Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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D'oro e d'argento

Sandro Chia


Opere di scultura e pittura

inaugurazione:16 luglio 2005 - h 19.00

esposizione: dal 16 luglio al 18 settembre 2005

luogo:Piazza Duomo, Chiesa e  Sale Chiostro di S. Agostino - Pietrasanta

orario: 18.30-20.00/21.00-24.00; lunedi chiuso

ingresso libero 


Comunicato stampa

Contatto stampa: Francesca Navari
Ufficio Stampa
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795226; fax 0584/795269
e-mail: gabinetto.sindaco@comune.pietrasanta.lu.it
www.museodeibozzetti.it

 

Mostra: D'oro e d'argento
Artista: Sandro Chia
Date esposizione: 16 luglio - 18 settembre 2005
Inaugurazione: sabato 16 luglio 2005, ore 19,00
Luogo: Piazza del Duomo, Chiesa e Chiostro di Sant'Agostino, Pietrasanta
Orario apertura: 18,30 - 20,00 / 21,00-24,00


L'Assessorato alla Cultura del Comune di Pietrasanta hanno il piacere di annunciare l'apertura di D'oro e d'argento, grande esposizione personale delle opere più recenti del Maestro Sandro Chia. L'inaugurazione avrà luogo sabato 16 luglio alle ore 19,00 presso la Chiesa ed il Chiostro di Sant'Agostino a Pietrasanta. La mostra, che proseguirà fino al 18 settembre, sarà corredata da un elegante catalogo con inclusi saggi scritti da Sandro Chia.

 

Quest'estate il Maestro Sandro Chia collocherà a Pietrasanta alcune delle sue mirabili opere: una fontana in Piazza del Duomo, dieci sculture più dieci tele create appositamente per la Chiesa e il Chiostro di Sant'Agostino. Il tema del ciclo pittorico per ora non viene svelato, ma verrà ideato dal Maestro stesso anche un apparato strutturale per l'allestimento dei dipinti nella Chiesa. Il maestro Chia, che ha vissuto e lavorato per molti anni a Pietrasanta, è lieto di rifarvi una ‘sosta artistica', presentandovi opere nuovissime ed altre pensate e realizzate apposta per la nostra Città d'Arte.

www.sandrochia.com

 

Presentazione

Quest'estate il Maestro Sandro Chia collocherà a Pietrasanta alcune delle sue mirabili opere: una fontana in Piazza del Duomo, dieci sculture più dieci tele create appositamente per la Chiesa e il Chiostro di Sant'Agostino. Il tema del ciclo pittorico per ora non viene svelato, ma verrà ideato dal Maestro stesso anche un apparato strutturale per l'allestimento dei dipinti nella Chiesa. Il maestro Chia, che ha vissuto e lavorato per molti anni a Pietrasanta, è lieto di rifarvi una 'sosta artistica', presentandovi opere nuovissime ed altre pensate e realizzate apposta per la nostra Città d'Arte.

Visita il sito di Sandro Chia:
www.sandrochia.com


Sandro Chia, un evento a Pietrasanta, per Pietrasanta, luogo in cui il Maestro ha già vissuto e lavorato, e dove ora ritorna vestito d'oro e d'argento. Uomo intelligente e colto, artista immediato e distinto, Sando Chia rimane un'icona dell'arte contemporanea italiana nel mondo, che sorta nell'ultimo trentennio dell'altro secolo, continua a far parlare di sé a livello internazionale.

