Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
 ... > Mostre > 2004 > Sculture  le mostre
Sculture/Aristide Coluccini

Aristide Coluccini


Opere di scultura

inaugurazione: 18 luglio 2004 - h 11.00

esposizione: dal 18 luglio al 19 settembre 2007

luogo: Casa Carducci - Valdicastello - Pietrasanta

orario: 17.00-20.00; lunedi chiuso

ingresso libero

 

Aristide Coluccini è presente nella collezione del Museo dei Bozzetti


Comunicato stampa

 (versione in pdf)

 

Contatto stampa: Istituti Culturali
Ufficio Stampa
Assessorato alla Cultura
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795500; fax 0584/79558
e-mail: info@museodeibozzetti.it
www.museodeibozzetti.it


Mostra: Sculture
Artisti: Aristide Coluccini
Date esposizione: 18 luglio - 19 settembre 2004
Inaugurazione: domenica 18 luglio 2004, ore 11,00
Luogo: Casa Natale di Giosue Carducci a Valdicastello
Orario apertura: 17,00 - 20,00


L'Assessore alla Cultura, Massimilano Simoni, e il Comune di Pietrasanta, in collaborazione con l'Associazione XII Agosto di Valdicastello, sono lieti di annunciare la mostra Sculture di Aristide Coluccini. L'inaugurazione si terrà domenica 18 luglio 2004 alle 11,00 presso la Casa Natale di Giosue Carducci a Valdicastello.


Aristide Coluccini nasce a Monte Preti di Valdicastello, frazione di Pietrasanta, il 17 giugno del 1915. Orfano di padre cresce con la madre giovanissima e i nonni paterni. Si diploma presso l'Istituto d'Arte di Pietrasanta poi studia presso il Liceo Artistico di Firenze e successivamente completa i suoi studi artistici a Carrara e Roma, dove frequenta la Scuola di Nudo del Sindacato degli Artisti di Via del Babbuino.
Durante gli anni della guerra insegna come professore straordinario di disegno presso la Scuola Media di Cassino, in provincia di Roma. Nel 1944 è a Valdicastello. Nel dopoguerra torna ad insegnare educazione artistica presso le Scuole Medie Inferiori a Castelnuovo di Garfagnana, a Viareggio ed infine a Pietrasanta, dove rimarrà fino al momento della morte. Nel 1951 sposa Gina, suo nume tutelare e guida della sua vita.
Nel 1935 espone per la prima volta alla Mostra d'Arte dei Giovani a Montecatini dove ottiene il secondo premio. Nel ventennio post bellico partecipa a molte mostre collettive in Italia, oltre a numerose esposizioni in Versilia. Nel 1948 riceve un riconoscimento nell'ambito della Biennale Abruzzese. Nel 1949 prende parte, la prima di numerose partecipazioni, alla II Biennale Nazionale del Disegno e dell'Incisione Moderna a Reggio Emilia.
Nel 1956 partecipa alla XXVIII Biennale di Venezia, l'anno successivo prende parte al Premio Internazionale di Scultura a Carrara. Nel 1963 partecipa alla VII Quadriennale romana. Nel 1965 fa parte degli artisti che espongono alla XIX Biennale Nazionale a Milano. Nel 1965 riceve la Medaglia d'argento della Provincia di Pistoia in occasione della XVI Edizione "Fiorino" a Firenze.
Nel 1969 partecipa alla V Mostra Internazionale di Scultura all'Aperto presso la Fondazione Pagani a Castellanza in provincia di Varese. Durante gli ultimi anni della sua produzione prende parte a numerose mostre in gallerie pubbliche e private di Viareggio, Pietrasanta, Seravezza e l'ultima nel 1977 a Forte dei Marmi.


