Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Luminal

Marco Lodola


Opere di scultura

inaugurazione: 16 dicembre 2006 - h 17.00

esposizione: dal 16 dicembre 2006 al 4 febbraio 2007

luogo: Chiesa di S. Agostino e Piazza Duomo - Pietrasanta

orario: 16.00-19.00; lunedi chiuso

ingresso libero 


Comunicato stampa

 (versione in pdf)

 

Tra temi sacri e scene di vita quotidiana le sculture luminose di Marco Lodola animeranno, dal 16 dicembre 2006 al 4 febbraio 2007, Chiesa di Sant'Agostino e Piazza del Duomo. Uno scenario inusuale per l'esposizione, promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Pietrasanta, in collaborazione con Arthemisia e con la Galleria Tega di Milano, presente, dalla scorsa estate, anche a Pietrasanta e che, per l'occasione, esporrà alcune opere.
Nel titolo sono già indicate le caratteristiche della mostra. Luminal è sì il famoso farmaco, ma in questo caso è un gioco di parole che rimanda immediatamente all'idea di luce e luminosità. Luminal è dunque l'espressione artistica di Marco Lodola che di luce e vivace cromatismo, di positiva e serena energia permea le sue creazioni. Un'arte "terapeutica".


Un filo rosso lega tutti gli elementi di Luminal: luoghi, soggetti, colori. Lodola propone un'arte piacevole e divertente. Ciò non significa evitare tutti quegli aspetti del fare artistico che implicano un atteggiamento di sofferenza, di dubbio, talvolta di tragicità presentata allo spettatore. Tutto questo può essere presente, ma non necessariamente visibile. I suoi soggetti, siano rappresentazioni sacre o scene di vita quotidiana di giovani al mare o in scooter, di ballerini, di sportivi o pin up, si impongono nella loro immediatezza attraverso la semplicità delle forme stilizzate. Personaggi senza volto, macchie di colore prive di ogni dettaglio che riflettono lo scintillante brusio cromatico delle metropoli moderne. Quello di Lodola è un mondo gioioso e dinamico che evoca la musica, lo spettacolo, il ritmo ed il colore della gestualità quotidiana. Il messaggio estetico è di grande chiarezza ed efficacia.

A Pietrasanta Lodola interpreta due luoghi simbolo. In Piazza Duomo saranno installate sei sculture luminose di grandi dimensioni, alte fino a 3 metri, realizzate in perspex, lamiera e neon. Suggestione e gran fascino che si accenderà al calare del sole. La facciata della Chiesa di S. Agostino sarà animata da un nastro luminoso rosso, che "impacchetterà" la chiesa come un regalo natalizio alla città, mentre, all'interno, ancora sculture nella grande navata, ora di tema religioso come Adorazione, Lady Madonna, Tre angeli, ora ispirate alla vita quotidiana. Nel coro disegni e dipinti in carta povera su tela.

Un percorso tra i simboli della modernità, del progresso e della fantasia dell'uomo guidato da festoni e sentieri luminosi sparsi per la città, senza dimenticare il tema sacro.
La mostra sarà corredata da catalogo con testo critico di Luciano Caprile.

"Pietrasanta si propone, anche nel periodo natalizio, con una grande mostra che dalla chiesa di Sant'Agostino si espande in Piazza del Duomo - spiega l'assessore alla cultura Daniele Spina - una mostra decisamente innovativa per Pietrasanta. Né marmo, né bronzo, ma perspex e neon per le opere luminose di Marco Lodola e la sua visione della vita moderna: non ci sono ciminiere, cemento e bagliori, ma movimento e vivacità, colori e luci del quotidiano. Un inno all'ottimismo ed alla positività".


Mostra: Luminal
Artista: Marco Lodola
Date esposizione: 16 dicembre 2006 - 4 febbraio 2007
Luogo: Chiesa di Sant'Agostino e Piazza Duomo, Pietrasanta
Orario: 16.00-19.00; lun. chiuso
Ingresso: libero



Ufficio Stampa Assessorato alla Cultura
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795500; fax 0584/795588
e-mail: cultura@comune.pietrasanta.lu.it
www.comune.pietrasanta.lu.it

 

Presentazione

Il-Luminal

Con le sue sculture luminose, vibranti di luce ed energia, ed istallazioni create ad hoc pel la Chiesa di Sant' Agostino e la città stessa, Marco Lodola Il-Luminal di questa stagione invernale di Pietrsanta. Il fluido vitale energetico dell'artista viene tradotto da impulsi elettrici, che si trasformano così in sagome dalle forme più o meno famigliari, ma strabiliantemente vitali grazie alle loro tinte accese.Sono opere, che pur nelle loro apparente freddezza, vivono e fanno vivere, vibrano di una loro peculiare musica interna e cosi ci coinvologono prepotentemente, come se ci trasportassero in un ballo vorticoso.

Le opere di Marco Lodola sono indipendenti eppure siamo tutti noi, che ci identifichiamo in alcune di loro in un particolare momento: semplicemente vi inseriamo il nostro volto e diventiamo di plexiglas, neon, perspex o qualche altro materiale più o meno tecnologico o altrimenti più o meno comune. Siamo noi, spettatori che viviamo o riviviamo un dettaglio del nostro passato oppure ci immergiamo in un sogno mai espresso, trasformandoci ora in un uomo muscoloso o in una leggiadra ballerina, o ancora in una fatale Marlyn o in un indimenticabile corteggiatore di qualche decennio fa.

