Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Metamorfosi oniriche

Eugenio Riotto


Opere di scultura

inaugurazione: 24 aprile 2004 - h 19.30

esposizione: dal 24 aprile all' 8 maggio 2004

luogo: Chiostro di S. Agostino - Pietrasanta 

orario: 16.00-19.00;  lunedi chiuso

ingresso libero

 

Eugenio Riotto è presente nella collezione del Museo dei Bozzetti


Comunicato stampa

Presentazione

Le linee pure di Eugenio Riotto

Eugenio Riotto, dopo un lungo percorso al servizio dell'arte, sebbene di nascita siciliana, così profondamente permeato della terra di Versilia, giunge a Pietrasanta, culla dell'arte. Le sue figure senza volto riflettono l'anima ed i lineamenti di tutti noi, protagonisti del quotidiano e perennemente travolti dall'amore.

Le sculture di Riotto travalicano il tempo e ci trasmettono un messaggio d'amore universale: fraterno, filiale, coniugale e ... trascendente. Il messaggio sta tutto nei due angeli che si abbracciano e ci ricordano che la forza del bene in un mondo pieno di dolore è oggi l'unico possibile messaggio universale.

La bellezza intesa nel senso sublimale dell'amore e della bontà è espressione di un ideale che racchiude l'universo artistico dell'artista che lo esplicita con un'infinita dolcezza e travolgente passione.

Pietrasanta, 16 marzo 2004
L'Assessore alla Cultura
Massimiliano Simoni

Critica

Una scultura rivolta all'uomo, ai suoi sentimenti. Non è esatto dire che i testi critici sono congetture faziose, semmai sono ipotesi interpretative di un linguaggio che l'artista ha ritenuto congeniale alla costruzione del suo percorso creativo. La natura (cose e persone) ebbero origini forse solo, e lo dico celiando, per essere riprodotte: lo stupore, la paura, furono tali, alle origini, che l'uomo fu costretto a ricorrere a cauta imitazione e, successivamente, alle trasfigurazioni. Ogni elemento doveva essere filtrato da sapienza e sensibilità, destrezza e malinconia per poter rinascere una seconda volta, magari su una tela o dentro un marmo. Che l'opera d'arte continui a rimanere segreta e misteriosa rientra nell'ordine delle cose, come segreto e misterioso deve rimanere un Dio. Si chiese un santo: "Che Dio sarebbe quello che fa conoscere il proprio mistero? Ma l'artista è condannato a vivere la sua ricerca di mediazione e di trasfigurazione: la realtà è solo un pretesto, una lusinghiera provocazione che vale per le simbologie sentimentali che noi vi immettiamo e vi riconosciamo. La storia dei linguaggi è solo la documentazione dei manufatti che la realtà suggerì e suggerisce all'uomo per significare una stagione esistenziale tipica di una civiltà, particolare, e ovviamente ciò comporta che le variabili che parteciparono agli eventi siano infinite e i risultati strabilianti. Dalle origini il buio del tam-tam della foresta è giunto alla luce della IX di Beethoven e il graffito della grotte è giunto al linguaggio della Sistina. Ogni artista introdusse sempre se stesso nel proprio lavoro artistico, tanto da congiungersi con la natura donando ad essa la sua sinergia creativa e rubando ad essa i significati neutri che essa già conteneva. La pietra da il suo idolo interno, all'artista il compito di sottrarlo al suo buio e di ridonarlo ad altri significati. In Versilia il marmo delle Apuane è servito da catalizzatore nobile per artisti di tutto il mondo e di tutti i tempi partendo da Nicola e Giovanni e poi da Michelangelo, che in Versilia venivano a fare i "Maestri di taglia": qui esistono la fucina e le fusioni, qui vive il mondo dei progetti e dell'esecuzione perfetta. Passare da Pietrasanta significa mettersi in ascolto del rigore creativo, del segno della fantasia protesa alla sua libertà creativa. Qui è venuto a lavorare anche Eugenio Riotto con il suo passato di lavoratore intento a varie fatiche, di ricercatore di esperienze congeniali al suo sentire. La sua memoria è rivolta costantemente alla sagoma umana, alla modulazione di corpi femminili colti nella loro intima ed estrema finezza, non stravolti da inferni interiori e neppure proiettati dentro effimere sequenze di vita: le percorre una ingenuità che parte da lontano e che si rifà ai sentimenti semplici di una esistenza comune. Il gesso partecipa col suo candore al gioco delle forme e le patinature creano il silenzio delle superfici dove l'assenza frequente delle braccia porta a racchiudere nel busto significati più intensi, ma anche il dolore per qualche carenza, per qualche impossibile dono della propria totalità. Gli "Amanti" uniscono le forme in una sola fusione corporea che accentua la sensualità, mentre il "Bacio" assurge a purezza di visione proprio in virtù del distacco dei due corpi, con la rotondità delle membra invase da uno stesso desiderio. È quasi sempre sottinteso un affetto profondo e l'anonimato dei volti - stilizzati nella loro rotondità - toglie, sì, la possibilità di vagliare le psicologie dei personaggi, ma fa assurgere a categoria essenziale una espressione "immaginata" e pur segreta: e poiché ho visto eccellenti carboncini e tecniche miste per ritratti di antiche figure Ð a testimonianza della sua capacità descrittivamente analitica dei volti e delle mani - sono costretto a pensare che la stilizzazione delle teste sia solo un espediente stilistico in funzione di una maggiore purezza con una nota di civettuola segretezza formale. Lo si nota anche in "Paternità" dove il bambino non trova braccia per raccoglierlo, quasi per accentuare una "carenza" affettiva che l'esecuzione delicata non sembrerebbe confermare, mentre "L'attesa" modula i corpi della composizione secondo uno scandire di spazi che sa di sconforto e di esistenziale inquietudine. Simile al "Pensiero di donna" ove il pensiero immaginato viene ad unirsi ad un pudore raccontato con eleganza ma anche con un segreto virile rigore. Ne esce un "racconto" di notevole interesse formale, una confessione di nudi aperti alla serenità del loro donarsi, alla suggestione del loro esporsi in letizia. Qualcosa unisce e qualcosa divide queste figure bivalenti colme di una energia disponibile all'amplesso continuato e anche all'indifferenza, anche quando sembrano dividersi e staccarsi, unite sempre però da un vincolo originario e sanguigno che ravviva la purezza delle forme e dei colori. EÕ dominante in queste sculture la presenza di uno spirito amoroso tenerissimo, una scultura quasi appartata e lontana dagli "ismi" delle avanguardie che a Pietrasanta hanno tuttavia trovato sedi ideali e consensi notevoli. Se Riotto non ha voluto abbandonare il riferimento alla figura umana, lo deve certamente ad una sua educazione contratta nei laboratori e negli studi di quei maestri che gli sono stati vicini, nel Sud, in Francia ed altrove. Certa scultura francese dell'800 egli non l'ha dimenticata e anche Messina e Greco lo hanno affascinato con le loro forme primarie - Né l'invenzione primitiva l'ha attratto e neppure la stravaganza informale - Egli rimane così legato ai suoi affetti originari ed eterni, e lavorando si fa continuatore di una visione che rimane strettamente coerente al suo mondo, con la speranza che gli diventi abituale anche la scultura come "arte in levare", come si diceva nel ‘500, in modo che lo scalpello possa farsi ricercatore inquieto delle vene sotterranee della pietra: "levando il superfluo" dirà il Vasari, si realizza il "concetto", cioè l'opera pensata e voluta, e inoltre, aggiungo io, sarà più facile testimoniare con le forme - oltre all'amoreggiamento delicato - anche le crudeltà presenti nella natura e nella vita. Diverso si fa il discorso quando il Riotto giunge a trattare il "bassorilievo" che Leonardo considerava superiore al "tutto tondo" ed in cui la raffigurazione plastica emerge un poco dal piano di fondo. In tali bassorilievi Riotto sembra ritornare - come deve essere - alle superfici pittoriche, ove si adombrano perfino, oltre le "realtà" guardate, anche le prospettive. I bassorilievi consentono la narrazione delle storie, con forme ora più basse e ora più alte, a volte con superfici di base perfino avvallate o rialzate, e Riotto se ne serve per accostarsi a forme più nuove, con l'aggiunta di elementi meccanici e naturalistici (ruote, stelle, conchiglie, palle, fiori etc.) in modo che nasca un racconto complesso, un mare di elementi in contrasto tra loro, accennando ad una guerra di distinti e di contrari ( "Mediterraneo") oppure recupera animali e congegni, con lontani simboli antichi( "Egitto") oppure tenta un ripudio del meccanismo dilagante a favore di un' "Humanitas" poetica che tenti di sopravvivere nei segni, nei tratti modulati sulla superficie con un'amarezza che le era estranea nelle opere amorose. È qui che emerge l'indignazione per un sistema sociale non condiviso dove prevalgono la meccanizzazione e la materialità: le mani aperte o a pugno indicano un cenno di lotta e di difesa contro il sopraggiungere della brutalità innescata dai percorsi produttivi inquinanti. Tutto tende ad equilibrarsi secondo spazi distribuiti secondo un ordine mentale stabilito, in nome di una modernità che sembra volerci aggiungere - come una esigenza morale - al precedente lavoro figurale tutto dedicato all'amore. Auguriamo a Riotto un continuo ripensamento sul suo lavoro in vista di ulteriore ricchezza creativa e drammaticità di visione. Marzo 2004.
Dino Carlesi

