Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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La sfera, simbolo dell'essere

Jimènez Deredia


 Opere di scultura

inaugurazione: 10 luglio 2005- h 19.00 

esposizione: dal 10 luglio al 31 agosto 2005

luogo: Parco de La Versiliana - Marina di Pietrasanta

orario: 10.00-13.00/17.00-24.00

ingresso libero 


Comunicato stampa

 (versione in pdf)

 

Contatto stampa: Francesca Navari
Ufficio Stampa
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795226; fax 0584/795269
e-mail: gabinetto.sindaco@comune.pietrasanta.lu.it
www.museodeibozzetti.it

 


Mostra: La sfera, simbolo dell'essere
Artista: Jiménez Deredia
Date esposizione: 10 luglio-31 agosto 2005
Inaugurazione: domenica 10 luglio 2005, ore 19,00
Luogo: Parco La Versiliana, Viale Morin,16 - Marina di Pietrasanta
Orario apertura: mattina 10-13/ pomeriggio 17-24
Ingresso: gratuito


L'Assessorato alla Cultura del Comune di Pietrasanta e la Fondazione La Versiliana sono onorati di presentare la prestigiosa mostra personale di sculture dell'artista del Costa Rica Jiménez Deredia. Lo scultore di fama internazionale espone La sfera, simbolo dell'essere nel Parco de La Versiliana dal 10 luglio al 31 agosto 2005. La mostra, accompagnata da elegante catalogo con fotografie ad hoc delle opere posizionate in sito, s'inaugura alla presenza dell'artista, domenica 10 luglio 2005 alle ore 19,00.

L'artista presenta per la prima volta a Pietrasanta dieci sculture monumentali e di medie dimensioni in marmo ed in bronzo nell'ameno Parco de La Versiliana, ove sicuramente ben si sposeranno nell'ambiente in cui verranno inserite. Importanti soprattutto Canto a la vida e la Genesi, in bronzo, composte entrambe di quattro pezzi, che sviluppandosi in lunghezza, simboleggiano l'evolversi della vita nelle sue fasi più salienti. Juego invece saluterà l'ingresso allo Spazio Bambini, mentre La flautista - già esposta per un lungo periodo a Marina di Pietrasanta - darà il benvenuto al Teatro de La Versiliana. Le altre opere in mostra, Recuerdo profundo, Encuentro, Germinación ed il suo Autoritratto saranno dislocate un po' intorno alla Villa ed un po' nel Parco a seconda della vegetazione e delle dimensioni dello spazio.


www.deredia.com

Presentazione

Non a caso, una delle opere del Maestro Deredia si chiama Germinacion, che in italiano significa appunto germinazione. E così è stato quando abbiamo avuto la fortuna di assistere alla collocazione di queste dieci sculture monumentali di Jiménez Deredia nel rigoglioso Parco de La Versiliana a Marina di Pietrasanta: un momento magico in cui le sculture in candido marmo di Carrara ed in rilucente bronzo scuro sono quasi ‘sbocciate' sotto i nostri occhi, adattandosi in modo estremamente naturale all'ambiente circostante. Grandi figure femminili che trasmettono un'infinita sensazione di pace dominano la scena. Il loro sorriso appena accennato comunica amore e serenità, le loro forme morbide ben si sposano con il fondo dei pini marittimi proiettati verso il cielo e con la mirabile esplosione di fiori dai molteplici colori.

 

Ed è tutto un nascere, un inno alla vita: dalla sfera, forma di perfezione assoluta che in nuce già racchiude in sé tutto l'universo, si passa a sculture sempre più ovoidali, fino ad arrivare alla figura umana - femminile - traduzione ideale del grande cosmos. I visitatori, passeggiando amenamente per il Parco, possono inconsciamente già recepire l'origine della vita, nel suo pregnante significato di totalità di valori profondi, in cui la trasmutazione dalla natura primigenia a quella umana è evidente. La mostra si sviluppa perciò come un'ideale passeggiata in una vita e natura dall'aspetto quasi incontaminato, educato in realtà dalla mano esperta dell'uomo, che lo trasforma, rendendolo godibile e prezioso ai suoi fruitori.

Questa Amministrazione desidera ringraziare sentitamente il Maestro Deredia per la sua estrema disponibilità e collaborazione, nonché per la sua impeccabile organizzazione, che ha fatto sì che questo milagro de arte e natura si compisse in completa armonia.

