Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Giuliano Vangi

Giuliano Vangi


Opere di scultura, pittura e grafica

inaugurazione: 4 agosto 2004 - h 21.30

esposizione: dal 5 agosto al 19 settembre 2004

luogo: Complesso di Sant'Agostino - Pietrasanta

orario: 18.30-20.00/21.00-24.00; lunedi chiuso

ingresso libero

 

Giuliano Vangi è presente nella collezione del Museo dei Bozzetti

 


Comunicato stampa

 (versione in pdf)

 

Contatto stampa: Istituti Culturali
Ufficio Stampa
Assessorato alla Cultura
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795500; fax 0584/79558
e-mail: info@museodeibozzetti.it
www.museodeibozzetti.it


Mostra: Vangi
Artisti: Giuliano Vangi
Date esposizione: 5 agosto- 19 settembre 2004
Inaugurazione: mercoledì 4 agosto 2004, ore 21,30
Luogo: Chiesa e Chiostro di Sant'Agostino, Via S. Agostino 1, Pietrasanta
Orario apertura: 18,30 - 20,00/ 21,00-24,00


L'Assessore alla Cultura, Massimiliano Simoni, e il Comune di Pietrasanta hanno il piacere di annunciare l'apertura di Vangi, grande esposizione personale delle opere più recenti del Maestro Giuliano Vangi. L'inaugurazione avrà luogo mercoledì 4 agosto alle ore 21,30 presso la Chiesa ed il Chiostro di Sant'Agostino a Pietrasanta. La mostra, che proseguirà fino al 19 settembre, sarà corredata da un elegante catalogo con saggi critici di Umberto Baldini, Renato Barilli, Francesco Buranelli, Dino Carlesi.


Giuliano Vangi nasce nel 1931 a Barberino di Mugello (Firenze). Studia all'Istituto d'Arte, allievo di Bruno Innocenti, e successivamente all'Accademia di Belle Arti. Tra il 1950 e il 1959 insegna disegno all'Istituto d'Arte di Pesaro. Tra il 1959 e il 1962 si trasferisce in Brasile dove si dedica ad una ricerca astratta, lavorando cristalli e metalli quali ferro e acciaio. Le sue opere iniziano ad attirare l'attenzione pubblica: vince il Primo Premio al Salone di Curitiba, espone al Museo di San Paolo e partecipa ad una mostra itinerante negli Stati Uniti.
Nel 1962 ritorna in Italia e si stabilisce a Varese; insegna per alcuni anni all'Istituto d'Arte di Cantù. Dopo il suo rientro in Italia recupera la figurazione, ricorrendo a quelle doti plastiche dalla straordinaria forza espressiva che esprime lo spirito del tempo. Dal 1978 risiede a Pesaro.
Fa parte dell'Accademia del Disegno di Firenze, dell'Accademia di San Luca e dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon di Roma. Ha esposto in molte sedi prestigiose in Italia e all'estero, tra cui ricordiamo la prima importante esposizione italiana a Palazzo Strozzi nel 1967. Negli anni successivi si susseguono numerose mostre in Europa a Monaco, Vienna, Stoccarda, Amburgo, Francoforte, Londra. Nel 1981 inaugura la sua prima personale a New York presso la Sindin Gallery, e nel 1988 invece porta le sue opere in Oriente per la prima mostra a Tokyo presso la Gallery Universe. In Italia sono state allestite sue personali a Milano, Firenze, Bologna, Parma, Trieste, Grosseto, Roma, Carrara, Lucca, Ancona, Bergamo, Brescia. È stato presente ripetutamente alle più prestigiose rassegne d'arte, dalla Biennale di Venezia, a Documenta di Kassel, dal FIAC di Parigi ad Art di Basilea, dalla Biennale di San Paolo alla Quadriennale di Roma, alla Biennale di Scultura di Carrara. Ha inoltre partecipato a numerose collettive sia in Italia che all'estero. Tra le sue mostre personali più recenti, memorabili rimangono la mostra di Napoli del 1991 a Castel Sant'Elmo e la grande antologica del 1995 a Firenze, al Forte del Belvedere. Nel 2000 l'artista ha esposto agli Uffizi alla mostra "Studi per un crocifisso e opere scelte 1988-2000"; nel 2001 l'Ermitage di San Pietroburgo gli dedica un'esposizione personale e nello stesso anno si inaugura una grande mostra al Museo di Hakone in Giappone.
Vince nel 1983 il Premio del Presidente della Repubblica dell'Accademia di San Luca e nel 1994 è nominato Professore Onorario presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara; nel 2002 in Giappone gli viene assegnato il Praemium Imperiale per la scultura. Lo stesso anno, nell'ambito della manifestazione "Italia in Giappone 2001", voluta da Umberto Agnelli e dal Ministero degli Affari Esteri, lo stretto legame tra l'artista e il Giappone è definitivamente sancito dall'inaugurazione a Mishima di un Museo a lui dedicato, che si sviluppa su una superficie di 30.000 m² (2.000 coperti, il resto a parco), che contengono oltre 60 sculture e altre 40 opere, tra modelli in gesso policromato, disegni, opere di grafica oltre ad un grande mosaico di 20 metri posto all'ingresso; nell'area verde presenta, tra le altre, tre sculture monumentali: La scala del cielo, Stratificazione e L'uomo nel canneto. Progettato dall'architetto Munemoto, è la prima volta che un intero museo giapponese viene dedicato a un artista straniero vivente.
Giuliano Vangi ha realizzato numerosi monumenti collocati in contesti prestigiosi, come la statua di S. Giovanni Battista a Firenze, La Lupa in Piazza Postierla a Siena, Il Crocifisso ed il nuovo presbiterio per la Cattedrale di Padova, il nuovo altare e ambone del Duomo di Pisa, Varcare la Soglia, la grande scultura in marmo al nuovo ingresso dei Musei Vaticani, una scultura in legno policromo per la Sala Garibaldi del Senato, un ambone in pietra garganica sul tema di Maria di Magdala per la Chiesa di San Giovanni Rotondo realizzata con l'architetto Renzo Piano e dedicata a Padre Pio, la Nuova Cappella del cimitero comunale di Azzano (Lucca), inaugurata nell'ottobre 2002, creata assieme all'architetto Mario Botta, con il quale ha collaborato anche per la Il Santuario Beato Giovanni XXIII a Seriate (Bergamo), inaugurato nel maggio 2004.


