Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Opere recenti

Alberto Ghinzani


Opere di scultura

inaugurazione: 31 marzo 2007- h 18.00

esposizione: dal 31 marzo al 3 giugno 2007

luogo: Chiesa di S. Agostino e Piazza Duomo - Pietrasanta

orario: 16.00-19.00; lunedi chiuso

ingresso libero 


Comunicato stampa

 (versione in pdf)

 

La scultura di Alberto Ghinzani guarda all'uomo e al suo mistero, conversa con lo spazio, trasforma la normalità della consuetudine in astrazione. Ghinzani cancella la presenza naturalista dell'opera e procede ad una ricerca analitica entro e fuori l'esistenziale.
A Pietrasanta l'artista farà dialogare Piazza del Duomo e Chiesa di Sant'Agostino, dal 31 marzo al 3 giugno 2007, con trenta sculture in gran parte inedite, alcune di grandi dimensioni. Si tratta di opere realizzate a partire dalla fine degli anni Ottanta, in materiali diversi: bronzo, ferro, resina, pietra e marmo.

 

"Vorrei che la mia scultura si portasse dietro i frammenti del quotidiano che ci accompagnano durante il percorso della vita: oggetti, pensieri, sogni, grandi e piccole cose che all'improvviso affiorano in un disarmonico tracciato nello spazio, come quando ci si ricorda di qualcosa avvenuto chissà dove, chissà quanto prima - un incontro forse - entrando in una stanza, all'aprirsi di una porta". Così Alberto Ghinzani ci introduce all'interno della mostra. Parole che chiariscono il carattere della scultura di questo artista milanese attivo dalla metà degli anni Sessanta, con un curriculum prestigioso costituito non solo da importanti mostre personali e partecipazioni a rassegne storiche, ma anche da esperienze letterarie, in particolare legate alla poesia e alla critica d'arte.

 

Il percorso inizia con le immagini "in negativo" di Figura che si inoltra (anni Ottanta), per proseguire con Pagine e Assenze (entrambe del decennio successivo), dove "la polvere di marmo della superficie è costretta entro rigide strutture metalliche" (Gualdoni). Si incontrano quindi le Steli, uno degli elementi guida della ricerca dell'artista, le recenti Stanze, da attraversare come in un percorso dentro il tempo, e le ultime opere realizzate appositamente per la mostra.

 

In piazza Duomo saranno collocate due sculture monumentali, quindi il percorso espositivo proseguirà all'interno della Chiesa di Sant'Agostino, nella penombra dell'ampia navata.

 

Accompagna l'esposizione un catalogo/libro edito da Skira, contenente il saggio di Rachele Ferrario "Sulle ultime opere: tra poesia e scultura" che mette in evidenza il formarsi del linguaggio espressivo di Ghinzani in rapporto con la poesia. Oltre alla riproduzione delle opere esposte, degli studi e dei bozzetti, il catalogo è corredato da testi poetici e scritti dell'artista e da una scelta di brani significativi di Giacometti, Beckett, Wittgenstein, Montale e Augé.

 

"Con estremo piacere ospitiamo a Pietrasanta - afferma l'assessore alla cultura Daniele Spina - le opere più recenti di Alberto Ghinzani, artista di raffinata poesia che per la prima volta si presenta nel panorama espositivo versiliese con una mostra di ampio respiro che animerà, per tutta la primavera, piazza del Duomo e Chiesa di Sant'Agostino. Un linguaggio creativo affascinante, che dà voce alle infinite dinamiche del pensiero umano, tra riflessioni sopite ed emozioni che improvvisamente tornano dal passato".

 

Cenni biografici
Alberto Ghinzani, è nato nel 1939 a Valle Lomellina, vive e lavora a Milano. Scultore di fama internazionale, si è formato con Marino Marini all'Accademia di Brera, dove attualmente insegna.
Sue opere sono collocate in spazi pubblici, musei e collezioni private in Italia, Svizzera, Francia, Belgio, Germania e Stati Uniti. Le ultime personali: nel 2004 a Torino in tre sedi pubbliche, a cura della Regione Piemonte; nel 2005 ad Anversa e Bruxelles.
Ha partecipato a numerose rassegne d'arte, le più recenti nel 2005-2006, XI Triennale di New Delhi, India, e "Scultura italiana del XX secolo", presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano. Ha pubblicato due raccolte di poesia ed organizzato e curato importanti manifestazioni d'arte.

