Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Il falso e il vero verde

Piero Mosti


Opere di pittura

inaugurazione: 3 luglio 2005 - h 19.00

esposizione: dal 3 al 31 luglio 2005

luogo: Sala delle Grasce - Chiostro di S. Agostino - Pietrasanta

orario: 17.00-20.00/21.00-24.00

ingresso libero

 


Comunicato stampa

Presentazione

I giardini incantati di Piero Mosti

E se quest'estate si preannunciasse veramente così calda e torrida come previsto? Se il sole che fa gloriosamente risplendere i palazzi della Piazza del Duomo a Pietrasanta cominciasse ad infierire cocente nei lunghi pomeriggi estivi? Per fortuna ci ha pensato Piero Mosti, celebrato artista di Massa, che con i suoi giardini incantati e verdi frescure riesce a rigenerare sia lo spirito artistico che quello più immediato legato alla percezione.

Verdi intensi, compatti, quelli di Mosti, per un'immersione totale in quasi un paradiso perduto alla Milton, su cui esili ma forti si stagliano lunghi tronchi, forse di betulla, e da cui emergono fiori gentili di botticelliana memoria. Verde acqua, verde prato, verde-blu, verde speranza..., verdi che fanno bene agli occhi ed al cuore, che emanano armonia e serenità attraverso le tele dell'artista, esposte nel piccolo, prezioso scrigno di Sala delle Grasce.

Importante è abbandonarsi al loro messaggio immediato per una percezione quasi tattile dell'opera in sé, che ricrea un po' le atmosfere concluse di certi dipinti Art Noveau, dove preponderante è un'architettura floreale fine a se stessa. Qui d'altronde la natura esplode fino a diventare l'unica protagonista, il vero senso sella composizione, che però inaspettatamente potrebbe celare un messaggio più recondito e sottile. Scopriamolo insieme godendo della vivace freschezza delle pennellate di Piero Mosti.

  Pietrasanta, luglio 2005

L'Assessorato alla Cultura

 