Chia presenta i suoi dipinti nella Chiesa di Sant'Agostino installati a loro volta su altre opere, i "portatori d'arte", undici tra Babbi e Androgeni rivestiti d'oro e d'argento, preziosi e seducenti, assorti interamente nel loro importante e fondamentale compito. I quadri sono semplici finestre aperte sul mondo artistico del Maestro, ed i suoi portatori svolgono il loro ruolo con fierezza e compostezza. Larghe cornici bianche, talvolta con qualche guizzo di colore, e tavoli estrosi ospitano nelle Sale del Chiostro altri dipinti dai colori vivaci, freschi e rigogliosi come la sapiente mano di chi li ha stesi. Qualche scultura in bronzo completa la mostra nel Chiostro e nella Piazza del Duomo, di cui in particolare due angeli, che con un grande cuore in mano, si pongono con slancio e generosità. Mirabile rimane però la composizione della fontana, creata apposta per Pietrasanta, a Pietrasanta, e posta proprio al centro della sua Piazza. Due figure femminili reclinate si guardano specularmente attraverso un occhio ricavato da un blocco di pietra serena, su cui poggiano. Rapite una dall'altra, si studiano con sguardo intenso, aspettando l'acqua che tra un po' arriverà ad accarezzare i loro dolci volti. Presenze significative, che, pur concluse nel loro universo, invitano lo spettatore incuriosito a soffermarsi, a contemplarle, a meditare su di un pregnante rapporto energetico che esse magneticamente evocano.

Questo è Sandro Chia a Pietrasanta, ma non solo... Il Maestro con le sue parole e forte gestualità ci ha donato parte della sua carica, ha stimolato la nostra sensibilità, ha fatto risorgere dubbi, confronti e metafore. Ha risvegliato insomma in noi una sana analisi introspettiva verso l'arte e le sue espressioni, un dibattito sempre acceso per chi ama ancora il rischio di provare emozioni intense e rare.

Aspettiamo dunque che il Maestro Chia riapra la sua "bottega" a Pietrasanta, per offrirgli un terreno fertile per le sue creazioni uniche ed irripetibili.
Sindaco
Massimo Mallegni
Assessore alla Cultura
Daniele Spina