L'opera di Aristide Coluccini è profondamente influenzata dalla realtà che lo circonda, dalla vita quotidiana dell'amata Versilia, per poi astrarsi in forme e sculture dense di sentimento. Mario Tobino, amico intimo dello scultore, così ha definito l'opera di Coluccini: "Capii che era un vero scultore, un artista; quel suo volto inciso e sgorbiato era lo tesso dei suoi personaggi notturni che raffigurava nelle pietre dure, nei più compatti e umili sassi". Mario De Micheli dice delle sculture di Coluccini: "Egli era un arcaico, un uomo con naturali radici profonde in un tempo autentico e remoto, fuori dalle contaminazioni di una società prevaricante. La rupestre primitività di Coluccini non è dunque il frutto di un travestimento estetico, bensì la conseguenza spontanea e sostanziale di una natura solida, elementare, intutitiva".
Aristide Coluccini s'è distinto anche per la sua opera grafica, che è stata definita da Mino Maccari con queste parole: "Le incisioni di Coluccini hanno il merito di saper conservare intatta l'emozione che le ha generate. Egli è rimasto fedele alla puntasecca, che è il modo diretto di esprimersi nell'incisione. Ne risultano una spontaneità, un'immediatezza ed una limpidità che peraltro sono le doti più pregevoli anche nel campo della scultura di Coluccini".

Presentazione

Una piccola ma significativa esposizione questa nel Giardino della Casa Natale di Giosue Carducci, dedicata ad un grande della scultura non solo locale ma nazionale: Aristide Coluccini. Figlio di Valdicastello, come il grande poeta, ne condivideva gli spazi, questa natura rigogliosa fatta di colori contrastanti tra olivi argentei e solchi rossi tracciati dal fiume carico di minerali ferrosi. Ed in questo teatro naturale ecco le sculture di Coluccini, che ne sembrano fare spontaneamente parte, tratte per lo più dalle pietre del luogo, estratte nel loro animo più profondo. I volti a lui più cari modellati con finezza ed espressività, animali dalle forme insolite, sinuose rotondità delle figure femminili e delle varie maternità, per non parlare delle originalissime maschere antropomorfe scavate, incise, interpretate dalla roccia stessa, nuda ed talvolta mai ancora intaccata.

Accarezzando le pietre, Coluccini riconosceva già i tratti delle proprie sculture, che poi con qualche tocco ben assestato di grande maestria riusciva poi a tradurre nel suo linguaggio creativo. E per questo anche in noi nasce il desiderio immediato di toccare le sue opere, di fare scivolare la mano sulla pietra ruvida, alle volte solida altre porosa, che ‘magicamente' si è tramutata in splendide rappresentazioni inossidabili al tempo, che anzi, aggiungendo muschi e licheni, ne accresce l'indiscusso fascino.

Il poeta ora dialoga con lo scultore, le parole diventano scultura attraverso la natura: un grazie sentito all'Associazione XII Agosto ed in particolar modo al suo Presidente Francesco Cipriani per aver collaborato a questa iniziativa.

Pietrasanta, luglio 2004
L'Assessore alla Cultura

Massimiliano Simoni

Critica

Nel Novecento, la materia ha riservato incommensurabili sorprese agli scienziati e non poteva non riservarne agli artisti.
La pietra però ha affascinato gli scultori fin dai primordi. Per Aristide Coluccini, è stata addirittura mallevadrice d'incantesimo e di sogni, nella sua vis poetica.
Coluccini nacque a Valdicastello-Carducci il 17 giugno 1915. La tradizione più autentica di Pietrasanta, il grande artigianato del marmo, lo spinse verso gli studi d'arte: il Liceo di Firenze, l'Accademia di Carrara, l'Istituto del Nudo di via del Babbuino a Roma.
Le pietre lungo i sentieri scoscesi, che portano a La Culla e a Sant'Anna di Stazzema, i sassi levigati sul greto dei fiumi e dei torrenti sono le icone naturali, che suggeriscono a lui, silenzioso e schivo, i contorni, le venature, i segni misteriosi, essenze della sua arte.
E' difficile inquadrarlo in uno dei tanti ismi del Novecento. Sfugge agli incasellamenti, non per estrosità, ma soltanto per una semplicità istintiva, per un talento naturale.
A volte, nei suoi sassi scolpiti, sembra farsi sedurre dal Primitivismo, ma i suoi studi di nudo, a Roma, nel momento in cui la Scuola Romana di Scipione, di Mafai e di Mazzacurati dà input mediterraneo all'Espressionismo, lo coinvolgono.
Sente un fermento nuovo. Per lui, la scultura non è più l'arte del togliere: diventa una ricerca di linee e volumi, di suggerimenti insiti nella materia stessa.
Coluccini insegue questi suggerimenti sulla superficie martoriata delle pietre e dei sassi.
Abitava a pochi passi dalla casa dove nacque Giosue Carducci. La piccola corte, rinserrata da un alto muro, dà sul torrente. Quando andavo a trovarlo, si chiacchierava, mentre la moglie Gina ci preparava il caffè.
Nella corte c'erano pietroni porosi e sassi arrugginiti dalle acque ferrose. Prima di lavorarli, Aristide li guardava e li riguardava, per giorni. Cercava appunto le vene interne marmorizzate, le suggestioni meravigliose, che lo guidavano poi nella rappresentazione.
Aspettava che un guizzo di luce li colpisse, che un'ombra desse rilievo a un profilo, come un chiaroscuro; aspettava che la pioggia li bagnasse, esaltando i loro geroglifici segreti.
E, finalmente, sassi e pietre diventavano un gatto, il muso di un mulo, il dietro possente di un bove, una lucertola, il gufo e l'allocco... Fu un animalista formidabile, al pari del suo antico maestro Arturo Dazzi. Eppoi volti: la madre, una fanciulla allo specchio, una vecchia, un Cristo di splendida drammaticità... Corpi, linee, curve, volumi, invenzioni formali.
Aristide Coluccini insegnava e viveva appartato. Rifletteva molto sui temi fondamentali della vita. Meno sui movimenti dell'arte contemporanea. Morì, in un incidente d'auto, il 15 ottobre 1977, a soli sessantadue anni. Ma le sue sculture sanno sfidare il tempo, con ancestrale saggezza, come sanno sfidarlo le pietre e i sassi da cui nascono.