Luce, colore, musica, vita; questi sono i regali che Marco Lodola fa a Pietrasanta, illuminandola a festa e trasportandola contemporaneamente in una dimensione passata e futura, proiettandola "futuristicamente" in un tempo che non c'è , ma esiste nel nostro io, nei momenti di vivace euforia e di slancio profondo.

Un sentito ringraziamento va a questo grande artista pulsante di fresca vitalità che ci riscalda il cuore e ci illumina la mente, ed alla Galleria Tega, per il suo prezioso contributo all'organizzazione di Luminal a Pietrasanta.

L'Assessore alla Cultura

Daniele Spina
Pietrasanta, dicembre 2006

 

Un inno alla positività e all'ottimismo

La mostra di Marco Lodola è certamente un inno alla positività e all'ottimismo. Il vivace cromatismo, il movimento, la vitalità delle sue opere traducono gli aspetti più contraddittori dei tempi moderni in energia benefica che guida lo spettatore in un percorso che potremmo definire "terapeutico". Quello di Lodola è un mondo gioioso e dinamico che evoca la musica, lo spettacolo, il ritmo. I suoi soggetti, siano rappresentazioni sacre o scene di vita quotidiana di giovani al mare o in scooter, di ballerini, di sportivi o pin up, si impongono nella loro immediatezza e in tutta la loro allegra fantasia. L'arte di Lodola è lo specchio dei tempi dove tutto corre, tutto si genera e all'istante si consuma, è spettacolo ed illusione. E allora perché, per un momento, non fermarsi a sognare, non abbandonarsi allo sfolgorio dei colori, non lasciarsi coinvolgere dall'esuberanza e dal brio di questo sguardo divertito e divertente sui giorni nostri.

Una scintillante proposta espositiva. E l'aggettivo non è causale quando ad esserne protagonista è l'artista Marco Lodola. Le sue sculture luminose in perspex, lamiera e neon animeranno, fino a febbraio, la Chiesa di Sant'Agostino e, grande novità, anche piazza del Duomo. Per Pietrasanta si tratta di un appuntamento insolito con la scultura en plein air nel periodo natalizio.

E' dunque con grande piacere che ospitiamo "Luminal". Considerevole è stato l'impegno profuso dal maestro Lodola nella preparazione della mostra. Una disponibilità ed un grande affetto culminati con la donazione alla città dell'opera "La Ballerina" che sarà collocata all'ingresso del parco della Versiliana sin dalla prossima stagione. Un dono di cui, a nome di tutti i cittadini di Pietrasanta, non posso che ringraziare caldamente il maestro Lodola.