Pietrasanta, luglio 2005

L'Assessorato alla Cultura

 

Critica

L'inizio del Vedere

Gli artisti per lungo tempo hanno contemplato il mondo come un mistero cosmico di grandiose proporzioni che potrebbe solo venire concepito attraverso un linguaggio visivo di simboli. Nella loro ricerca di capire questi simboli, in modo da elevare il loro lavoro concettualmente e intellettualmente, spesso si sforzano di entrare in un discorso storico sul ruolo dei segni nella visione artistica mondiale. Quali sono i segni ed i simboli più significativi? Chi li ha creati? Perché? Quando delle semplici annotazioni sono diventate oggetti? Come può un artista contemporaneo essere così spavaldo da includere il suo lavoro in discussioni così antiche?

Jorge Jiménez Deredia sa da molto tempo che le opere d'arte veramente ispirate possono essere solo create quando comprese all'interno del contesto visivo simbolico del passato. L'inizio del vedere che è avvenuto in tempi preistorici ha indirizzato nozioni sulla natura e la relazione dell'uomo con i suoi poteri. Deredia è ispirato da un simile bisogno di dare significato visivo a questi misteri eterni. La sua scultura esplora il cerchio o la sfera, discutibilmente i simboli geometrici più importanti e diffusi, e la sua relazione alla forma umana. La forma del cerchio corrisponde a quella del sole e della luna come ci appaiono sulla terra. Nella filosofia dei Platonisti, il cerchio è l'estrema, forma perfetta. Rappresenta l'eternità, un'espressione di perfezione senza principio né fine, senza una direzione. Il cielo è una cupola rotonda; il buddismo Zen dichiara il cerchio come schiarimento con la perfezione dell'umanità in unità con il suo principio primario; i simboli cinesi di Yin e Yang sono racchiusi all'interno di un cerchio per denotare l'armonia dell'universo. Culture di tutte le parti del mondo hanno adottato il cerchio come il più potente e significativo dei simboli.

Deredia descrive il suo primo incontro con la potenza della sfera, un cerchio tridimensionale, all'età di nove anni nel 1963 quando vide per la prima volta un gruppo di sfere Pre-Colombiane al Museo Nazionale di San José nella sua patria, il Costa Rica. Queste hanno fanno un'enorme impressione su di lui e per anni ha ricercato il loro significato e storia. Le sfere, di granito lucidato in varie misure, che possono essere grandi fino a 15 tonnellate di peso, erano state allineate una volta sul terreno secondo schemi astronomici. Create dal popolo Boruca del Costa Rica più di settecento anni fa, le sfere furono una volta contate nell'ordine delle centinaia, e forse anche di più. Esse rappresentano non solo la forza vitale di queste antiche genti, come simbolo di perfezione cosmica, ma sono anche esempi ideali di scultura astratta e la vera natura del loro contenimento spaziale è ancora l'ispirazione per l'estetica molto contraddistinta che viene descritta nelle sculture di Deredia.

Rendendo omaggio ai popoli antichi e ad alla loro straordinaria comprensione del cielo e dei sentieri astronomici che hanno determinato la forza vitale della terra, Deredia include nozioni di eternità con l'essenza spirituale degli esseri umani, specialmente la femmina, la Grande Madre e Dea della Fertilità, riverite in tutto il mondo. Ad ogni modo, questa trasmutazione tra forme fisiche e geometriche che è l'essenza dei suoi lavori, si manifesta in un tipo di scultura che trascende da una singola identità. Le figure s'intrecciano con le sfere e tra di loro. C'è un'unità organica in ogni oggetto scultoreo, con la sua figurazione, sia astratta che naturale, e l'analogo carattere di un linguaggio figurato primitivo e mitico, sua espressione innata del significato di vita. C'è anche felicità e senso dell'umorismo nella scultura di Deredia. Nelle sue forme umane arrotondate, definite come una serie di relazioni ritmiche e forme ondulate, Deredia dota le sue figure di fertilità archetipa con ampie masse e sorrisi di bambino. Ogni viso è tanto sereno e pacifico nella sua espressione quanto l'armoniosa sintesi che si trova nelle loro forme avvolgenti. Le sfere che hanno ispirato le loro forme eseguono una giocosa routine e traggono nuova vita che va oltre alle loro origini geometriche. Alcune figure emergono anche da forme a sembianza d'uovo con riferimento profondo all'essenza della vita. Queste sculture ovoidali, che spesso morph dentro e fuori delle loro associazioni naturali, sono in particolar modo belle quando ricavate dal puro marmo bianco.
Deredia riconosce che la scelta del materiale influisce sul contenuto ed il marmo si presta alla contemplazione delle origini di vita. La sua conoscenza intima ed il rispetto per i materiali lo mettono in grado di non solo di tradurre i suoi oggetti da pietra in bronzo e lavorare in tre dimensioni, tanto quanto in bassorilievo, ma di guadagnare armonia perfetta tra forma e contenuto in tutti i suoi lavori.