Raffaello Bertoli

 

Chi, come me, ha avuto la fortuna di conoscere ed apprezzare le qualità umane ed artistiche di Aristide Coluccini, non può fare a meno di ricordare anche la moglie Gina e lo speciale legame che li univa. Nell'Italia degli anni '50, prossima al boom economico ma ancora segnata dalle ferite inferte dalla guerra da poco conclusa, Aristide aggiungeva alla sua già importante carriera artistica il lusinghiero riconoscimento nazionale dell'invito alla 28ma Biennale di Venezia del '56, cui seguirono continui costanti successi ed apprezzamenti nelle numerose apparizioni a premi, concorsi e mostre. Era a stretto contatto con l'ambiente artistico di Forte dei Marmi dove era considerato come artista e stimato come uomo. Di ‘'Arì''si sono interessati tra gli altri Tommaso Paloscia, Pietro Cascella, Mario De Micheli, Mino Maccari, Mario Tobino oltre al Dott. Marcello Polacci di cui era grande amico. Sempre presente, al suo fianco, l'inseparabile moglie, compagna di vita. Una vita, nonostante i successi, rimasta semplice, a stretto contatto con i sassi, le persone, le cose: insomma con la preziosa umiltà del suo paese, fonte inesauribile della sua ispirazione. La felicità dei due coniugi fu completata dall'arrivo del figlio Antonio. Purtroppo, però, tragici eventi si addensavano all'orizzonte per abbattersi ben presto sull'intera famiglia. Proprio la morte di Gina segnò la svolta drammatica e nel giro di pochi anni l'intero nucleo familiare scomparve.

Come succede spesso quando un artista si spenge, insieme a lui cadono nell'oblio anche le sue opere. Aristide non è sfuggito alla regola e poche sono state le iniziative per ricordarlo prese dopo il 1977, anno della sua morte. Il professor Coluccini merita molto di più.

Ritengo che soprattutto noi suoi paesani abbiamo il dovere di eternare il lavoro e la figura umana di questo artista, che ha lasciato un'enorme quantità di notevoli opere grafiche e scultoree.

Nel 1985, insieme ad altri amici del paese e all'Amministrazione Comunale di Pietrasanta, organizzammo una mostra nel giardino della sua casa, luogo in cui eseguiva le sue opere. Da quella data, purtroppo, scarse e poco incisive sono state le manifestazioni in suo onore, se si esclude la significativa mostra della Provincia di Lucca, svoltasi nella primavera scorsa presso il palazzo Ducale.