Il Sindaco
Massimo Mallegni

Critica

Mi Luminal d'immenso

Per entrare immediatamente nel cuore dell' evento partiamo dalla prima cosa che colpisce l' immaginario di chi giunge sul far della sera nella Piazza del Domo di Pietrasanta: la Chiesa di San Agostino impacchettata e infiocchettata da Marco Lodola come un regalo di singolare preziosità. Ma non si pensi subito ad uno scherzoso rimando ai modi di Christo: Lodola è Lodola e le sue azioni possiedono la logica consequenziale dei giochi mirabili dell' infanzia. Intanto i suoi interventi chiamano in causa la luce ed il colore elettrici che scaturiscono da quell' età ancora permeata di stupori. Per chi, come il sottoscritto, proviene da un epoca ammaliata, soprattutto nel periodo natalizio, dalle seduzioni percettive proposte dalle vetrine luci a neon delle insegne dei negozi, la contemplazione di questo enorme contenitore, trattenuto da un nastro che mima perfettamente quello che di solito chiude e sigilla le confezioni da sogno, è un profondo tuffo all' indietro nel tempo per un desiderio che si avvera. Finalmente ci è concesso di partecipare ai segreti del mondo conservato nella scatola confezionata attraversando come Alice, il limite ovvero lo specchio che ci indroduce nel grembo della fantasia. La cosa stupefacente è che all' interno del contenitore si trovano tutte le sorprese che il maestro lombardo dispensa alla gente con il suo ineguagliabile gesto. é un'anticipazione di dimensioni monumentali l'abbiamo proprio in piazza: ci viene offerta dall'imponente figura in un atleta, un bronzo di Riace o il profilo di un culturista dei giorni nostri, se si preferisce, che scioglie le sue membra e i muscolari contorni in un insistito ricamo di punti luminosi che trattengono e disperdono la mutevole consistenza di uno sguardo. Nella circostanza si viene immediatamente conquistati dal piacere dell'impalpabilità, dal piacere di tutto quello che i nostri occhi riescono a percepire ma non a trattenere e che viene immediatamente moltiplicato da altre immagini, a partire da un alter ego del menzionato culturista risolto in un corpo elettrico votato al giallo. Ma altre presenze in perspex, lamiera e neon conquistano la scena: una Pin up dal conturbante approccio visivo, una Donnaeuropa fasciata nei colori delle bandiere nazionali e Luminosamente ovvero una oscura sagoma umanoide attraversata da finestre che si affacciano su un interiorità costruita da emozioni timbriche e da captazioni surreali. In questa nostra disamina all'aria aperta abbiamo lasciato per ultimo Enigma, una costruzione cubica costellata di anonimi volti in cui ci specchiamo e a cui possiamo fornire i nostri esatti tratti somatici: si ispira al celebre rompicapo inventato dall' architetto ungherese Erno Rubik. Tocca a noi, insomma, sciogliere il mistero, se ne siamo capaci.
Il mistero essenziale e il miracolo visivo si rinnovano e si moltiplicano all'interno dell'involucro, una volta diventati noi stessi effettive pedine del gioco, elementi essenziali e direttamente partecipi della manipolazione lodolesca. é allora che si coglie lo smarrimento, lo stordimento, lo straniamento estatico ovvero la sensazione di trovarci beatamente in un luogo ovvero nel luogo sublime dove ogni desiderio si avvera. Ed è anche allora che si capisce il perchè del titolo che abbraccia e sintetizza l'articolata manifestazione: Luminal è un nome che rimanda a un barbiturico ad azione iptonica in auge qualche decennio fa in cui faceva ampio uso Marilyn Monroe. Ma è anche uno slogan riferibile alla improvvisa e chiarificatrice accensione delle menti (al pari di un gioco chiamato "eureka") e alla sequenza della luminarie da tradursi in stazioni di una stupefacente processione che disegna il tragitto espositivo verso le varie sedi cittadine. Qui, all'interno del Sant'Agostino, è concentrato non solo lo scibilie di Lodola, ma di tutto quello che ciascuno di noi può acquistare con una serie di mirabili contemplazioni e col soccorso del tratto per far risorgere dalla memoria la magia del tempo perduto. Magari la magia svanirà una volta usciti dalla sede dell' incantesimo, come succede a un farmaco che riesce a curare solo i sintomi ma non guarisce il male di fondo. Occorrerà pertanto ritornare sul luogo benefico e aumentare le dosi di Luminal: d'altronde se non ci è concesso riconquistare il tempo dell'infanzia, è agevole recuperare il nostalgico profumo se si accetta di entrare nel ludico meccanismo di Lodola con animo sgombro da preconcetti. E ora che ci troviamo in un ideale negozio di leccornie visive, assaporiamole una per una partendo da quelle lucenti figure che ci conducono immediatamente allo spirito natalizio del presepe: ci riferiamo in particolare alle figure Adorazione, Madonna e Tre angeli così evanescenti nei tratti somatici e così marcate nella dichiarazione dei colori, come avviene per le vetrate di certe cattedrali che paiono disegnate nell'impalpabilità dell'aria. Ma anche le altre presenze, come Drago marino e Frutta fresca nello spazio possono venir deposte con delicatezza su un ipotetico muschio e sotto l'altrettanto ipotetico cielo di carta di questo nostro percorso che ricostruiamo nostalgicamente all'interno di noi stessi. D'altronde i presepi della nostra fanciullezza accoglievano figure di contorno che poco o nulla avevano da spartire con la sacralità della rappresentazione. Per noi era necessario popolare lo spazio destinato a quel ricordo: cosi intorno alla capanna sorvegliata dalla cometa convenivano personaggi come i magi o pastori ma anche icone dell'oggi e del domani, partorite dalla quotidianità e dalla fantasia. Lodola si comporta in nostra vece alla stessa maniera seminando il sacro accanto al profano col conforto di una luce che tende a uniformare il racconto e a diffondere il profumo lieve di un irripetibile incantesimo. Ora che siamo al centro della sorpresa ci sentiamo anche noi un poco sorpresa, dunque non ci sorprendiamo ormai più di tanto dello sviluppo di una storia da ricucire a nostro piacimento per poterla raccontare col partecipe entusiasmo che cresce a dismisura nel nostro intimo passo dopo passo, visione dopo visione. Ma questa non è forse la maniera corretta di affrontare l'universo variegato di Marco Lodola che non ama e non segue catalogazioni ma soltanto l'ispirazione che gli suggerisce il gesto del momento da glorificare e da esporre coram populo. E allora cerchiamo di porre rimedio all'inciampo del nostro itinerario con una riflessione: quando il nostro autore si è trovato inserito nel movimento dei Nuovi Futuristi ha probabilmente pensato, al di là di ogni altra considerazione programmatica, che uno degli impulsi vitali seguito dai padri storici del citato movimento riguardava la libertà abbinata al potere dell' immaginario. Ma se all' inizio del secolo la libertà significava annullare e superare i conformismi nell'arte, mentre l'immaginario poteva cavalcare ogni possibile pensiero rivolto al mondo appena intaccato dalla rivoluzione tecnologica, oggi gli stessi concetti vanno riletti e riconquistati nell'intimo di ciascuno di noi. Non è più la società da rivoluzionare, ma è la percezione di questa società da rimodellare e da ricollocare nell'immaginario di ciacuno condizionato dai media. E Lodola compie tale operazione con la perentorietà e con la leggerezza del sogno per cui la sottolineata deriva kitsch si trasforma in una riuscita approproiazione di emozioni smarrite e riafferrate nell'attimo magicamente attivato dallo sguardo. é uno sguardo che ora corre alla ricerca di collegamenti esterni, nella sera che avanza, inseguendo ogni scritta pubblicitaria che possa riannodare il senso della sfida lanciata da Lodola. Si tratta della medesima sfida che tanti anni fa aveva raccolto Andy Warhol ammaliato dalle pirotecniche pubblicità delle notti di Las Vegas: egli aveva deciso che quello era il messaggio della contemporaneità da trasferire nell'arte per poi trasferirla a tutto il mondo. A Pietrasanta Lodola stabilisce, inizialmente in Piazza del Duomo e poi nella Chiesa di Sant'Agostino, punti di riflessione e di contemplazione, salvo seminare lungo le vie collaterali puntuali tracce per riportare la gente ai suoi punti di riferimento luminosi. Cosi questo tragitto di luce, che abbaglia i nostri occhi e tiene accesi i nostri desideri, accompagna il declinare del 2006 e ci proietta nell'avventura del nuovo anno che in compagnia delle creazioni di Marco Lodola si veste di feste perpetue, festa della stupefazione e festa del cuore, a rinnovare gli incanti del tempo perduto e qui ritrovato per tutti, per i giovani e meno giovani. Occorre soltanto essere ancora capaci di sognare per poter illuminare il proprio spirito di questo incommensurabile e gratificante dono dell' arte.