 


Mostra: Opere recenti
Artista: Alberto Ghinzani
Date esposizione: 31 marzo - 3 giugno 2007
Luogo: Chiesa di Sant'Agostino e Piazza Duomo, Pietrasanta
Orario: 16.00-19.00; lun. chiuso
Ingresso: libero
Inaugurazione: sabato 31 marzo, ore 18.00

 



Ufficio Stampa - Assessorato alla Cultura
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795500; fax 0584/795588
e-mail: cultura@comune.pietrasanta.lu.it
www.comune.pietrasanta.lu.it

 

Presentazione

Quando l'arte traduce il mistero dell'idea

Pietrasanta ha un legame indissolubile con la cultura dell'arte. I marmi delle Alpi Apuane ne incorniciano da sempre il paesaggio sospeso tra cielo e mare. Una predisposizione naturale dettata dalla facile reperibilità della pregiata materia prima e dall'illustre tradizione scultorea conseguentemente elaborata. Un patrimonio di esperienze tramandatosi di generazione in generazione fino ai nostri giorni. La scultura a Pietrasanta è un'espressione congenita in una realtà artistica che vede fianco a fianco grandi artisti ed artigiani. Un felice connubio cui si deve la notorietà internazionale di Pietrasanta. Attratti dall'abilità tecnica delle locali maestranze, artisti provenienti da ogni parte del mondo giungono in città per lavorare, alimentando quel clima di assoluta libertà creativa che rende Pietrasanta una città d'arte unica.

Una città che non solo crea, ma espone. Naturale prosecuzione di questo dialogo tra la materia e l'uomo diventa la contemplazione. Piazza Duomo è un vasto palcoscenico che prima o poi tutti calpestano, artisti di fama e giovani talenti. Nell'attesa di prendere le vie del mondo, come un tributo alla città, l'opera lascia la polvere dello studio per mostrarsi nella grande piazza cittadina o animare gli attigui, suggestivi spazi dell'antico complesso di Sant'Agostino. Non esiste uno stile, una materia, esistono emozioni e forme. Ciascun artista esprime il proprio sentire nel suo personale linguaggio. Tradizione e sperimentazione si incontrano scrivendo intense pagine d'arte. Un continuo scambio di culture, di valori, di linguaggi, che genera un fecondo dibattito artistico. Gli apporti sono continui e sempre più numerosi: negli ultimi anni la comunità degli artisti che ha scelto di riunirsi a Pietrasanta si è notevolmente incrementata. Le solide radici culturali non hanno impedito a questo angolo di Versilia di aprirsi al nuovo ed al diverso, di crescere nel rispetto e nel confronto con ogni espressione d'arte.

Con estremo piacere ospitiamo a Pietrasanta l'opera più recente di Alberto Ghinzani, artista di raffinata poesia che si presenta in questo panorama espositivo con una mostra di ampio respiro, concepita appositamente per la piazza del Duomo e per la Chiesa di Sant'Agostino. Con un linguaggio creativo affascinante, che dà voce alle infinite dinamiche del pensiero umano, tra riflessioni sopite ed emozioni che improvvisamente tornano dal passato, si inserisce nel tessuto della città realizzando un percorso di forte significato. La scultura traduce il mistero delle idee e mai come nell'opera di Ghinzani la narrazione si fonde con il fare artistico. C'è una precisa rispondenza tra la parola e la forma, tra il verso e la materia plasmata, forgiata, assemblata. Una continua conversazione che accentua la forza espressiva, il coinvolgimento emozionale.