Aristide merita ben altro. Il patrimonio di arte e cultura che ci ha trasmesso non può essere esposto, osservato ed ammirato una volta ogni dieci anni, magari su iniziativa di qualche parente o amico. Il Coluccini, per le sue qualità umane ed artistiche, va indiscutibilmente inserito in un percorso turistico, artistico culturale della Versilia. Tale percorso, iniziando dalla Pieve di San Giovanni per toccare Casa Carducci e concludersi al Parco Minerario, dovrebbe prevedere una visita all'abitazione del Coluccini dove, nel giardino e in alcuni locali, dovrebbe essere allestita una mostra permanente in suo onore.

In qualità di conoscente, amico, estimatore di Aristide e presidente dell'Associazione XII Agosto, io ed i miei collaboratori non ci stancheremo mai di promuovere iniziative a favore del prof. Coluccini, come abbiamo fatto proponendo la mostra allestita nel giardino di Casa Carducci dall'Amministrazione del Comune di Pietrasanta, che lo vedrà protagonista, con alcune sue opere, in questa estate 2004.

Valdicastello Carducci, luglio 2004

Francesco Cipriani

Biografia

Per una biografia

Aristide Coluccini nasce a Monte Preti di Valdicastello, frazione di Pietrasanta, il 17 giugno del 1915. Non conoscerà mai il padre, militare disperso sull'Altipiano di Asiago nel gennaio del 1918, e sarà cresciuto da una giovanissima madre e dai nonni paterni.
Diplomato presso l'Istituto d'Arte di Pietrasanta prima e il Liceo Artistico di Firenze poi, completa i suoi studi artistici a Carrara e Roma, dove frequenta la scuola di nudo del Sindacato degli Artisti di Via del Babbuino. Gli anni della guerra trascorrono tra l'insegnamento come professore straordinario di disegno presso la scuola media di Cassino, in provincia di Roma, ed il servizio militare prestato a Bologna. Nel 1944 è a Valdicastello, involontario e attonito testimone dell'accanimento e della ferocia tedesca sulla popolazione civile di S.Anna e dei borghi vicini.
Nel dopoguerra torna ad insegnare educazione artistica presso le scuole medie inferiori, a Castelnuovo di Garfagnana, a Viareggio ed infine a Pietrasanta, dove rimarrà fino al momento della morte, nel 1977.
L'insegnamento sarà sempre un'appassionata emozione, per lui e per le schiere di alunni che in oltre 30 anni gli sfileranno davanti. Davvero la sua materia era una "educazione all'arte": chi ha avuto la fortuna di averlo come insegnante, ricorda sicuramente un uomo appassionato che, in un'epoca di "riquadrature del foglio", proponeva ai suoi ragazzi una didattica nuova e non temeva di farli cimentare con argomenti e tecniche quasi avveniristiche per la scuola dell' obbligo di quegli anni: il collage, il linoleum, lo studio delle Avanguardie del Novecento, la riproduzione e l'analisi di quadri epocali (come lo splendido "Guernicà' di Picasso) che qualcuno - con una lettura superficiale - avrebbe potuto ritenere troppo ostici per ragazzini di dodici-tredici anni; insegnava a lasciarsi trascinare emozionalmente dalla musica e a trascrivere i sentimenti sul foglio mentre per i corridoi della scuola risuonavano Ravel e Stravinskij; ad illustrare brani di narrativa; a filtrare la realtà, nel disegno dal vero, secondo le impressioni ricevute, cogliendo l'anima della scena e non riproducendola "come una macchinètta fotografica" - amava dire ¬"efficace nel dettaglio ma sterile"; faceva scoprire l'arte nell' oggettistica e nel design ...
Era uno dei pochi insegnanti che si prendeva la responsabilità di improvvisare passeggiate nei dintorni alla ricerca di scorci e di straccali sul mare. La scuola, il contatto con gli studenti, con questa materia giovane, pulsante, misteriosa da plasmare, è stimolante per Coluccini e di moltissimo aiuto sarà nel periodo più buio della sua vita, dopo la morte della moglie.