Luciano Caprile


... Si sa: un "post", un "neo", un "iper", un "meta", un "trans", un "super", un "pulp", oggi non si negano più a nessuno. Come una volta il sigaro toscano e la croce di cavaliere. Che cos'è la televisione? é post-televisione, rispondono i Pensatori di oggi. Che cos'è l'erotismo? é neo-erotismo. Che cos'è la letteratura? é meta-letteratura. Che cos'è la realtà? é iperrealtà. Che cos'è una banana? Semplice: una trans-banana. E via così, coi prefissi che attaccano tutto ma non significano niente. Allora, l'arte contemporanea è un mirabolante niente? "Oh, che il Niente sia troppo!", auspicava Baltasar Gracian, prevedendo forse il divenire universale di Internet. Voi non amate il Niente? é un vostro problema di arte-riosclerosi. L'arte contemporanea, si sa, non è un'entità concreta, afferrabile: il suo territorio non è definito da un significato che ne fissa i confini, ha una sua complessa friabilità che ne sfuma i contorni. E allora, in un mondo dove niente è vero e tutto è verosimile, bisogna trattare il male con il male, la virtù con il virtuale, la bellezza con la monnezza, con un sospiro di leggerezza. é quello che fa Marco Lodola. Il suo "marchio di riconoscimento" è rappresentato dalla plastica. Questa anonima e ributtante sostanza organica ad alto peso molecolare, misero sottoprodotto del petrolio, robaccia per meno abbienti amanti del cattivo gusto, e il "corpo" artistico di Lodola. Con la sua presenza fredda e distaccata - materiale così flessibile e leggero da divenire quasi "immateriale" la plastica cancella ogni profondità psicologica e le opere dell'artista diventano la celebrazione della superficie... Non a caso la plastica garantisce la riproduzione di tutto (dall'orologino Swatch in su), ma anche la celebrazione dell'oggetto. Ma la situazione è ormai invertita; ora è l'oggetto che dà la caccia al soggetto; è la copia che scaccia l'originale; è la riproduzione del fatto che prevale sul fatto. Un'inversione dei ruoli, quindi: la materia è il fine, l'uomo il mezzo. Nelle opere dell'artista c'è l'uomo-sagoma, regresso allo stadio infantile di figurina, che diventa ombra di se stesso, produzione di ciò che produce, oggetto fatto in serie. In definitiva l'individuo ripetuto in uomo-massa, in uomo moltiplicato, portato dal sistema in una condizione di esistenza plastificata. Alla carne, opacizzata dal logorio della vita moderna, subentra il perspex smaltato, al neon, la cui liscia e trasparente materialità comporta non più angoscia esistenziale ma il raggiungimento di una stato di indifferenza che diventa l'ottica attraversa cui Lodola guarda il mondoÉ
Roberto D'Agostino
[courtesy Mondadori]


Marco Lodola ha fallito la sua missione nella vita. Prima di nascere si era prefisso di diventare un grande musicista, con tanti ragazzi che avrebbero vibrato sulle onde della sua musica. Invece si deve accontentare di essere un artista che ha creato solo un suo stile unico. Oh, ci ha provato a salire su palcoscenici per esibirsi. Mi è toccato di ospitarlo anche a Help, come "gruppo emergente"?!? Me lo aveva raccomandato Omar Pedrini dei Timoria: "é straordinario!" - Chi, Lodola come musicista? "No, il fatto che un grande artista si metta in gioco!" Per fortuna, Lodola a Help ci è venuto poi come artista. E anche al Roxy Bar. Nella scenografia ci sono tre sue opere, bellissime in tutti i loro colori luminosi. Ho sempre amato mescolare la musica ad altre forme artistiche. Tutto iniziò con Jovanotti, che dipinse una tromba da vendere per raccogliere un po' di soldini da mandare a bambini africani in un collegio di Galeata. Realizzammo quasi sei milioni. Da allora ho chiesto a tanti cantanti e musicisti di dipingere: Marina Rei, Max Gazzè, Edoardo Bennato, Ivan Cattaneo, Paola Turci, Andy, Elisa, Skunk Anansie, Reggae National Tickets, Alisha's Attic e Omar Pedrini. Quest'ultimo, però, non sa dipingere e allora mi ha portato Marco Lodola, la sua estensione nel mondo dell'arte. Senza rendersi conto di essere diventato lui la proiezione di Marco nel mondo del rock. Lodola realizza le copertine dei dischi dei Timoria o le scenografie per gli 883 perchè crede veramente di lavorare per il proprio disco o per il tour che sta per iniziare. Qualcuno dovrebbe fargli capire che deve continuare in quello che è diventato il suo cammino e lasciar perdere sogni di gloria rock. Ma forse è meglio lasciarlo dentro questa grande illusione che lo spinge a fare opere che hanno le luci e i colori del rock.