L'Assessorato alla Cultura

 

 

Critica

Sulle ultime opere: tra poesia e scultura
"Da sempre sono lettore di poesia- con il tempo mi sono convinto che esista un'effettiva vicinanza nel procedimento, tra la scelta dei singoli vocaboli, delle pause, dei ritmi, delle frasi che costituiscono un verso e le diverse fasi della scultura". Il legame di Alberto Ghinzani con la poesia è remoto. Risale a quando era ragazzo e sulle bancarelle a Brera, nella piazzetta dove c'è la statua dell'Hayez, comprava antologie critiche di Luciano Anceschi e l'edizione dei Canti Orfici di Dino Campana editi da Vallecchi o nella libreria di Porta Genova- certo di trovare una corrispondenza emotiva- il Diario di Algeria di Vittorio Sereni. Quei libri li avrebbe letti d'estate, portandoseli sotto il sellino della bicicletta lungo i canali assolati della Lomellina. Più tardi, a Parigi nel 1964, dove conosce l'ultima stagione dell'esistenzialismo e dell'informale, Ghinzani avrebbe rafforzato il legame con i suoni e i simboli poetici della parola scritta. L'aderenza consapevole e diretta con la poesia, però è di questi ultimi anni con la pubblicazione della piccola raccolta Sul margine del foglio. Tra questi versi e le opere dell'ultimo anno (alcune delle quali esposte per questa mostra a Pietrasanta) c'è una più profonda corrispondenza finora inedita tra l'emozione della parola e la ricerca della forma, come se il rapporto tra suono fonetico e segno, tra poesia e scultura si fosse fatto più stretto, deciso, tagliente e chiaro, in una relazione continua e costante. E infatti, la citazione dell'artista sopra riportata precede di poco la realizzazione di Teatro dell'assenza, qui proposta per la prima volta; sculture che sembrano installazioni da collocare nella quotidianità di ognuno, secondo il concetto caro a Ghinzani di creare uno spazio intimo, contiguo all'uomo, così come i santi colorati nelle pareti delle chiese medievali si confondevano con la vita pubblica e privata dei fedeli. Sculture simili a stanze, dunque, come è già stato detto molte volte, ma che in questi ultimi esempi, oltre a indurre a essere attraversate , esprimono da parte dell'autore la prudenza coraggiosa e la coscienza di un percorso che si chiude dopo decenni e di una via di ricerca nuova, che chiede spazio con forza. Come se Ghinzani in queste opere si ritrovasse davanti a un momento risolutivo, di sintesi, - per via di levare - prima di cominciare un altro viaggio dentro la memoria e dentro ai simboli della natura e della propria biografia. Così alcune delle opere esposte in quest'occasione sembrano essere la sintesi di quel "transitare" tra scultura, pittura e narrazione che sempre ha caratterizzato la sua ricerca. Tempo sulla soglia - il punto di vista centrale e la scala asimmetrica - invita ancora chi guarda ad "attraversare la soglia", a porsi al centro di una scena o di una stanza immaginaria, che da mentale si fa fisica proprio nel passaggio dello spettatore nel gioco tra vuoto e piene della struttura in acciaio e del coagulo di materiali ( polvere di marmo, resine, smalti, patine d'osso) posto a chiudere lo slancio verso l'alto della scultura. Ma è come entrare in una stanza luminosa e ricca di luce naturale - che ricorda il procedimento usato dagli antichi greci, i quali all'esercizio della memoria riservano un luogo ideale, dall'architettura ampia e luminosa, dove inserire immagini e fatti da tramandare- e che nella sculture di Ghinzani diventa "la stanza" in cui pittura, scultura e narrazione si incontrano. Accade proprio nella narrazione e nella poesia che suoni e parole incompiute