Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Berlino 1936

Gian Marco Montesano


Opere di pittura

inaugurazione: 7 dicembre 2006 - h 18.00

esposizione: dal 7 dicembre 2006 al 4 febbraio 2007

luogo: Sale del Chiostro di S. Agostino - Pietrasanta 

orario: 16.00-19.00; lunedi chiuso

ingresso libero


Comunicato stampa

 (versione in pdf)

 

Giovani atleti intenti, ciascuno, nella propria disciplina. Corpi scultorei, flessuosi ed eleganti, vibranti di energia che si muovono sul campo di gara, pronti alla conquista del podio. Così Gian Marco Montesano ci racconta Berlino 1936. Venti opere di grandi dimensioni per rivivere le emozioni delle famose olimpiadi in cui Jesse Owens vinse ben 4 ori trionfando sui 100 metri piani. Molti i volti noti ritratti dall'artista, tra i quali Ondina Valla, la prima donna italiana a vincere un oro olimpico (80 metri ostacoli).
La mostra Berlino 1936, curata da Valerio Dehò, è promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Pietrasanta (LU), in collaborazione con Della Pina Artecontemporanea, dal 7 dicembre 2006 al 4 febbraio 2007 nelle sale del Chiostro di Sant'Agostino.


Attraverso venti opere di grandi dimensioni, Montesano scandisce un percorso visivo esemplare. Un inno allo sport, ma anche un inno alla gioventù dei protagonisti. La stessa gioventù, bella e vitale, ignara che di lì a poco sarebbe stata tristemente sacrificata alla Seconda Guerra Mondiale.
Le storie raccontate da Gian Marco Montesano fanno parte di un vero e proprio monumento al Novecento e Berlino nel 1936 è certamente un luogo privilegiato per cogliere particolari di un secolo che è stato definito "breve", per mettere in risalto la quantità di eventi, spesso contradditori, che vi si sono agitati.
La pittura dell'artista, originario di Torino, è un'analisi di immagini che tutti sentiamo di conoscere o riconoscere. La sua creatività attinge da foto, film, giornali. I suoi quadri in bianco e nero - olio su tela - sono una inesauribile galleria d'immagini, quasi fotogrammi di quel "Cinema Italia" che lui ha sempre sostenuto di voler raccontare. Gian Marco Montesano è caposcuola di una pittura figurativa asciutta, che evita spesso ogni sentimentalismo o emozione legata al colore.
Con la sua scelta di affrontare, sia pure con ironia, le catastrofi e, nel contempo, le piccole storie che hanno illuminato il secolo appena trascorso, Montesano sa dare un senso e un valore al tempo passato.

"Nel percorso dedicato da Pietrasanta all'arte contemporanea e ai suoi linguaggi più significativi - afferma l'assessore alla cultura Daniele Spina - non poteva mancare Gian Marco Montesano. Una mostra importante, che, con un approccio diretto di taglio cinematografico, rilegge una famosa pagina del Novecento. Un saggio storico terribilmente geniale nella contrapposizione dell'ignara spensieratezza giovanile alle sofferenze e allo strazio imminente. Un monito a non dimenticare per non dover rivivere".

Note biografiche dell'artista


Gian Marco Montesano nasce a Torino nel 1949. Studia nel Seminario Salesiano di Valdocco. Negli anni Settanta la sua predisposizione artistica lo porta prima a Bologna poi a Parigi. I suoi primi soggetti pittorici sono riproduzioni di Madonne e immagini sacre che Montesano ingrandisce e rivisita in chiave postmoderna rivestendole di significati concettuali e teorici. Dalla fine degli anni Ottanta e per tutti gli anni Novanta, Montesano viene inserito nell'ambito del cosiddetto Medialismo, la corrente di revival pittorico di matrice neopop e fumettista del quale è stato piuttosto un precursore assoluto. Un contesto da cui poi si differenzia per le tematiche affrontate, attinte dalla storia del Novecento.
Partecipa alla Biennale di Venezia ed è stato invitato per due volte alla Quadriennale di Roma. Oltre ad essere un affermato pittore, Montesano è un appassionato regista teatrale. La sua Compagnia Florian, con sede a Pescara, ha presentato spettacoli in Italia ed in Europa.