Dilatandosi oltre la sferica verso altre forme geometriche, come triangoli, l'artista continua la sua gamma di riferimenti dal matematico al simbolico. Sempre conscio del complemento architettonico verso le forme organiche di natura, sviluppa altre elementi compositivi per commentare ulteriormente sulle interrelazioni delle dinamiche di vita.

La semplicità e dignità delle sue forme ed il suo approccio chiaro verso il materiale risultano in un'estetica personale che tanto intellettualmente informata quanto bella. Per Jorge Jiménez Deredia, l'arte della scultura è un atto di armonia ed equilibrio ispirato dall'inizio del vedere ed un antica venerazione verso la natura.

Carol Damian
Professore e Preside, Facoltà di Arte e Storia dell'Arte
Florida International University, Miami

 

Dal Costa Rica delle sfere precolombiane Boruca, emblemi di una civiltà antica di quattromila anni, alla lucente Carrara delle cave di marmo, passando per la facoltà di architettura di Firenze e quindi per Arnolfo e per Brunelleschi, per Michelozzo e per l'Alberti ma anche per Michelucci, per Ricci, per Ravioli. L'approdo - allo zenith dei cinquant'anni, al vertice della vita e della carriera - è oggi, per lui, sotto il cielo della Toscana, a Molicciara, piccolo borgo che sta fra il marmo e il mare. In queste poche righe è possibile stringere la storia e il destino di Jiménez Deredia, scultore.

Si arriva a Carrara da molte parti del mondo perché il marmo è un irresistibile magnete. Prima di essere un medium, il marmo che Giovanni Pisano e Michelangelo amarono, è un mito. Anzi è il Mito. E poiché è proprio del Mito trasfigurate in archetipi eterni le emozioni e le pulsioni di ognuno, nel marmo di Carrara gli scultori stranieri che hanno scelto di diventare toscani, si guardano come in uno specchio. Riconoscono e mettono a fuoco la loro cultura di origine e (se sono bravi, se li soccorre quella fulminea metalogica capacità di intuizione che altri chiamano "talento") sublimano e assolutizzano, nel confronto e nella sintesi con altre suggestioni culturali, quel patrimonio di partenza.

Il risultato sarà la proposta armonica e definitiva, il segno identitario che distingue l'artista, quel marchio imperioso e inconfondibile che non si può definire in altro modo se non con la parola "stile".

Jiménez Deredia ha vissuto, ha governato e ha portato felicemente al risultato questo genere di esperienza. Straniero dell'America Latina, teneva nella mente e nel cuore gli archetipi della civiltà precoloniali. Erano forme chiuse, presenze silenziose portatrici d'indecifrabili messaggi le sfere di granito che gli indiani Boruca misteriosamente, criticamente distribuirono nelle foreste pluviali del Costa Rica. Ma in quegli oggetti arcaici c'era l'idea d'assoluto. C'era l'immanenza metafisica, c'era l'oscuro pensiero di Dio, come nella pietra nera del celebre film di Kubrick. Nelle sculture di Deredia quell'impressione iniziatica, quell'imprinting profondo, sono rimasti e, in terra toscana, hanno potuto germinare come semi ricchi di futuro.

La nuova patria ha insegnato a Deredia la religione della misura, dell'ordine, dell'esattezza. A Firenze e a Carrara, scultore del Costa Rica, ha capito che il vero visibile è innervato di idee e che le idee si esprimono attraverso rapporti proporzionali, dentro il melodioso ritmo della vita. I suoi bronzi e i suoi marmi -- levigati, intatti, chiusi e autosufficienti come una cosa della natura, come una foglia, come una conchiglia, come un sasso -- obbligano ad un approccio di tipo assoluto. Sollecitano domande perentorie, prevedono risposte definitive anche quando appaiono polivalenti e ubique, perché, come le sentenze dei libri misterici, sono per tutti e per ognuno.

In questo senso le sue sculture fanno pensare agli ideogrammi e ai totem; di questi ultimi hanno la sacralità, dei primi condividono la complessità e l'ambiguità. "Immagini cosmiche" ha definito Pierre Restany certe opere ultime di Deredia perché mimano, anche quando rappresentano forme umane, la semplicità e la circolarità delle forme concluse. La sfera è figura del mondo che è eterno perché è circolare e circolari sono le sue donne, i suoi fiori, le sue palle di bronzo sovrapposte. Opere concluse e perfette sotto il cielo com'erano, quattromila anni fa, i misteriosi monumenti di pietra degli Indiani Boruca.