trovino poi quasi naturalmente il punto in cui collocarsi ; cosi anche nella creazione scultorea c'è un momento iniziale in cui materia e forma si aggregano e si compongono fino a raggiungere un unico nucleo, una struttura ben definita. Ognuna di queste forme ha la capacità di irradiare fuori di sé, nel vuoto dello spazio o nel bianco della pagina, un segno e un suono autentici. "Non è un caso - sostiene Ghinzani- che molti artisti nel Novecento, e proprio gli scultori, siano stati attratti dal linguaggio della poesia, in forma di diario di lavoro o di raccolta di pensieri: Bistolfi, Martini, Arp, Giacometti, Melotti, sono solo alcuni degli esempi". Poi ricorda di quando una volta, negli anni settanta, Montale mostrandogli un ritratto che gli aveva fatto Messina ironicamente sostenesse che la grande scultura fosse quella riferita alla tradizione, concludendo divertito che Messina aveva scritto anche cinque libri di poesia, mentre lui solo quattro! In Teatro dell'assenza il riferimento corre inevitabile alle parole dell'artista: "Scava in quel bianco, scava/ se puoi la tua sete di reliquie;/ la mano scava/ nell'accumulo/ di nude di terre svenate/ di aridi smalti deposti/ sull'ocra spento dei rovi;/ nell'ultime riemerse voragini dal fondo". Il ferro, che ricorda la materia e il primato dell'uomo, regge una struttura ormai eterea e allo stesso tempo imponente, che si fa rappresentazione e spazio scenico, induce ad attraversare e riattraversare i luoghi della memoria con l'espediente fisico che l'ha trasformata e la fa somigliare a una grande "finestra", la porta socchiusa sullo sfondo. Restano sospese e invisibili le linee che tracciano il perimetro della "stanza", ma in alto- come un omaggio alla grande scultura antimonumentale novecentesca da Martini a Marino e Giacometti, ma anche alla tradizione "pittorica" della scultura di Paolozzi e dei primi lavori di Caro, di Richier e di certe sculture di Twombly- un drappo, simile alla neve che preserva la natura del sottosuolo, scende e si adagia sulla scultura. Manipolata e imbevuta di colle e resine, la tela è trasfigurata come fosse un sudario, profano e attraente, protettivo, ingannatore. C'è, però un senso di pudore in quest'opera e in quelle di quest'ultimo ciclo, pudore come necessità vitale, come segno di libertà contro l'inquietante regresso della collettiva. C'è un differente dell'atto artistico e poetico- che nella nota biografica dell'artista è riscontrabile nei suoi continui, e a tratti sofferti, ritiri nella campagna di Valle - che si fa rivendicazione decisa di uno spazio interiore. C'è la comprensione del paradosso che rende una cosa più presente quando questa è assente, che restituisce la forza del vuoto rispetto al pieno, che rivendica la natura autentica delle pause e dei silenzi nella musica o nel tratto che muore quando non c'è più inchiostro. C'è poi quella linea sottile che gli artisti della generazione di Ghinzani hanno dovuto seguire, per citare le parole di Ermanno Krumm nel suo testo Libertà del racconto a proposito dei disegni di Ghinzani, "costeggiando da una parte i violenti richiami delle estetiche preconfezionate e dall'altra una propria voce interiore" (A. Ghinzani, La libertà del racconto. Disegni, catalogo della mostra, Cinisello Balsamo 2004). Nel rivendicare una sorta di solitaria aristocrazia del pensiero come segno nobile e metafora di una generazione di artisti e delle difficoltà di seguire la propria voce interiore, Ghinzani si lascia alle spalle i colori accesi della serie delle Sculture di Novembre con le resine, le polveri e i pigmenti sedimentari tra le pareti