 

Mostra: Berlino 1936
Artista: Gian Marco Montesano
Curatore: Valerio Dehò
Date esposizione: 7 dicembre 2006 - 4 febbraio 2007
Luogo: Chiostro di Sant'Agostino, Pietrasanta
Orario: 16.00-19.00; lun. chiuso
Ingresso: libero

 

 

 

Ufficio Stampa Assessorato alla Cultura
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795500; fax 0584/795588
e-mail: cultura@comune.pietrasanta.lu.it
www.comune.pietrasanta.lu.it

Presentazione

Scatti dal passato
"Mens sana in corpore sano", afferma un motto latino. Al di sopra di ogni altra ideologia storico-politica, questa sembra l'idea base che corre come un leitmotiv attraverso le opere incluse nella mostra Berlino 1936 di Gian Marco Montesano a Pietrasanta. Appare elogio ad una semplice quotidianità, che esalta le piccole gioie della vita e la soddisfazione degli atleti nel celebrare lo sport con grande passione e assoluta dedizione, sono immagini documentarie di figure esemplari e statuarie, modelli di bravura e perfezione, che però, nonostante le loro meritevoli prodezze, rimangono sempre anonimi. Sono situazioni "sottovuoto" senza possibilità di modifica, in cui l'eventuale azione descritta resta estranea all'osservatore, che non può e non riesce a venire coinvolto dalla scena. Questa presa di distanza dalla realtà, con relativo senso del vuoto e dell'impalpabile, viene ancora più accentuata dall'effetto monocromo dei colori sulla tela, come una fotografia in bianco e nero, che aspetti solo un accenno di colore apportato a mano per entrare in comunicazione con noi, per passare dallo straniamento di una Storia deconsensualizzata ad una Storia fatta di storie vere, vissute nella drammaticità dell' hic et nunc.

L'astratta esemplarità di questi campioni acquista forza grazie ad una onnipresente memoria collettiva, ricordata o riportata che sia. é una celebrazione di un tempo che non c'è, che forse è stato, ma di cui non abbiamo certezza, ma che sicuramente non si ripeterà a patto che se ne conservi una consapevole memoria: è una dimensione sospesa, irreale nella sua rappresentazione di una realtà immaginata. Ed è così che si trasforma in elemento artistico, in un linguaggio altro, ma universale, onnicomprensibile. E qui risiede la bravura di Gian Marco Montesano, che in questa stagione, grazie a Della Pina Arte Contemporanea, presenta queste sue tele nelle sale dello storico Chiostro di Sant'Agostino.

