredo fotografico come sempre superbo di Aurelio Amendola, la città di Pistoia ha voluto dedicare al suo scultore nella primavera-estate dell'Anno Duemila. Si apriva il terzo millennio e dentro il Battistero di Pistoia (quel mirabile ottagono che Giovanni Michelucci paragonò un giorno a un vaso, "un vaso che esiste per ospitare un fiore, ma che di questo già contiene la premonizione") dentro il Battistero di Pistoia - dicevo - al centro del fonte romanico, Enrico Savelli aveva collocato la sua installazione in vetroresina con l'immagine dell'Agnello apocalittico. Ricordo che mi colpì la vertiginosa essenzialità dell'immagine. Prima di essere una scultura era un segno. Anzi era una lettera sacra, la prima di un alfabeto antico che l'artista intendeva ricomporre in forme moderne, l'incipit di una specie di "ieroscrittura" a lungo pensata ed umilmente ma perentoriamente significata. Quel giorno di giugno, nel Battistero di Pistoia, pensai che Savelli, andando a ritroso nella storia e nella memoria, stava operando una riduzione al Segno o, per meglio dire, al significato del Segno. Pensai anche che per fare arte sacra oggi bisogna affidarsi a un lavoro preventivo di esclusione e di risemantizzazione. Sono parole difficili ma il concetto è semplice. é necessario (anche se doloroso) rimuovere le forme e gli stili attraverso i quali si è storicamente espressa l'arte sacra; fare tabula rasa, in un certo senso, degli archetipi e dei modelli. é necessario riportare i segni al loro significato primario ed essenziale. Enrico Savelli si muove su queste linee ed è un percorso, il suo, che mi incuriosisce e mi affascina perché presuppone una elaborazione concettuale complessa ed un rigore stilistico così severo da rasentare la crudeltà. Perché Savelli è un artista colto. Le sue radici stanno fra Giacometti e Wildt, fra Marino Marini e Michelucci. Le sirene della Modernità le conosce tutte e di tutte ha inteso e sofferto la capacità di attrazione e di seduzione. La sua scelta minimalista e pauperista deve, quindi, essergli costata molto. Eppure egli sa che quella scelta è, per lui, necessaria. Si arriva allo stile attraverso "la porta stretta" della semplificazione, della esclusione, della rinuncia. E' il costo che bisogna pagare perché il significato assuma la necessità e lo splendore dell'Icona. Diventi cioè l'immagine che ha in se stessa la sua giustificazione. Questa, credo, è la sua filosofia e a questi principi si ispira il suo "modus operandi". Enrico Savelli arriva alla poesia in figura attraverso un percorso operativo che non saprei definire altrimenti che "ascetico". Intendendo per "ascetico" un modo di fare arte fondato sulla sapienza del cuore, sul rigore intellettuale e sulla strenua vigilantissima disciplina stilistica.
Antonio Paolucci

Biografia

Enrico Savelli (Pistoia,1955)

L'artista, che vive e lavora a Casore del Monte - Pistoia, ha iniziato ad esporre nel 1987. A partire da quell'anno la sua attività si è arricchita di numerosi appuntamenti. L'autore utilizza materiali diversi - soprattutto il marmo - che gli consentono di liberare la sua energia creatrice, fatta di passione e di luce. Dopo un percorso di tormentata ricerca interiore durato diversi anni, con i suoi recenti lavori, in bronzo dorato, in legno, nei marmi rosa del Portogallo e bianco di Carrara, Savelli strappa il velo che copre i nostri occhi e ci conduce verso un cammino catartico di comunione e/o comunicazione con la nostra interiorità. Antonio Paolucci, in un suo saggio critico, indica le radici dell'opera dell'artista "fra Giacometti e Wildt, fra Marino Marini e Michelucci". Savelli ha la rara capacità di trattare il marmo e dargli quella consistenza o inconsistenza tali da farlo interagire con la luce naturale. Le trasparenze che riesce a tirare fuori dalla materia-marmo sono il segno dell'anima, pura luce, tutt'uno con l'Uomo di allungate ed esili forme, ridotto a icona, a mezzo per esprimere una poetica fatta di grande studio e coerenza formale. L'artista si misura col sacro e lo fa nel rispetto della tradizione, pur collocandosi in un modo d'operare originale, di grande portato estetico. La sua attività è caratterizzata da un'intensa vivacità espositiva. Ricordiamo tra le tante mostre personali le più recenti: "E' qui. Il principio della fine", a cura di Giuseppe Billi, anno 2000, nel Battistero di Pistoia; "Luce quotidiana" a cura di Grazia Chiesa nel 2002 a Milano (Studio D'Ars); "Il tempio nomade" a cura di Mariano Apa, nel 2004 a Palazzo Panciatichi (Firenze, Consiglio Regionale della Toscana); "Al centro dell'Essere" a cura di Maria Litta Medri e Antonio Paolucci, nel 2006 a Palazzo Pitti - Firenze. Partecipa anche a numerose collettive. L'ultima, nel 2006 a Verona, in occasione del IV Convegno Ecclesiale Nazionale "L'Arte nel segno della risurrezione" organizzata dalla Fondazione Stauròs. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private.