Critica

Dietro i volti materni delle case

Il tralcio ancora brullo di una pergola inghirlanda una casa colonica abbandonata. La cinge come un cilicio. La ferisce con gli aculei dei suoi nodi perchè non ceda ad un sonno letale. Ne spartisce in due la visione, accampando su uno stesso piano la percezione del presente (il pallone fiorito che esplode da un tronco d'albero mozzo) con quella di un remoto passato che trapela dalla facciata cieca sullo sfondo. Qui, un'alba ancora gelida si sforza d'inventare una nuova primavera. Dinnanzi a questa casa rosata con germogli di Pietro Mosti se ne colgono tutti i segni premonitori. Lo dicono questa colori così teneri, intensi e contrastanti. La peluria di un prato nascente, questi rosa dei muri dilavati, l'effimero grido dei rossi lungo le tegole nere, sormontate dalla massa verde cupa di un bel fogliame che un ultimo brivido di luna rabbrividisce. La stessa geometria della luce lo dice, dandosi una metrica che scandisce ogni piano secondo bilanciati riquadri che potrebbero però da un attimo all'altro crollare come castelli di carta.
Per lo sguardo pittorico di Pietro Mosti, ad ogni radicale mutazione delle cose sempre corrisponde un profondo sommovimento interiore. Il mondo e l'anima si riflettono, come due specchi gemelli in cui l'uno finisce sempre innamorato dell'altro. Cosicché la lettura del paesaggio coincide per lui in un nuovo modo di guardarsi dentro. Da tempo la sua arte altro non ha fatto che rendersi interprete di questa reciproca connessione, come quando ci ha guidati ala scoperta di un icona chiave di ciò che resta dell'universo rurale apuano, isolandone e magnificandone l'immagine della cascina. Un tempo, nucleo propulsivo di ogni podere, essa si incastrava come una gemma in una prospettiva armoniosa di spazi verdi e vitali. Regalmente dominava la scacchiera di un ordinata campagna, come un arca, che (dalla cantina al granaio,dal fienili alla stalla) custodisca i tesori essenziali a ciò che esiste, o come un tempio eretto dinnanzi al transito fertile delle stagioni, al sudore dell'uomo che le asseconda e al dono sospirato di ogni mèsse. Ora, invece aggredita dalla metastasi di una città illimitata e senza anima, ormai deserta e sprangata in uno spazio sconvolto, appariva all'artista in tutto il suo struggente languore di reliquia relitto.
Ora capitava che in questa sua irrimediabile solitudine, qualche platano non più potato, gigantesco si levasse a proteggerla. Lì, al limite di una radura incolta, o quasi sprofondato sul grembo ondulato di una collina. Lì, rimpicciolita ed assorta in un attesa vana d'altra via, eppure al centro del paesaggio, impreziosita dal silenzio che ancora sapeva emanare. Ed era proprio questo il dono più prezioso che Mosti sapeva cavare da ognuna di loro: la qualità del silenzio così improbabile nel tumulto di una civiltà che non può esistere se non esplodendo e aggredendo con la violenza di ogni suo rumore. Non importa con quale stagione o a quale ora del giorno, ne rivestita la segretezza con vaste stesure di colori pastosi e smaglianti, con contrasti timbrici-tonali spesso così imprevedibili e assai lontani dalla loro verità naturale. V'era che sebbene così vivace, ogni loro visione risultava infine percorsa da una sua interna precarietà. Era frutto di una evocazione fulmine, di un qualche precipitato della memoria piuttosto che di una diretta osservazione del vero, precipita sull' orlo di un abisso proprio un istante prima di finirvi inghiottita per sempre.
Già la scelta prospettica di Mosti, disponendo su un unico piano ogni elemento figurale, annullando ogni effetto di profondità, anzi inventando la stessa traiettoria del suo guardare dal di fuori al di dentro, come riusciva a conferire ad ognuna di queste sue cascine-paesaggio il carattere di una balenante illuminazione. Proprio questa sintesi generava uno scarto decisivo, distillando figure ed emozioni, sino a conferir loro un potenziale simbolico. Potrebbe qui valere ciò che Italo Calvino sosteneva a proposito dell'idea di rapidità all'interno di una struttura narrativa: "Diremmo che nel momento in cui compare in una narrazione, si scarica di una forza speciale, diventa come il polo di un campo magnetico, un nodo di una rete di rapporti invisibili. Il simbolismo di un oggetto può essere più o meno esplicito, ma esiste sempre. Potremmo dire che in una narrazione un oggetto è sempre un oggetto magico. Anche nel racconto pittorico mostiano questo stile ma onnipresente di una casa scrigno, madia della memoria di un mondo dilapidato, finiva per connotare ai suoi occhi un oggetto magico, un magnete inaccessibile che ancora accumula in sé i poteri di un infanzia perduta.
Finestrelle murate e facciate senza porte dicevano che ormai non si poteva più né entrare né uscire da questo mondo incantato. Le radici oniriche che vi affondavano erano state recise. La loro linfa non saliva più ad alimentare il vigore dei sogni condivisi. Evocando quest'ultime tracce di una millenaria civiltà contadina, il discorso di Mosti si allargava ad una più universale valenza simbolica. In questa nostra frattura così profonda tra civiltà e natura, questa sua idea di Casa Cosmo assurgeva ad emblema di un centro dell'essere di quel necessario centro del mondo che per noi non esiste più. IL luogo privilegiato e protettivo della Grande Madre che poteva accogliere qualsiasi nostro desiderio di regressus ad uterum prima di ogni rinascita e rigenerazione,
Essendo questo centro-grembo-memoria interdetto per sempre, non rimaneva al pittore che contemplarlo dall' esterno, dilatandole a dismisura le proporzioni, scrutandole su muri ogni incisa vestigia, ogni muffa o screpolatura, ogni sonora e mutevole palpitazione di luce. Con quale struggimento lo sguardo si è sforzato allora di abbracciare l'impenetrabile.
Oh, se fosse stato possibile almeno trattenerle la nostalgia! Soltanto da un emozione così intensa e duratura poteva scaturire l'energia poetica per un ciclo cosi organico di grandi tele (circa una trentina) in cui Piero Mosti ha compiuto l'estrema evocazione di queste madri-case perdute. Soltanto il ricorso a tutte le risorse pittoriche di cui si è impossessato il suo linguaggio poteva vincere la scommessa di saper evitare ogni facile intento descrittivo.
Adesso, qui è la stessa idea di paesaggio a trasformarsi in quella di ritratto di un tale oggetto magico sfuggente. E quanto più l'occhio della memoria è portato a zumare sul dettaglio tanto più lo spazio dell'emozione dipinta si amplifica, diventando incontenibili sulla tela. Quanto più diresti a portata di mano un lembo calcinato di facciata, tanto più guardingo un fusto di pioppo nudo o frondoso, un spalliera di rose, un viluppo di edere tenaci o un'onda di tenerissime ortiche si interpongono a vietarne il possesso. Ogni senso dell'umano che resta incustodito la Natura se lo riprende, tornando ad occultarlo per sempre nel suo grembo vitale e vorace. Anche se nel precipitare affannoso di questa perdita, al pittore pur sempre rimane il prodigio combinatorio di una armonia presunta sulla tela. Non vi è dubbio che spontanea permanga la genesi di ogni visione coi suoi fastosi accordi timbrici e tonali. Ma la loro orchestrazione spaziale (questo calibrato intersecarsi di piani e linee orizzontali-verticali) come lucidamente ricorre al riscontro di un aurea misura. E la carnalità pittorica con cui, incandescenti le materie cromatiche si agglutinano per farci sentire l'emozione dinnanzi al rigoglio di una massa vegetale che stormisce o alla sete di un muro calcinato, quanto, in fine, ci rammenta una terra lavorata di fresco. Vi è un antica anima contadina di Piero Mosti che non sa rassegnarsi all'idea che qualcuno possa esistere avendo smarrito per sempre la via del ritorno.