Red Ronnie


Prendete un bambino sensibile, shakeratelo per tre mesi poi fatelo crescere di colpo e lasciatelo riposare a lungo. Adesso tiratelo senza romperlo fino a un metro e ottanta per circa settantacinque chili. Infilategli un paio di boxer fantasia, un maglione comprato su Internet in ricordo di quelli che sua madre gli ordinava su Postal Market, mettetegli un piumone nero fino a terra, un cappello da rapper nero di lana nera calato su una montatura da vista, nera, stile Elvis Costello e fatelo camminare in una città molto fredda e nebbiosa. Portatelo al cinema a vedere Buster Keaton, Fred Astaire e John Belushi. Leggetegli Topolino e "I viaggi di Gulliver", Gregory Corso e Scott Fitzgerald. Dategli talento e paure, lampi e sonnolenza. Brizzolategli i capelli, dategli un camice nero, due ragazzi di bottega e rinchiudetelo in uno studio-ex fabbrica-loft di 600 metri quadri truccato da parco giochi dai 6 ai 14 anni (vedi "Cité des Enfants" - Museo delle Villette - Parigi): biliardino, soldatini, batteria, palestra da camera, tappeti, divanoletto, poltrone, televisione, chitarre elettriche, punching ball, cocacola, bar con superalcolici (solo per gli amici e per le amiche non accompagnate), tavoli, fogli, matite, pennelli, colori acrilici, plexiglas, luci al neon e prese di corrente. Dategli il blu oltremare e il rosa shocking. Dategli raptus erotici, musica, ballerine e lasciatelo in pace. A questo punto dategli una bella moglie giovane e sensuale, dotata di cervello e senso dell'umorismo, una figlia identica a lui non ancora shakerata e un cagnolino di famiglia nobile che lui chiamerà Blu. Dategli opere, pubblico, critici e cataloghi. Dategli il successo e dategli i limiti. Dategli mostre oltreoceano e paura di volare. Dategli un Tavor. Tenetegli la mano. Dategli molti amici e alcuni fratelli. Fatelo salire su un palco da concerto ma non lasciatelo cantare. Fategli recitare una poesia e apritegli tutte le vocali. Camminate tra le sue opere accese come tra i boulevards di una città che ricordate senza esserci mai stati. Spegnetele se volete capire la differenza tra "on" and " off", "in" and "out" (che poi è sempre e comunque Yin e Yang). Dormite tranquillamente, nel suo parco-giochi, ma portatevi molte coperte perchè il telecomando del riscaldamento è capriccioso, è indomabile come un artista. E finalmente dategli un nome, un nome semplice, musicale, quasi femminile: Marcolodola comincia dalle labbra e poi la lingua batte tre volte sul palato. Sì, Marcolodola va bene. E adesso chiamatelo e andatelo a trovare ogni volta che ne avete voglia. Dove? A Lodolandia, naturalmente. Dove altro volete che viva un tipo così? É

Giuseppe Cederna


Per un incontro artistico ogni punta del mondo può andare bene. Può essere un caffè parigino - nella migliore tradizione delle avanguardie - o una bocciofila di paese: può essere la casa di un'amante comune, un ascensore, una casuale spallata per la strada, anche un insulto. Non c'è bisogno di-spazi particolari, di atmosfere rare. L'hazard, il destino, il karma, chiamatelo come volete, traccia le nostre righe e gli incroci più bizzarri. Per noi - per Marco Lodola e Marco Lodoli - il nome fu la piazza di ritrovo. Sono almeno due secoli, del resto, che il tema del doppio stimola e preoccupa la mente umana. La nostra strangolata identità vacilla da parecchio, e non ci soddisfa più il teorema cartesiano; penso, è vero, ma qualcuno pensa insieme a me - sono, è vero, ma tutto è insieme a me. Sentimenti e riflessioni non ci garantiscono più d'essere un chiodo piantato solidamente in un punto preciso del tempo e dello spazio: sentiamo, riflettiamo, ma in un territorio allentato, in una sfera spesso caotica e talvolta miracolosamente armoniosa. "Qui giace un uomo il cui nome era scritto nell'acqua", si legge sulla tomba di Shelley, e nient'altro. Dunque neppure il nome ci identifica più di tanto, a meno che non vogliamo credere di essere davvero e soltanto quelle quattro righe sulla carta d'identità. Così è stato un motivo di gioia sapere che nel Nord Italia lavorava un artista felice - felice quanto si può esserlo oggi - che in qualche modo misteriosamente mi corrispondeva e m'allargava. lo ho scritto pagine piuttosto amare, senz'altro sincere, ma forse incomplete nella loro ostinata desolazione. Sentivo di possedere anche l'allegria, ma non riuscivo a girare la medaglia, stavo fisso sullo stesso duro profilo. Poi ho incontrato Marco Lodola e qualcosa s'è sbloccato. In lui - in me, ovunque - ho visto la danza e il colore, la fiducia. Anche per questo è nato "I fannulloni" e la copertina di quel libretto brutto e malinconico è stato un dono meraviglioso di Marco Lodola. Quindi è uscita un'altra favola ("Crampi") e di nuovo in copertina c'è stata una bella immagine dipinta da Marco. E quest'anno la trilogia si completerà con "Grande circo invalido". La medaglia ruota veloce nell'aria: testa, croce, luce, ombra, non si sa, e un frullo sospeso, una girandola che non vuole fissarsi, che rinfresca.