Critica

Lettera a Sandro Chia sul tempo, con considerazioni aggiuntive sulla trasmutazione dei metalli
Caro Sandro, potrebbe suonare strano quell''invece' a pagina 36 (secondo la mia empirica numerazione, perché tu le pagine non le numeri) della tua Agenda Sandro Chia. D'oro e d'argento, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera 2005. Nelle pagine precedenti ti dici felice all'idea di poter esporre a Firenze tue opere recenti nelle sale dedicate all'arte degli Egizi e degli Etruschi. Ecco l'occasione - scrivi - "per affermare ciò che più mi sta a cuore, ovvero che il concetto di cronologia, in arte, è confutabile e che il tempo non esiste." Voltando pagina, ed è la 36, si trova: "Invece il tempo esiste e sono trascorsi molti anni da quando passavo ore a spiare i girini del torrente Mugnone". Il lettore filologo può pensare che l'avversativo 'invece' sia sintomo di una sconnessione logica perché è palese che, nel caso dei girini del Mugnone, tu intendi il tempo come spessore consolidato della memoria e scultore del nostro profilo, tempo che esiste, eccome, senza bisogno di inquisizioni perché noi "siamo fatti di tempo, d'incessante tempo" (Borges). Nel caso dell'acronia dell'arte, beh - si tratta di qualcos'altro: è la vecchia tesi, sostenuta da non pochi (e da non pochi avversata) della contemporaneità delle opere d'arte, tutte, indipendentemente dal loro vestire secondo la moda del tempo, rispondenti ad un appello segreto che le individua e le seleziona, cernendo il grano dal loglio. La nostra chiacchierata dell'altro giorno mi fa, però, diffidare del lettore filologo che è in me e mi suggerisce di vedere, in quel veloce ritmo oppositivo, un'impaziente abbreviazione dei nessi intermedi che legano in profondità i tuoi pensieri. Nelle righe della faccenda del tempo, che ora toccherò appena (ma non mancherà occasione d'approfondimento, specialmente davanti ad una bottiglia del tuo morellino della mia terra), s'agita anche la tua opposizione, realissima questa, tra desiderio e ostacolo, muro - come spesso dici. Il desiderio di voler essere artista, il desiderio di genialità, è per te ciò che è grande. Desiderio che trova l'opposizione della nostra inettitudine a fare, di materiali che non si lasciano più modellare oltre un limite, di strumenti che si spezzano. Tu, però, scagli la tua vocazione d'artista ben oltre l'eventuale talento e vuoi giungere al punto di resistenza massima della materia e dello strumento. Anzi, è questo per te essere artista. In sostanza, è proprio dell'artista eludere la resistenza del muro, rimbalzarvi contro più volte come una palla di gomma che, infine, felicemente colpita, il muro lo scavalca (vedi "Confessione di un giovane artista" nella tua Agenda.) Che cosa c'è, però, oltre il muro? Non ho ancora ben capito che cosa ci sia per te, anche se da qualche giorno vi rifletto incessantemente. Rifletto sul tuo tema della pittura salvata dalle acque, sulle tue tavole ben imbandite ma battute da venti fortissimi che impediscono di alimentarsi, o invece sulle abbuffate di un passato espressivo in cui tutta la pittura è stata dipinta e tutta l'arte più volte cresciuta su se stessa al punto d'imprigionarci, e rifletto naturalmente sulle tue ultime proposte. Il conflitto tra desiderio e resistenza al desiderio resta, ma se è facile dirlo non è, però, facile capirlo. Vorrei tentare una compensazione interpretativa dello scarto suddetto, con l'aiuto di un uomo che mi è stato maestro e che anche tu apprezzi. In Dopo Nietzsche, Colli sostiene - e sono pagine mirabili per profondità e intensità - che l'artista non imita nulla, non crea nulla, ritorna semmai a quella condizione in cui il tempo non ha ancora collegato, nella scansione necessaria del prima e del dopo, i lampeggiamenti sorgivi, i contatti originari che resteranno indicibili, ma che alimentano il dire. L'arte nasce dallo sforzo di risalire, passando sotto il tessuto della vita astratta e riproducentesi per monotoni ritmi, alle sensazioni nascenti, ai ricordi primitivi, agli attimi che addensano in sé la potenza germinale che poi si prolungherà e si acquieterà nell'articolazione dei molteplici aspetti dell'esistenza usata. Ho pensato ad una risonanza colliana quando sono tornato a vedere, nel complesso di S. Agostino, le tavole-tavoli dove liberi fantasmi fluttuanti, sovrapponentisi, danzanti, volteggianti nella tua, nella nostra, fantasia e non ancora preda di una forma e di una misura precise e irrevocabili. Ho pensato anche a quelle tue figure di qualche anno fa, ispirate - penso - dalla mitologia indiana, dotate di due, tre, paia d'occhi. Questi lungimiranti sono, dunque, capaci di ben avvistare le trame e i contesti del quotidiano per sorprendere il varco, "l'anello che non tiene"(Montale) e precipitarsi nel senza fondo della matrice da cui pure il tempo si genera, ancora non intessuto d'ineluttabilità? Se è così, o se è anche così, allora il da dire è sempre oltre e di più di ciò che vien detto e, tuttavia, è in quel che vien detto che appare il di più e l'oltre. Se equivochiamo, se pensiamo che i linguaggi artistici (o qualsiasi altro linguaggio) possano dire tutta la ricchezza primigenia della matrice da cui proveniamo, allora, come diceva il Socrate del Simposio di Platone, bariamo, tentando di "scambiare armi di bronzo con armi d'oro" (o rame con argento). Se, però, l'artista, nel suo agone col linguaggio, lascia filtrare nelle sue opere qualcosa che già ci apparteneva, ma che non avevamo ancora ritrovato o afferrato, riaccendendo la fiamma viva dei contatti, allora il bronzo del suo dire e fare s'irradia della luce del non dicibile e il riverbero è talmente abbagliante che trasforma il bronzo in oro e il rame, o simil metallo, in argento. Lo scarto, tuttavia, rimane. Ed è qui, per me, la ragione del muro, dell'ostacolo di cui tu parli, degli strumenti che si spezzano, della materia che resiste. Tra l'oro degli dèi e quello dei mortali incolmabile è la differenza, ma gli dèi sono il desiderio, sono noi che desideriamo e l'ostacolo siamo noi che siamo. Distanza spietata che colma l'arco d'Apollo, ferendoci mortalmente. Il genio artistico un po' lo sposta, il muro, liberando humus feconda per la coltivazione di linguaggi in caccia degli attimi più prossimi al grembo della matrice, e non rompe soltanto gli strumenti, ma ci lascia anche le unghie, infine fa quel che può (come Bene sa Carmelo), mentre il talento battendo vie e terreni già avviati fa quel che vuole. Ecco, allora, che quell''invece', l''invece' della tua Agenda a pagina 36, non attesta né un'opposizione reale, né una tua svista logica, risultando piuttosto da una sfasatura di piani. Il tempo, come trama inesorabile dell'esistenza, esiste ed è irrevocabile; tuttavia, i punti di contatto originari sono lì, sotto una trama che ora è per noi diversa da quella degli Egizi e degli Etruschi, sono lì in grado di riaccendersi nel movimento dell'eterno ritorno. Puoi, dunque, sentirti come artista, cacciatore del profondo, prossimo a quegli antichi e come uomo tanto lontano dal ragazzo che contemplava i girini del Mugnone. Nei tuoi aurei, irsuti Babbi dal dolce sembiante, nei tuoi argentei, trasognati Androgeni, si può tentare di vivere il passato come mitico ricordo di specie e come cifra metafisica del più profondo che è sempre già sfuggito e sempre torna a portata di mano, si può vivere il diversamente identico. Scusami, mi sto aggirando in circolo e forse per via di questo tramonto che borda il mare e ogni cosa in mare e prossima sì, ecco, ti ricordi quando Nietzsche parla del tramonto come dell'ora in cui "anche il più povero dei pescatori rema con un remo d'oro"? Tuo Valerio
Versilia, 17 luglio 2005
Valerio Meattini