Biografia

Eugenio Riotto nasce a Petralia Soprana (Palermo) il 12 giugno 1951. Pochi anni dopo si trasferisce con la famiglia a Roma e successivamente a Hyéres, in Costa Azzurra (Francia), dove scopre la propria vocazione artistica. Nel 1966 torna in Italia e si stabilisce a Viareggio. Qui incontra Carlo Oreste Strocco, allievo di Giacomo Grosso ed ex docente presso l'Accademia Albertina di Torino, che gli insegna la storia dell'arte, il disegno dal vero a carboncino, il disegno a pastello e la pittura ad olio. A 23 anni Riotto ha il primo contatto con una galleria d'arte di Viareggio, che gli chiede di dipingere marine: il giovane artista rifiuta. Trasferitosi a Sarzana (Liguria), partecipa a esposizioni collettive, quindi torna in Toscana e si stabilisce a Pietrasanta (Lucca). é qui che si accosta alla scultura. In realtà, da sempre Riotto è colpito più dai volumi che dai colori, approccio già insito nelle sue opere pittoriche. Per esprimere i temi che più sente - la psicologia dell'uomo, il suo mondo interiore - elimina tutto il superfluo, compreso il dettaglio anatomico. A partire dal 1993 realizza personali a Pietrasanta, Camaiore, Pontremoli, Bologna, Cracovia; sue opere sono esposte a Firenze, Roma, New York, Cannes, Capoverde (Portogallo). Il 13 dicembre 2004 apre un proprio studio a Pietrasanta, in Via Tre Luci 1, e inizia il suo percorso artistico più coerente e personale, salutato dal favore unanime della critica. L'interesse crescente del pubblico conferma la vitalità della strada intrapresa.

 

Visita il sito di Eugenio Riotto:
www.eugenioriotto.com