Pietrasanta, dicembre 2006
L' Assessorato alla Cultura


Berlino 1936

Vi sono date e città che non si possono dimenticare. Berlino, capitale tedesca, simbolo della potenza delirante del nazismo ma anche simbolo di modernità innovazione, tempio dell'architettura tra ottocento e novecento. La data, 1936, sta a ricordare le più famose Olimpiadi della storia. Un organizzazione perfetta, una folla delirante, un' immagine di forze e giovinezza che Hitler voleva dare al mondo intero: tutto questo fa parte dell'immaginario del secolo scorso. Le Olimpiadi rese celebri da Leni Riefensthal e dal suo celebre film, ma anche le olimpiadi in cui si celebrava il mito della razza ariana, messo in crisi dalla prestazione di Jesse Owens sui 100 metri piani.
La storia e le storie che Gian Marco Montesano racconta fanno parte di un vero e proprio monumento al Novecento e Berlino nel 1936 è certamente un luogo privilegiato per cogliere particolari di un secolo che è stato definito "breve", per mettere in risalto la quantità di eventi, spesso contradditori, che vi si sono agiati. La pittura dell'artista originario di Torino, è un'analisi di immagini che tutti sentiamo di conoscere , o di riconoscere. La sua creatività attinge da foto, film, giornali, da quell'immensa rappresentazione mediatica che proprio le dittature, Nazismo, Fascismo e Stalinismo, hanno così bene saputo usare per 4 fini propagandistici.
In una ventina di quadri, spesso di grandi dimensioni, Montesano scandisce un percorso visivo esemplare. Una storia nella Storia, un inno allo sport che è rappresentazione dell'ideologia , ma anche un inno alla gioventù dei protagonisti. La stessa gioventù che il Novecento in quegli anni stava rapidamente perdendo, per trovarsi di fronte al baratro della Seconda Guerra Mondiale.
Gian Marco Montesano è uno dei più famosi artisti italiani, ed è caposcuola di una pittura figurativa asciutta, che evita spesso anche ogni sentimentalismo o emozione legata al colore. I suoi quadri in bianco e nero sono una inesauribile galleria di immagini, quasi i fotogrammi di quel " Cinema Italia" che lui ha sempre sostenuto di voler raccontare. I suoi quadri legati alla storia, ai grandi dittatori, alle ideologie sconfitte dalla " fine della storia" della globalizzazione e del capitalismo come unico sistema economico del pianeta, è qualcosa di unico nel panorama mondiale. La sua scelta di affrontare, seppur con ironia, le catastrofi e nel contempo, le piccole storie che hanno illuminato il Novecento, rifiuta ogni nostalgia, ma sa dare un senso e un valore al tempo passato.
Montesano ha partecipato alla Biennale di Venezia ed è stato invitato per due volte alla Quadriennale di Roma.
Vi sono date e città che non si possono dimenticare. Berlino, capitale tedesca, simbolo della potenza delirante del nazismo ma anche simbolo di modernità innovazione, tempio dell'architettura tra ottocento e novecento. La data, 1936, sta a ricordare le più famose Olimpiadi della storia. Un organizzazione perfetta, una folla delirante, un'immagine di forze e giovinezza che Hitler voleva dare al mondo intero: tutto questo fa parte dell'immaginario del secolo scorso. Le Olimpiadi rese celebri da Leni Riefensthal e dal suo celebre film, ma anche le olimpiadi in cui si celebrava il mito della razza ariana, messo in crisi dalla prestazione di Jesse Owens sui 100 metri piani.
La storia e le storie che Gian Marco Montesano racconta fanno parte di un vero e proprio monumento al Novecento e Berlino nel 1936 è certamente un luogo privilegiato per cogliere particolari di un secolo che è stato definito "breve", per mettere in risalto la quantità di eventi, spesso contradditori, che vi si sono agiati. La pittura dell'artista originario di Torino, è un'analisi di immagini che tutti sentiamo di conoscere , o di riconoscere. La sua creatività attinge da foto, film, giornali, da quell'immensa rappresentazione mediatica che proprio le dittature, Nazismo, Fascismo e Stalinismo, hanno così bene saputo usare per 4 fini propagandistici.
In una ventina di quadri, spesso di grandi dimensioni, Montesano scandisce un percorso visivo esemplare. Una storia nella Storia, un inno allo sport che è rappresentazione dell'ideologia , ma anche un inno alla gioventù dei protagonisti. La stessa gioventù che il Novecento in quegli anni stava rapidamente perdendo, per trovarsi di fronte al baratro della Seconda Guerra Mondiale.
Gian Marco Montesano è uno dei più famosi artisti italiani, ed è caposcuola di una pittura figurativa asciutta, che evita spesso anche ogni sentimentalismo o emozione legata al colore. I suoi quadri in bianco e nero sono una inesauribile galleria di immagini, quasi i fotogrammi di quel " Cinema Italia" che lui ha sempre sostenuto di voler raccontare. I suoi quadri legati alla storia, ai grandi dittatori, alle ideologie sconfitte dalla " fine della storia" della globalizzazione e del capitalismo come unico sistema economico del pianeta, è qualcosa di unico nel panorama mondiale. La sua scelta di affrontare, seppur con ironia, le catastrofi e nel contempo, le piccole storie che hanno illuminato il Novecento, rifiuta ogni nostalgia, ma sa dare un senso e un valore al tempo passato.
Montesano ha partecipato alla Biennale di Venezia ed è stato invitato per due volte alla Quadriennale di Roma.