Antonio Paolucci

 

La sfera, emblema dell'essere al di là del nulla

Concepito a partire dal principio cosmico della sfera, l'allineamento delle forme della Genesi sbocca nella pienezza della figura umana. La scultura Genesi di Jiménez Deredia - che illustra il processo permanente della transustanziazione, nel corso del quale l'essere trova la sua identità nella dinamica universale del processo stesso -, è un richiamo all'ordine, senza ambiguità né compromessi.
Jiménez Deredia è venuto dalla Costa Rica per svelarci l'evidenza di questo fenomeno: l'inesorabile passaggio dal simbolo cosmico in una figura umana.
La lettura di questo monumento alla vita è una risposta al problema che l'essere si pone in rapporto alla sua esistenza. È un problema fondamentale per la giustificazione esistenziale dell'essere, ed è una risposta ottimista alla grande tentazione al vuoto che angustia la nostra società moribonda.
L'estrema attualità di questa metafora è tanto più affascinante in quanto si riferisce alla cultura di un'etnia fino a qui dimenticata e che era specifica della Costa Rica precolombiana.
Mentre le etnie dominanti praticavano la crudeltà sanguinosa di un politeismo votato all'immagine della potenza delle forze naturali, i Borucas riprendevano il problema dell'essere e dell'esistenza: una giustificazione che testimonia una sensibilità razionale fuori dal comune. Questo pensiero, oggi corrente, i Borucas lo coltivavano già 2500 anni fa, attraverso l'allineamento delle loro sfere di granito che testimoniano la loro sensibilità verso questa visione cosmica.
A partire da questo riferimento, che sta rivoluzionando l'identità precolombiana del suo paese, Deredia dà forma a un linguaggio di fusione tra spazio e tempo che lascia intravedere una presa di coscienza più direttamente poetica della realtà, al di là degli abusi della comunicazione globale.
Il numero 4 gioca un ruolo importante, allo stesso modo della sfera, nella prospettiva assunta dall'artista di un ritorno alla dimensione piena e totale della creatività vitale. Siamo in presenza di un'opera che trova la sua piena giustificazione nel proselitismo naturale che incarna. Deredia non ha paura dell'ampiezza universale di un pensiero e di una visione, di un agire e di un fare. Nessuna frattura, nessuna perplessità è tollerata nella fiammeggiante energia del sistema formale.
Se la portata del pensiero è senza limiti, la sensualità delle sue opere testimonia la loro dinamica universale. Deredia dà alla sua visione della vita, luminosa ed illuminata, il senso di un'attualità che va al di là dei modi della tecnologia o del consumismo. Il suo talento e il suo potere di evocazione carnale ci fanno meditare sulla profondità umana dei nostri rapporti umani, in un'azione che non ammette il compromesso, liberata dai piccoli complessi di affermazione o d'identificazione che sono frutto dell'avanzamento del vuoto, ad immagine del suo autore che non ammette il dubbio.
Le sue sculture sono dei messaggi di amore e di energia positiva. Ci mostrano, in piena luce, così come in piena sensualità, la verità dell'essere messo a nudo dalla scoperta della sua appartenenza organica alla dinamica atemporale dell'universo, ed infine, per dare più significato umano alla permanenza della sua visione, Jiménez Deredia, costaricano, ci ricorda che più di due millenni fa, in contrasto globale con la mitologia animista di un'epoca lontana, la piccola etnia Boruca viveva già al ritmo dell'essere e del nulla.

Pierre Restany
Parigi, 10 aprile 2003

 

Biografia

Jiménez Deredia nasce a Heredia, Costa Rica il 4 d'ottobre del 1954.
Nel 1978 si diploma in scultura all'Accademia delle Belle Arti di Carrara e dal 1980 al 1986 studia architettura all'Università degli Studi di Firenze.
Nel 1999 riceve il Premio Beato Angelico e in occasione del Grande Giubileo del 2000, la Fabbrica di San Pietro in Vaticano le commissiona la scultura di San Marcellino Champagnat, opera monumentale in marmo collocata nella Facciata Sud della Basilica di San Pietro, in una nicchia progettata da Michelangelo Buonarroti.
Partecipa nelle Biennali di Venezia del 1988, 1993 e 1999.
Durante gli ultimi 30 anni ha realizzato opere monumentali per musei e luoghi pubblici in 8 paesi ed esposto in Europa, Asia, Stati Uniti ed America Latina in 33 mostre personali e più di 100 collettive.
Attualmente vive e lavora tra Italia e Costa Rica.