Biografia

Nato a Firenze il 20 Aprile 1946. Studia all'Istituto d'Arte e poi si iscrive all'Accademia delle Belle Arti di Firenze ottenendo il diploma nel 1969. Visita l'India, la Turchia e gran parte dell'Europa prima di fermarsi a Roma nel 1970. Durante gli anni 70 il suo lavoro si distanzia sempre più dall'arte concettuale a favore di una riscoperta del linguaggio pittorico, attirando una sempre maggiore attenzione dalla critica italiana ed europea. Fra Settembre 1980 e Agosto 1981 si trasferisce a Monchengladbach in Germania, dove avendo ottenuto una borsa di studio si ferma a lavorare per un anno, per poi trasferirsi a New York, dove si stabilisce per oltre due decenni, pur continuando a spostarsi frequentemente tra New York e Ronciglione ed in seguito Montalcino. Ha fatto parte del gruppo della Transavanguardia, nelle cui mostre ha esposto in alcuni dei più importanti musei e gallerie del mondo. Ha esposto alle Biennali di Parigi e di San Paolo e più volte alla Biennale di Venezia. E' stato presente in prestigiose mostre collettive in alcuni dei maggiori musei del mondo. Ha tenuto importanti mostre personali in molti dei più significativi spazi museali internazionali, tra cui lo Stedelijk Museum of Amsterdam (1983), il Metropolitan Museum di New York (1984), musei di Berlino (1984, 1992), il Museo d'Arte Moderna di Parigi (1984); musei di Dusseldorf (1984), Anversa (1989), Città del Messico (1989); Palazzo Medici Riccardi di Firenze (1991), musei di Karlsruhe (1992), Palm Springs (1993), Villa Medici a Roma (1995); Palazzo Reale a Milano (1997), il MOMA di Boca Raton, Florida (1997); la Galleria Civica di Siena (1997); la Galleria Civica di Trento (2000); il Museo d'Arte della città di Ravenna (2000); Palazzo Pitti ed il Museo Archeologico Nazionale di Firenze (2002). Nel 2003, lo Stato Italiano ha acquistato tre sue opere per la collezione permanente del Senato della Repubblica a Palazzo Madama. Attualmente vive e lavora tra New York, Roma e Montalcino dove tramite la sua azienda vinicola di Castello Romitorio, si occupa della produzione di pregiati vini tra cui il rinomato Brunello.