Vi sono date e città che non si possono dimenticare. Berlino, capitale tedesca, simbolo della potenza delirante del nazismo ma anche simbolo di modernità innovazione, tempio dell'architettura tra ottocento e novecento. La data, 1936, sta a ricordare le più famose Olimpiadi della storia. Un organizzazione perfetta, una folla delirante, un'immagine di forze e giovinezza che Hitler voleva dare al mondo intero: tutto questo fa parte dell'immaginario del secolo scorso. Le Olimpiadi rese celebri da Leni Riefensthal e dal suo celebre film, ma anche le olimpiadi in cui si celebrava il mito della razza ariana, messo in crisi dalla prestazione di Jesse Owens sui 100 metri piani.
La storia e le storie che Gian Marco Montesano racconta fanno parte di un vero e proprio monumento al Novecento e Berlino nel 1936 è certamente un luogo privilegiato per cogliere particolari di un secolo che è stato definito "breve", per mettere in risalto la quantità di eventi, spesso contradditori, che vi si sono agiati. La pittura dell'artista originario di Torino, è un'analisi di immagini che tutti sentiamo di conoscere , o di riconoscere. La sua creatività attinge da foto, film, giornali, da quell'immensa rappresentazione mediatica che proprio le dittature, Nazismo, Fascismo e Stalinismo, hanno così bene saputo usare per 4 fini propagandistici.
In una ventina di quadri, spesso di grandi dimensioni, Montesano scandisce un percorso visivo esemplare. Una storia nella Storia, un inno allo sport che è rappresentazione dell'ideologia , ma anche un inno alla gioventù dei protagonisti. La stessa gioventù che il Novecento in quegli anni stava rapidamente perdendo, per trovarsi di fronte al baratro della Seconda Guerra Mondiale.
Gian Marco Montesano è uno dei più famosi artisti italiani, ed è caposcuola di una pittura figurativa asciutta, che evita spesso anche ogni sentimentalismo o emozione legata al colore. I suoi quadri in bianco e nero sono una inesauribile galleria di immagini, quasi i fotogrammi di quel " Cinema Italia" che lui ha sempre sostenuto di voler raccontare. I suoi quadri legati alla storia, ai grandi dittatori, alle ideologie sconfitte dalla " fine della storia" della globalizzazione e del capitalismo come unico sistema economico del pianeta, è qualcosa di unico nel panorama mondiale. La sua scelta di affrontare, seppur con ironia, le catastrofi e nel contempo, le piccole storie che hanno illuminato il Novecento, rifiuta ogni nostalgia, ma sa dare un senso e un valore al tempo passato.
Montesano ha partecipato alla Biennale di Venezia ed è stato invitato per due volte alla Quadriennale di Roma.
Vi sono date e città che non si possono dimenticare. Berlino, capitale tedesca, simbolo della potenza delirante del nazismo ma anche simbolo di modernità innovazione, tempio dell'architettura tra ottocento e novecento. La data, 1936, sta a ricordare le più famose Olimpiadi della storia. Un organizzazione perfetta, una folla delirante, un'immagine di forze e giovinezza che Hitler voleva dare al mondo intero: tutto questo fa parte dell'immaginario del secolo scorso. Le Olimpiadi rese celebri da Leni Riefensthal e dal suo celebre film, ma anche le olimpiadi in cui si celebrava il mito della razza ariana, messo in crisi dalla prestazione di Jesse Owens sui 100 metri piani.
La storia e le storie che Gian Marco Montesano racconta fanno parte di un vero e proprio monumento al Novecento e Berlino nel 1936 è certamente un luogo privilegiato per cogliere particolari di un secolo che è stato definito "breve", per mettere in risalto la quantità di eventi, spesso contradditori, che vi si sono agiati. La pittura dell'artista originario di Torino, è un'analisi di immagini che tutti sentiamo di conoscere , o di riconoscere. La sua creatività attinge da foto, film, giornali, da quell'immensa rappresentazione mediatica che proprio le dittature, Nazismo, Fascismo e Stalinismo, hanno così bene saputo usare per 4 fini propagandistici.
In una ventina di quadri, spesso di grandi dimensioni, Montesano scandisce un percorso visivo esemplare. Una storia nella Storia, un inno allo sport che è rappresentazione dell'ideologia , ma anche un inno alla gioventù dei protagonisti. La stessa gioventù che il Novecento in quegli anni stava rapidamente perdendo, per trovarsi di fronte al baratro della Seconda Guerra Mondiale.
Gian Marco Montesano è uno dei più famosi artisti italiani, ed è caposcuola di una pittura figurativa asciutta, che evita spesso anche ogni sentimentalismo o emozione legata al colore. I suoi quadri in bianco e nero sono una inesauribile galleria di immagini, quasi i fotogrammi di quel " Cinema Italia" che lui ha sempre sostenuto di voler raccontare. I suoi quadri legati alla storia, ai grandi dittatori, alle ideologie sconfitte dalla " fine della storia" della globalizzazione e del capitalismo come unico sistema economico del pianeta, è qualcosa di unico nel panorama mondiale. La sua scelta di affrontare, seppur con ironia, le catastrofi e nel contempo, le piccole storie che hanno illuminato il Novecento, rifiuta ogni nostalgia, ma sa dare un senso e un valore al tempo passato.
Montesano ha partecipato alla Biennale di Venezia ed è stato invitato per due volte alla Quadriennale di Roma.