Marco Lodoli


lo ho un cavallo a dondolo di Lodola. Lo ha regalato lui a mia figlia quando è nata. Un cavallo a dondolo pieno di neon e faccine colorate che se attacchi la spina si illumina tutto come l'insegna di un luna park. L'idea che la mia Teresina giochi con un'opera d'arte è strepitosa. Non so se mi spiego, anche io ho avuto una fortuna del genere da bambino, sono nato nel centro di Roma e giocavo a nascondino tra le colonne di Bernini a San Pietro e facevo piccole sculture invece che col pongo con la cera morbida dei candelieri della basilica. Il mio amico Marco Lodola concepisce e realizza giocattoloni costosi, che non servono a niente, ma che illuminano, e non è mica poco. Illuminano una stanza, una piazza, una via, la sala di un museo. Cosa dovrebbe fare un'opera d'arte se non illuminare? Lascio ai critici che hanno studiato di entrare nel dettaglio, mi piace sempre ascoltare quello che hanno da dire, ma il più delle volte purtroppo io dimentico presto e torno a giocare a nascondino inconsapevole di essere tra le colonne del Bernini. Si sa che quando si entra in una stanza con una grande opera d'arte questa fa luce, a volte così forte che fa sparire quello che c'è intorno, ed è proprio l'effetto che fa l'arte, fa luce, illumina gli spazi e riceve luce dagli occhi di chi la guarda. Lodola è in bilico tra l'arte e l'insegna di negozio tra il monumento e il giochino per neonati, il sonaglino per fare addormentare i pargoli e il faro per i vecchi marinai alla deriva. Ma poi scusatemi ma a me la parola arte mi fa uno strano effetto in bocca, come una cravatta stretta intorno ad un collo quasi come un cappio. é una di quelle parole che per dirla ci vuole la patente e io non ho neanche il foglio rosa. Diciamo che a me Lodola mi piace e spero che diventi il più grande artista del nuovo millennio, non tanto perché in famiglia abbiamo un suo cavallo illuminato ma proprio perché la sua è roba che abbellisce, che illumina, e che si abbina molto bene con le belle facce e con gli ambienti veri. Mi spiego. In un ambiente squallido una scultura di Lodola sembra l'insegna di qualcosa, un pezzo di modernariato, insomma siccome tende ad illuminare ciò che ha intorno ha il potere di evidenziare certe brutture mentre per esempio in un prato o in una bella piazza dalle proporzioni umane un pezzo di Lodola rende tutto ancora più sensato.

Lorenzo Jovanotti


Lodola ha recuperato, o forse trovato per proprio conto il piacere di un citazionismo quasi involontario, non ostentato, senza nessun interesse ad apparire colto e superbo, in questo cosi diverso dal post-moderno alla Mendini al quale pure potrebbe assomigliare. Lodola pensa solo a far vedere, a illustrare, è quello il suo compito, sia che collabori con gli scrittori o con le grandi industrie, con i musicisti pop o con i pubblicitari. E quello che ci fa vedere più di frequente sono i miti dell'inconscio collettivo nell'era mass-mediatica, la musica, il cinema, senza idealizzarli, ma anzi trattandoli in modo divertito e divertente, basta che il tutto si dia sempre come un gioco. Alla fine quello che conta è il piacere dell'effetto, l'immediatezza della comunicazione, il gusto di un'immagine, di uno stile, di un oggetto subito riconoscibili nelle loro componenti fondamentali, come una sigla, un'icona, un "logo", senza altre inutili complicazioni. Sigle, icone, loghi che giungono ad abitare nell'inconscio e a convivere con quegli stessi miti dai quali provenivano, confondendosi con essi in un continuo meccanismo di specchi riflettenti. Galleggiare, stare in superficie senza essere superficiali, ecco il grande azzardo dell'arte di Lodola; perchè il piacere è qualcosa di rapido e di evanescente, esiste solo se non si va a scavare nelle nostre complicazioni, nelle nostre intricate psicologie, nelle nostre eterne insoddisfazioni. é questa anche la "popolarità" di Lodola, vocazione anti-intellettualistica a rivolgersi allo stesso pubblico a cui si rivolge il cinema, la televisione, la pubblicità, la musica delle rockstar, ad adeguare i tempi e i modi dell'arte a quelli della vita contemporanea. Le opere di Lodola si potrebbero vedere muovendosi in un'automobile lungo un tratto urbano, fuori dai finestrini, oppure lungo il percorso di una metropolitana: c'è da stare certi che qualcosa di loro rimarrebbe certamente nei nostri occhi e nella nostra mente. Di quanti altri artisti si potrebbe dire altrettanto?