dello studio, le cromie gialle, ocra, rosso fertile di vita, di passioni e di ripensamenti che spingono ai margini e prendono violenta consistenza (novembre è il mese della nascita dell'arista, ma è anche il crinale che divide le stagioni). Niente più "materia svenata" come scrive Ghinzani nei versi che descrivono la tormentata ricerca di "smalti che scolarono in caligini/ in patine d'ossido rappreso". Non chiede più di restare, ha scelto di ricordare, di passare oltre la soglia e di approdare a un ulteriore aspetto nel suo percorso di scultore. Nascono così- con lo stupore stesso dell'artista- gli "scomparti" in ferro, oggetti carichi di poesia, prima dimenticati e poi comparsi nello studio come quando si fruga in un cassetto. Sono reperti quotidiani di un'archeologa del passato che si fa presente: perché la nostra memoria modifica il ricordo, mentre non può modificare gli oggetti che spesso restano uguali a se stessi. Essi appartengono al presenta dell'artista , vanno oltre il significato, superando i confini- a volte cari a volte ossessivi- degli orizzonti nella campagna che circonda lo studio di Ghinzani e si fanno introspezione interiore. Dalla figura dell'uomo di spalle che si inoltra nello spessore breve della resina, come un'ombra o un fossile, ai muri di mattoni che schiacciano una forma umana quasi irriconoscibile , alle pagine di un libro che non racconta ma evoca il passare del tempo attraverso segni e incrostazioni; dall'idea della scultura come stanza, come architettura della memoria, Ghinzani con queste nuove strutture ( destinate forse anche a dimensioni più grandi ) è passato all'idea di una scultura che si fa oggetto , che non è né da contemplare né da utilizzare, che non si misura nemmeno nella battaglia per la qualità della vita secondo l'utopia delle avanguardie storiche e fatta propria dai designer contemporanei; mentre invece la riflessione sull'utilizzo del colore in scultura da parte delle avanguardie ha riguardato in grande parte la ricerca di Ghinzani e resta ancora argomento da approfondire. Irregolari e così riconoscibili da ognuno, questi oggetti diventano feticci laici del quotidiano, pensiero, pausa di riflessione- come l'installazione con il muro, il ferro e la struttura fatta ancora da impasti pittorici- sull'idea delle rovine contemporanee in cui si ritrova a vivere. "Quanta polvere d'anni sulle spente/ ruggini", scrive Ghinzani, evocando attraverso un frammento di Sereni l'immagine malinconica di Milano, che insieme con il lembo della sua" Lombardia diversa" ( come la definisce Claudio Vela) sono luoghi della mente in cui "tutto collabora a fondare un tono, quella coerenza di voce". Dunque non stupisce che nelle sue " costruzioni" esili, filiformi eppure ricche di materia, l'artista rintracci i confini di un mondo che riconosce e sente vicino, di una natura osservata e amata, di una frequentazione e di una conoscenza profonda dei luoghi della loro memoria: Sembrano e a tratti sono fragili, precarie queste opere realizzate con delicatezza ereditaria forse dal nonno liutaio, assemblano frammenti di natura, oggetti che si fanno simbolo, codice linguistico riconoscibile nella terra dei vasti spazi di pianura, in cui la luce nelle giornate di caldo estivo si fa metallica come il riflesso del sole su una lama: La pianura con il suo orizzonte abbassato, che traccia il confine fra cielo e terra lungo la linea che l'occhio riesce a raggiungere, "l'orizzonte sempre cercato" scrive Ghinzani, che riflette sull'origine semplice e antica della scultura dalle pietre, dalle radici degli alberi, da un sentiero.
Rachele Ferrario