Valerio Dehò

Critica

Il tempo si è fermato nei quadri di Montesano. Senza indulgenze nostalgiche e senza stucchevoli visioni fanè, il suo lavoro cataloga la memoria del nostro passato recente in un'immensa enciclopedia per immagini. Se è vero che all'origine delle sue opere vi è spesso una fotografia o un'immagine tratta da libri e giornali, cioè un deja vu, l'insieme delle sue forma un rosario di associazioni visive, che alterna i grandi temi della storia alle vicende più private, anche personali. La personalità di ogni individuo è condizionata da numerosi fattori che si rifanno per la gran parte al vissuto, anche se non percepito e immediato. Quello di Gian Marco Montesano è uno sguardo sulla Storia e sulle storie personali, private, sulle influenze reciproche tra grandi e piccoli eventi. Tutto questo avviene più immediatamente in quegli individui, come gli artisti, che sono dotati di maggiore sensibilità. Il XX secolo è stato un secolo caratterizzato certamente da profondi contrasti politici, religiosi e quindi sociali. Le tensioni anche se si sono manifestate più evidentemente in certe tendenze pittoriche, soprattutto tedesche, hanno evidentemente coinvolto quest' artista dotato più di altri della capacità di risentirne. La "pittura di Storia" sembrava appartenere al secolo di Hayez e Fattori. La violenza, di cui la guerra è l'espressione più crudele e vera, può essere in grado di dominare il sistema; dalla guerra derivano posizioni dure e spesso non giuste. Se guerra e violenza hanno questo potere l'unico mezzo per uscire da un tunnel apparentemente senza confini è quello di elevarsi dalle cose terrene. Lo sport risponde a questo scopo; salire verso l'alto ha il duplice significato di ridurre a niente l'impatto di grandi cose e di avvicinare l'uomo al Mito. Questo ha e può avere i tratti di un paganesimo a cui certo il Nazismo ha saputo degnamente contribuire, cercando di saldare la distanza tra l'Uomo e Dio, non certo come un Essere inaccessibile e chiuso in sé stesso, ma che apre il suo sguardo verso l'uomo e partecipa delle sue miserie. Se a questo concetto associamo la nitidezza del tratto, la chiarezza dei colori e l'immediatezza della immagine, scopriamo tutta la poesia di questo artista combattuto tra la disperazione, la speranza e la consapevolezza che il tempo, passando inesorabile, rafforza la speranza stessa. Lo spirito pagano moltiplica gli esseri intermedi e intermediari tra Visibile e invisibile, l'atleta come il santo, ci racconta di un'altra realtà, di un desiderio dell'uomo di rompere i confini della fisicità, i recinti della scienza naturale. La chiave di lettura dunque è una chiave profonda e sofferta, non certo incline al pessimismo distruttore o ad un nichilismo senza ritorno. In questa costruzione la Storia e le storie semplici e individuali. come quella di Ondina Valla, trovano un apoteosi che trasforma gli atleti in eroi classici. Avviene una straordinaria fusione tra antico e contemporaneo, tra l'umiltà dei semplici e gli ideali di uscire dall'umano per raggiungere direttamente il divino. Del resto quando nel 1896 ad Atene si ripristinano le Olimpiadi, lo scopo era proprio quello di elevare la civiltà "moderna", cioè di un Ottocento maturo e produttivo, verso valori eterni, non mutabili dalle forme del potere e della politica. Il nome di Olympia doveva diventare un idea di progresso nel nome di valori assoluti. Tutto dunque è dominato da una cifra intensa e partecipata che permette di scoprire, nella ritrovata immagine, la consapevolezza di una realtà non costruita sulle macerie, ma sulla volontà proprio per questo più sincera e moderna. Allora Montesano ha saputo creare nel corso del suo lavoro, un'oasi metafisica che partendo dalla storia, dallo sviluppo temporale congelato nelle sue immagini, si allarga fino al nostro presente, con la minima ironia del caso, ma con la certezza che quanto perduto è ancora vivo e vitale. é questo un primo dato su cui soffermarsi. In effetti, la Storia si frammenta in cento, mille storie che sono tutte importanti, ma ciascuna è diversa dall'altra. In altri termini