Giuseppe Cordoni

 

Biografia

Nasce a Massa nel 1941 incomincia ad interessarti di atre giovanissimo,nel 1950 frequenta i corsi serali di disegno presso il locale Istituto d' Arte. Si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Carrara, si diploma con il massimo dei voti discutendo una tesi di colore. Vive e lavora a Massa e in ogni luogo della sua memoria.

Mostre principali
1975 "pittura 75 in Toscana", Lucca (catalogo a cura di Pier Carlo Santini)
1976 "pittura 75 in Toscana, Firenze (catalogo a cura di Pier Carlo Santini)
1983 Accademia di Belle Arti di Carrara, Carrara(MS) (catalogo a cura di Pier Carlo Santini)
1984 Villa Cuturi,A.p.t. di Massa, Marina di Massa (MS) (catalogo a cura di Dino Carlesi)
1986 Flos, Pescia (catalogo a cura di Pier Carlo Santini)
1986 Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica, Milano
1987 Galleria Alzala, Roma (catalogo autori vari)
1987 Villa della Versiliana, Marina di Pietrasanta (LU) (catalogo autori vari)
1988 Palazzo Ducale di Massa, Massa (catalogo a cura di Franco Solmi)
!988 Arco di Madrid, Spagna
1988 Biennale di Arte di Bergamo, Bergamo
1988 Galleria il Cenacolo, Piacenza
1988 Expo Arte di San Francisco,U.S.A.
1988 Expo Arte di Los Angeles,U.S.A.
1988 Biennale di Bergamo
1989 Centro Studi Lunigianesi, Premio Bancarella, Pontremoli (MS) (catalogo a cura di Pier Carlo Santini e Massimo Bertozzi)
1990 Galleria Corchia, Forte dei Marmi (LU) (catalogo autori vari)
1990 Galleria Città di Reggio, Reggio Emila (catalogo a cura di Gianni Cavazzini)
1990 Galleria Paltenghi, Chateaux d'Oex, Svizzera
1991 Galleria Interart, Bologna (catalogo a cura di Alberico Sala )
1993 Galleria Appiani Arte 32, Milano (catalogo a cura di Giovanni Testori)
1995 Ex-teatro sociale di Bergamo,Bergamo (catalogo a cura di Luciano Caprile)
1996 Centro di Arte San Vidal, Venezia (catalogo a cura di Paolo Rizzi)
1996 Studio 10, San Martino Argine, (MN)
1997 Palazzetto dell'Arte, Foggia
1997 Galleria Arteincornice, Torino
1998 Villa Guicciardini, Firenze (catalogo a cura di Tommaso Paloscia )
1998 San Gregorio Art Gallery,Venezia
1998 Galleria Ciman, Asiago (VC) (catalogo a cura di Tommaso Paloscia)
1998 Palazzo dei Priori,Volterra(PI) (catalogo a cura di Massino Bertozzi)
1999 Galleria La Melagrana, Massa (MS)
1999 Arte Per la Via,Pisa (catalogo a cura di Nicola Micieli)
2000 Chiostro di San Agostino, Pietrasanta (LU) (catalogo a cura di Giovanni Faccenda)
2001 Villa Bottini, Lucca (catalogo a cura di Riccardo Ferrucci e Alessandra Romanini)
2001 Galleria La Melagrana, Massa (MS)
2002 Galleria Arsmedia, Bergamo
2002 Galleria Paltrenghi, Chateau d' Oex, Svizzera
2002 Galleria Arteincornice, Torino
2002 Galleria il Capricorno, Vigevano
2003 Palazzo Ducale, Massa (MS) (catalogo a cura di Duccio Trombadori)
2003 Galleria Libreria Bocca, Milano
2003 Galleria Della Pina Artecontemporanea, Pietrasanta (LU)
2003 54° Premio Michetti, Francavilla Al Mare (CH) (catalogo autori vari)
2003 Galleria Artecapital, Brescia
2004 Galleria Della Pina Artecontemporanea, Massa(MS)
2005 Chiostro di Sant' Agostino, Pietrasanta (LU) (catalogo a cura di Giuseppe Cordoni)
2005 Museo Toulouse Lautrec, Città di Albi, Francia

 

Presente dal 1980 alle principali fiere di arte italiane e straniere.

 

Nel 2003 ha realizzato per la Regione Toscana il manifesto celebrativo della festa del 1° Maggio ed è stato premiato con il Pegaso D'Argento.
L'opera fa parte della Collezione Permanente Di Arte della Regione Toscana.