Biografia

Alberto Ghinzani è nato nel 1939 a Valle Lomellina (Pavia). Dopo gli studi a Milano, dove frequenta il corso di scultura tenuto da Marino Marini all'Accademia di Brera, soggiorna per qualche tempo a Parigi.
Inizia ad esporre molto presto, già nel 1962 viene invitato alla Biennale di Scultura a Carrara e al Middleheim Museun di Anversa, nel 1965 ad "Alternative attuali 2" e a "Prospettive 1", su invito di Enrico Crispoli.
Tiene la prima personale nel 1966 alla Galleria delle Ore di Milano e al Girasole di Roma, presentato da Mario de Micheli e Luciano Caramel. Nel 1968 Marco Valsecchi cura la sua prima monografia di disegni. Dopo le prime esperienze alla frequentazione Milanese, da Fontana Milanesi, e l'attenzione per l' opera di Giacometti e degli scultori anglosassoni della generazione post Moore, il suo lavoro si concentra sulla sperimentazione di nuovi materiali, in particolare le resine, come gli ambienti presentati nel 1967 al Premio Lissone in cui riceve al Palazzo Reale di Milano, il Premio Ramazzotti per il disegno. Numerose sono le personali tenute in varie città, a partire da Milano presso la Galleria delle Ore (1970-1971), e la Galleria Berganimi (1975), presso la Galleria di Arte Contemporanea di Alessandria e a Zurigo (1977) , Firenze, Torino, Como, Piacenza, Aqui Terme, presentando opere che propongono un nuovo rapporto con lo spazio esterno, nel tentativo di inserire in scultura la sintesi di elementi del paesaggio lombardo a lui caro. Nascono cosi le Steli, Paesaggio che brucia, le Paludi, opere realizzate in bronzo usando però nella fusione a cera persa, materiali diversi come legno, cartone e cordame.
Ghinzani è invitato a importanti rassegne di scultura quali il "Bronzetto" di Padova, la Biennale di Città di Milano, La Biennale di Piacenza, dove ottiene il Primo Premio per la scultura (1976). Negli anni successivi espone alla Quadriennale di Roma, al Festival di AH M in Giappone, alla rassegna "Scultura Estate "alla Promotrice di Torino.
Partecipa alla mostra "Giovani pittori e scultori italiani" presso la Rotonda della Besana, e sempre a Milano a "Il segno della pittura e della scultura" alla Permanente ( 1983). Sul finire degli anni settanta esegue le prime opere pubbliche a Borgomanero e a Vigevano, dove vince il concorso nazionale per un monumento alla Resistenza. Nel suo lavoro si inseriscono con maggior frequenza i richiami alla figura vista in rapporto con lo sazio interno, a volte come un'impronta nella materia (Nell'ombra, Autoritratto nello studio), in una progressiva sintesi di memorie e immagini come nella serie di Strade del Nord, realizzate con materiali eterogenei solidificati da resine e spesso dipinti, Gran parte di queste opere verrà esposta nelle antologie tenute al Castello di Sartinara ( Pavia) nel 1987, al Centre d'Arts Contemporaines di Besancon e alla Galleria Palladio di Lugano, rassegne curante da Francesco de Stasio e Luciano Caramel, oltre che nelle rassegne "Geografie dell'Informale" (Milano 1987) e "Idiomi della scultura contemporanea" (Verona 1989), Nel frattempo si fanno frequenti i soggiorni in diverse città della Germania: espone a Monaco, Augsburg, Norimberga, Wolfsburg, Frankental. E' presente con gruppo di opere alla rassegna "Scultura a Milano 1945-1990" al Museo della Permanente e succesivamente alla Kunsthalle di Darmstadt e al Kunstmuseum di Mannheim, che nell'occasione acquista l'Autoritratto nello studio del 1987. Ancora a Darmstadt partecipa alla rassegna "Flucht" e realizza una scultura per il parco del Politecnico della città (1993). Altre opere publiche vengono realizzate nel corso degli anni novanta: a Lecco, Seregno, Acqui Terme, Genova - dove esegue le sculture dell'altare maggiore del duomo- , a Bellinzona e da ultimo, nel 2004, a Imbesargo viene installata una grande scultura in ferro e cemento. Nel frattempo partecipa a importanti rassegne come "Scultura e segno" nei musei di Regensburg, Linz, Innsbruck e Vienna, al Premio Marche (Ancona), alla mostra itinerante Milano-Tokyo (1977). Opere eseguite con materiali quali ferro, resina, e polvere di marmo, che Claudio Cerritelli definisce "Icone dell'assenza", sono al centro della personale di tenuta al museo Butti di Viggù, presentata da Elena Pontiggia, e al centro San Fedele di Milano curata da Marina De Stasio nel 2000, anno in cui riceve il Premio Nivola a Roma e viene invitato alla XIII Quadriennale della capitale. Nel 2001 partecipa alla rassegna "Scultura italiana del dopoguerra" al Castello di Vigevano, dove l'anno successivo terrà un'antologica, curata da Flaminio Gualdoni. Nel 2004 la Regione Piemonte lo invita a Torino, in tre diverse sedi pubbliche, a tenere una personale curata da Paolo Levi, dove presenta alcune opere di grandi dimensioni degli ultimi anni, come Stanze, Pagine e Clessidra. Contemporaneamente, al Museo del Disegno di Salò viene esposta una scelta di opere grafiche. Con una selezione di disegni è presente a "L'intelligenza della mano", a cura di Pietre Weirmeier, al Castello di Vienna, e a "Drawings of sculpture a Edimburgo. Nel 2005 espone a Gand, Anversa e Bruxellers. Per l'occasione Ernanno Krumm ha scritto: E' come se si avvertisse ora, nell'orientamento di queste figure fragili come foglie- cosi come le definisce Ghinzani- il desiderio di dare un'immagine dell'uomo come appariva a Nietzche, più di un secolo fa: un giocoliere sull'orlo dell'abisso. Nel medesimo anno l'artista partecipa a importanti rassegne nazionali e internazionali come l'XI Triennale di Nuova Delhi, India, e la mostra "Scultura italiana del XX secolo" presso la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano. Parallelamente all'attività di scultore Alberto Ghinzani ha anche esercitato l'insegnamento presso l'Accademia di Belle Arti di Brera, Napoli, Urbino e Venezia ; ha partecipato all' organizzazione di numerose e importanti mostre e pubblicato scritti d'arte e testi poetici, in particolare le raccolte Sul margine del foglio (1997) e Di noi, per dopo (2003).