accade che se nel complesso risulta una Storia unica affollata di percorsi distinti, non va sottovalutato che lo sguardo dell'artista arriva al di là dei grandi eventi, va alla gente comune coinvolta suo malgrado in uno spettacolo che non hanno voluto. Persone che spesso non sapevano neppure cosa stessero facendo, se non quella di obbedire a qualcuno o a qualcosa. Alla fine non sono il Piccolo Padre, cioè il terribile Stalin, o l'ex studente dell'Accademia di Belle Arti, Adolf Hitler, a risultare veri, magari sono quei personaggi comuni che cercano la bellezza nel gesto atletico, nella competizione oppure nell'amarezza della sconfitta. La monumentalità non appartiene all'artista anche se la sa rappresentare in una forma svincolata dal tempo, in quella "scuola del silenzio" che è la pittura. I grandi temi della guerra e dei conflitti ideologici sono riportati da Montesano con un'ambiguità estremamente funzionale alla riuscita dell'opera. L'ambiguità sta nel dosare l'ironia con una certa trionfalità quasi scontata per altro nelle immagini di regime. Del resto non vi è nulla di scontato nel suo lavoro. L'artista gioca su più tavoli per sfuggire alla classificazione, per prendersi la libertà di deviare da una linea data. I dittatori, i grandi dittatori, talvolta sono quello che è dato di vedere dalle immagini retoriche in grado di spostare le masse, dall'altra sono messi alla berlina con garbo e spiazzante ironia. Montesano sta attento a non rivelarsi nelle storie che racconta. Le vuole mettere tutte sullo stesso piano, ma i materiali bruciano a differenti temperature e l'indifferenza è una conquista lenta e difficile. Eppure l'artista ci prova, spesso riuscendoci, a ribaltare il piano storico sull'asse del presente creando questa enciclopedia per immagini che ha un vago suono d'ammonimento e disvela il vuoto clamoroso di chi ha aperto il vaso di Pandora e non ha trovato nulla. Non sempre è sopportabile l'eredità della memoria. Alla fine il lavoro di Montesano può apparire come un album di vecchie fotografie dimenticato in soffitta. Ma l'artista sembra porre continuamente la domanda se possa esistere del sentimento senza il corollario del sentimentalismo che ne costituisce il liquor mortis. Non vuole cascare nella trappola del dolciastro e quando ci cade, lo rende talmente edulcorato da provare un divertito disgusto. L'eccesso paga, anche quando per sottrazione cerca di essere pura registrazione del già dato. Credo che questo sia il fascino delle opere di Gian Marco Montesano che non ha mai fatto del proprio Io il centro dell'Universo, ma ha fatto della professione di cinismo, l'asse portante (e importante) del proprio lavoro. Però si deve badare che questo cinismo non solo è talmente ostentato che talvolta appare sospetto. é una volontà di non piacere troppo, anche in un'arte in superficie tradizionalista. Senza aver mai corteggiato mode tecnologiche, anzi odiandole, senza aver mai fatto una fotografia in vita sua, il pittore Montesano ci ha fornito lo sguardo più lucido e crudele su quello che siamo e sui limiti dell'arte attuale.

VALERIO DEHO'

Biografia

Gian Marco Montesano nasce a Torino nel 1949. Studia nel Seminario Salesiano di Valdocco. Negli anni Settanta la sua predisposizione artistica lo porta prima a Bologna poi a Parigi. I suoi primi soggetti pittorici sono riproduzioni di Madonne e immagini sacre che Montesano ingrandisce e rivisita in chiave postmoderna rivestendole di significati concettuali e teorici. Dalla fine degli anni Ottanta e per tutti gli anni Novanta, Montesano viene inserito nell'ambito del cosiddetto Medialismo, la corrente di revival pittorico di matrice neopop e fumettista del quale è stato piuttosto un precursore assoluto. Un contesto da cui poi si differenzia per le tematiche affrontate, attinte dalla storia del Novecento. Partecipa alla Biennale di Venezia ed è stato invitato per due volte alla Quadriennale di Roma. Oltre ad essere un affermato pittore, Montesano è un appassionato regista teatrale. La sua Compagnia Florian, con sede a Pescara, ha presentato spettacoli in Italia ed in Europa.