Nel 1951 aveva sposato Gina che diventerà, per tutti gli anni di vita in comune, il nume tutelare, l'anima vivace della casa e la guida della sua vita, il suo balcone sul mondo: lei così attenta e precisa e lui così distratto e "bohemien". La loro casa, a Valdicastello, con un orto - giardino murato, si popolerà via via di sculture, disegni, diventando la cornice naturale di un mondo di pietre ferrose, tufo, calcare, per le sue forme ed i suoi animali, la vita semplice e quieta che Aristide sempre ricercava nei suoi soggetti. Il suo studio, nelle viscere della grande casa, dall'odore misto di legno, umidità e di creta bagnata, lo accoglie e lo risucchia quotidianamente come un grembo e gli permette di immergersi completamente nelle sue fantasie dietro all'elaborazione di linee, tratti, segmenti. Valdicastello gli offre, con il suo canale dai sassi rutilanti, la materia prima per le opere e l'artista ricambia con opere per la chiesa parrocchiale (un S. Giuseppe sopra il portale, una statua di S. Barbara all'interno) e per il paese (il monumento ai caduti della prima guerra mondiale). Nel 1963, insperato, nasce Antonio, l'unico figlio e il mistero dei legami parentali, la consapevolezza di questa paternità matura - a 48 anni - gli schiude mondi di emozioni nuove testimoniate nelle maternità e nella dolcezza delle rotondità dei busti di donna scolpiti in quegli anni. Il rapporto con il figlio Antonio fu sempre affettuosissimo, e disperato negli ultimi anni della sua vita, dopo la morte improvvisa di Gina nel gennaio 1976. Il dolore per la perdita ed il sentimento di inadeguatezza nei confronti di un figlio bambino da crescere, sono in parte alleviati dalla capacità di immergersi nell'arte, astraendosi così da una realtà triste, da un vuoto atroce e immenso. Ne è testimone la notevole produzione artistica e la ricerca sperimentale di forme e tecniche del '76 e '77.

Nonostante la vita segnata da molte tragedie lo avesse velato di malinconia, chi lo ha conosciuto ricorda un profondo e ironico osservatore della realtà, incuriosito e attratto dalle piccole scenette da cortile: zuffe fra animali, giochi di bambini, il chiacchiericcio delle donne sedute nell'aia; arguto e spietato nel cogliere il grottesco delle situazioni e delle figure e al tempo stesso bambino con occhi incantati di fronte alla maestà della natura; sempre prontissimo a imprimere su un minuscolo taccuino - ne aveva migliaia, e sempre uno nuovo in tasca - l'impressione, l'emozione di una scena, di un profilo, di un gesto. Molte di queste idee sarebbero poi state rielaborate e trasformate in studi, graffiti, volumi di pietra o legno; molte altre avrebbero testimoniato comunque l'attenzione non superficiale dell'artista e dell'uomo. Pareva che dalle volute di fumo dell'onnipresente bocchino - unico particolare eccentrico in un uomo che amava non farsi notare ¬traesse la forza e la concentrazione per la trasposizione sulla carta e nella materia e per l'invenzione, che sempre ha caratterizzato il suo lungo, infaticabile lavoro di scultore e disegnatore. Una produzione che inizia nella metà degli anni '30, con un crescendo di originalità e che, dal 1950 in poi, lo condurrà a partecipare in Italia a mostre collettive e ad esposizioni di ampio respiro con importanti riconoscimenti, e ad allestire alcune personali delle quali l'ultima, nel settembre del '77, a Forte dei Marmi.
Non si riteneva affatto né bello né interessante, forte del pudore di chi sa, proprio perché sa, di aver sempre molto da imparare e da studiare. Eppure era un uomo di profonda cultura e dai molteplici interessi: la narrativa, la poesia, il cinema, la musica, frequentatore e fondatore di molti circoli culturali e artistici. Amico di Mario Tobino, di Elpidio Jenco, di Arturo Dazzi e di molti altri artisti e intellettuali del suo tempo, coltivava rapporti umani, intellettuali e spirituali veri, senza indulgere a frequentazioni salottiere o di maniera, non in tono con la sua vivida e sincera umanità. In questo senso era effettivamente schivo, ed anche per questo ha raccolto indubbiamente meno successo in vita di quanto avrebbe meritato il suo talento. Muore improvvisamente, e assurdamente, il 15 ottobre del 1977 per un incidente automobilistico, e la sensazione allora, così come adesso, è che abbia lasciato qualcosa di incompiuto, un progetto a metà: la sua ricerca sulle forme e sulle grida della materia non era ancora terminata, né affievolito l'incanto
e l'emozione per la bellezza superba, l'imperturbabilità e il rigore della natura e dei cicli delle stagioni.

  Lucia Bramanti

dal catalogo della mostra "Pietre. Aristide Coluccini", Lucca , aprile-maggio 2004