Vittorio Sgarbi


L'aspetto che più colpisce nell'arte di Marco Lodola è il modo singolare con cui la luce, i colori, le forme delle sue opere richiamano l'esperienza quotidiana e le immagini che ci accompagnano ogni giorno nelle metropoli nelle quali viviamo. Quella di Lodola è un'arte per tutti, che tutti sono in grado di comprendere e apprezzare, perché rappresenta la vita di tutti i giorni. I suoi personaggi senza volto, le sue macchie di colore e le sue figure senza dettagli, sono rappresentazioni simboliche, moderne eidos che alludono ai molteplici e diversificati aspetti della realtà che si impone nella sua immediatezza attraverso la semplicità delle forme stilizzate. E d'altra parte, l'idea è in ultima analisi - anche in senso etimologico - "forma, figura, modello", qualcosa di offerto alla vista, rappresentazione schematica e visibile. Le sculture di Lodola sono paragonabili ad idee quali forme intelligibili e visibili del reale, di una realtà che può essere percepita con gli occhi della mente, ma anche con la visione delle sue luci e dei suoi colori. Il mondo che viene rappresentato è un mondo attivo e allo stesso tempo pieno di gioia, dinamico, piacevole e festoso, fatto di luce e di spettacolo, di colore e di vivacità. Gli angeli danzanti, i velocipedi ed i cavalli, gli acrobati, i ballerini e gli sportivi, grazie al perspex ed al colore acrilico usati dall'artista sono immagini e materiali di un mondo moderno, poliedrico, in continuo movimento. La luce che attraversa i colori, come nella pubblicità urbana delle metropoli moderne, come nelle insegne luminose dello spettacolo, accentua questi effetti ed accresce il richiamo per l'attenzione dello spettatore/osservatore. La lucentezza della composizione riempie di vivacità tutta l'opera, ne fa un punto di riferimento luminoso che squarcia l'oscurità, sconfigge l'angoscia, rappresenta la musica, lo spettacolo, l'arte del nostro quotidiano, il ritmo ed il colore della vita contemporanea. A cavallo tra pop-art e rappresentazione pubblicitaria, tra cinema - che ha bisogno di luce per attraversare la trasparenza della pellicola - fumetto, tra le più recenti forme artistiche ispirate alle nuove tecnologie ed i neon di una metropoli dalla vita pulsante, l'opera di Lodola trasmette l'immagine di una realtà in movimento, un messaggio estetico di grande chiarezza, efficace perché di grande semplicità. Un messaggio universale che proviene da un'arte non di élite, ma che rinvia all'esperienza di ciascuno di noi. Oggetti e tecniche di uso quotidiano, in un mondo fatto di spettacolo, di arte come veicolo di comunicazione, di messaggi estetici destinati al grande pubblico. Un'arte "sociale" quindi, che interpreta in modo vivace il nostro modo di vivere e ne rappresenta gli aspetti positivi: non il grigio dei fumi e del cemento; ma i colori e le luci del quotidiano.

Umberto Vattani
[courtesy Torcular]

 

Biografia

Marco Lodola è nato a Dormio (Pavia).
Frequenta l'Accademia di Belle Arti di Firenze e di Milano, e conclude gli studi discutendo una tesi sui Fauves, che con Matisse saranno un punto di riferimento per il suo lavoro, come anche Fortunato Depero e Beato Angelico.
Agli inizi degli anni '80 alla Galleria di Luciano Inga Pin, a Milano, fonda con un gruppo di artisti il movimento del Nuovo Futurismo, di cui il critico Renato Barilli è stato il principale teorico.
Dal 1983 ha esposto in grandi città italiane ed europee quali Roma, Milano, Firenze, Bologna, Lione, Vienna, Madrid, Barcellona, Parigi e Amsterdam.
Ha partecipato ad esposizioni e a progetti per importanti industrie, tra cui Swatch, Davidson, Coca Cola, Vini Ferrari, Titan, Grafoplast, Harley Davidson, Ducati, Riva, Illy (collana di tazzine d' autore), Francis, Dash, Carlsberg, Nonino, Valentino, Coveri, Fabbri, Shenker, Seat e Lauretana.
Nel 1994 è stato invitato ad esporre dal governo della Repubblica Popolare Cinese nei locali degli ex-archivi della città imperiale di Pechino. Nel 1996 ha iniziato a lavorare negli Stati Uniti a Boca Raton, Miami e a New York. Ha partecipato alla XII Quadriennale di Roma e alla VI Biennale della Scultura di Montecarlo. Diverse le sue collaborazioni con scrittori contemporanei tra cui Aldo Busi, Claudio Apone, Marco Lodoli, Giuseppe Pulina, Tiziano Scarpa e Giuseppe Cederna, e con musicisti: gli 883 di Max Pezzali, Timoria, Jovanotti, Andy (Bluvertigo) e Syria. Nell'estate del '98, su incarico della Saatchi & Saatchi, ha eseguito i disegni per le affiches di Piazza del Popolo a Roma, per l'Opera Lirica Tosca di Puccini. Nel 2000 Lodola, da sempre legato al tema della danza, è stato incaricato dal Teatro Massimo di Palermo di realizzare "Gli avidi lumi", quattro totem luminosi alti sei metri, raffiguranti episodi significativi delle nove opere in cartellone. Per l'occasione è stato realizzato un video-documentario di Sergio Pappalettera. Le sculture rimarranno nelle maggiori piazze cittadine, come è già avvenuto a Montecarlo, Riccione, Faenza, Bologna, Paestum e al Castello Visconteo di Pavia. é stato autore delle opere assegnate ai vincitori dell'edizione 2001 del Premio Letterario Nonino. Nel 2001 è stato incaricato di curare l'immagine del Carnevale di Venezia. Per l'occasione la Fondazione Bevilacqua La Masa ha organizzato la mostra "Futurismi a Venezia" con opere sue e di Fortunato Depero. Nel giugno 2002 ha creato la scultura luminosa "A tutta birra" dedicata alla figura del grande imprenditore Venceslao Menazzi Moretti, che è stata collocata nel nuovo parco cittadino di Udine, là dove sorgeva il primo stabilimento della famosa birra. Nel 2003 ha realizzato la luminosa Venerea nell'ambito della mostra "Venere svelata" di Umberto Eco tenutasi al Palazzo delle Belle Arti di Bruxelles, per il quale ha curato anche l'installazione della facciata esterna e la mostra Controluce a Palazzo del Turismo di Riccione che nel 2004 è stata trasferita a San Paolo del Brasile (Museo Brasileiro da Escultura Marilisa Rathsam), Rio de Janeiro (Museo de Arte Moderna), Città del Messico (Polyforum Siqueiros), e al Museo Regional de Guadalajara. Nel 2005 ha realizzato la maglia rosa per l'88¡ Giro d'Italia, il logo per la trasmissione "Speciale per voi..." di Renzo Arbore, nonché la nuova immagine di Roxy bar per Red Ronnie. Nel 2006 è stata collocata un'altra sua scultura luminosa all'aeroporto internazionale di Città del Messico. Nel 1994 è stato invitato ad esporre dal governo della Repubblica Popolare Cinese nei locali degli ex archivi della città imperiale di Pechino. Nel 1996 ha iniziato a lavorare negli Stati Uniti a Boca Raton, Miami e a New York. Ha partecipato alla XII Quadriennale di Roma e alla VI Biennale della Scultura di Montecarlo. Diverse le sue collaborazioni con scrittori contemporanei tra cui Aldo Busi, Claudio Apone, Marco Lodoli, Giuseppe Pulina, Tiziano Scarpa e Giuseppe Cederna, e con musicisti: gli 883 di Max Pezzali, Timoria, Jovanotti, Andy (Bluvertigo) e Syria. Nell'estate del '98, su incarico della Saatchi & Saatchi, ha eseguito i disegni per le affiches di Piazza del Popolo a Roma, per l'Opera Lirica Tosca di Puccini. Nel 2000 Lodola, da sempre legato al tema della danza, è stato incaricato dal Teatro Massimo di Palermo di realizzare "Gli avidi lumi", quattro totem luminosi alti sei metri, raffiguranti episodi significativi delle nove opere in cartellone. Per l'occasione è stato realizzato un video-documentario di Sergio Pappalettera. Le sculture rimarranno nelle maggiori piazze cittadine, come è già avvenuto a Montecarlo, Riccione, Faenza, Bologna, Paestum e al Castello Visconteo di Pavia. é stato autore delle opere assegnate ai vincitori dell'edizione 2001 del Premio Letterario Nonino. Nel 2001 è stato incaricato di curare l'immagine del Carnevale di Venezia. Per l'occasione la Fondazione Bevilacqua La Masa ha organizzato la mostra "Futurismi a Venezia" con opere sue e di Fortunato Depero. Nel giugno 2002 ha creato la scultura luminosa "A tutta birra" dedicata alla figura del grande imprenditore Venceslao Menazzi Moretti, che è stata collocata nel nuovo parco cittadino di Udine, là dove sorgeva il primo stabilimento della famosa birra. Nel 2003 ha realizzato la luminosa Venerea nell'ambito della mostra "Venere svelata" di Umberto Eco tenutasi al Palazzo delle Belle Arti di Bruxelles, per il quale ha curato anche l'istallazione della facciata esterna e la mostra Controluce a Palazzo del Turismo di Riccione che nel 2004 è stata trasferita a San Paolo del Brasile (Museo Brasileiro da Escultura Marilisa Rathsam), Rio de Janeiro (Museo de Arte Moderna), Città del Messico (Polyforum Siqueiros), e al Museo Regional de Guadalajara. Nel 2005 ha realizzato la maglia rosa per l'88¡ Giro d'Italia, il logo per la trasmissione "Speciale per voi..." di Renzo Arbore, nonché la nuova immagine di Roxy bar per Red Ronnie. Nel 2006 è stata collocata un'altra scultura luminosa all'aeroporto internazionale di Città del Messico.