Il pensiero corre al primo incontro con il Maestro nel suo studio a Pietrasanta. Immerso nel suo lavoro, carico di polvere, circondato dalle sue meravigliose creature. Si apriva per me, che da tanto inseguivo il sogno di realizzare una sua mostra a Pietrasanta, un mondo sospeso tra Espressionismo e Neo-Plasticismo, "[...] capace di sfidare le più ardite soluzioni astratto-concrete [...]" (Renato Barilli). Vedere i disegni dell'ormai finito Vangi Museo a Mishima in Giappone, fu un'emozione intensissima, superata solo dalla visita in loco, posto incantato, deputato all'arte e ad un uomo che le ha dedicato tutta la vita, materiale ed intellettiva. Passeggiare nel parco, toccare le sculture, ammirare i disegni, le pitture, fu calarsi in un luogo antico, ma allo stesso tempo così moderno. La memoria, fatta di ricordi e tradizioni, forgiata nello studio e nell'applicazione, mi trasportava in luoghi lontani carichi di storia e di passioni, l'emozione era ormai la mia ‘compagna' di questa splendida avventura.

 

L'Assessore alla Cultura Massimiliano Simoni con queste parole introduce il grande evento espositivo dell'estate: "Vangi a Pietrasanta ... un evento tanto bramato e ora divenuto realtà, una lunga attesa ripagata da una mostra semplicemente spettacolare, per l'allestimento, ma soprattutto per l'indescrivibile qualità delle opere di questo grande Maestro, artefice di un certo tipo di arte contemporanea destinata già all'eternità. Nella Chiesa di Sant'Agostino le opere più recenti ci riportano subitaneamente alla tragica, ormai quotidiana, realtà internazionale: la lotta dell'uomo contro l'uomo, ma specialmente contro se stesso, travolto da passioni feroci, che Vangi riesce a tradurre accoratamente ed espressivamente in pura materia, in cui i volti talvolta si trasformano in maschere e gli uomini in animali. L'umanità come protagonista assoluta delle sue mirabili opere, un'umanità forte, tragica, spavalda, ma anche isolata, persa, confusa, irrimediabilmente sola... Come sole, invece, perché irraggiungibili, ‘statuarie', sono le altre figure, che però rappresentano situazioni più pacate, tranquille, quasi iconiche, nella loro preziosità e unicità: pietre e marmi policromi splendono nelle altre sale del Chiostro di Sant'Agostino, assieme ai bronzi, che sfumando in patine diverse poi si completano in leghe create ad hoc.
È un universo a sé stante, il mondo di Vangi, contraddistinto da una marcata robustezza strutturale dei volumi, ma anche da morbide e sinuose superfici perfettamente levigate e da raffinate -e certosinianamente studiate- associazioni ed intarsi di materiali diversi. Così, dopo essere stato acclamato universalmente, Giuliano Vangi finalmente si ‘svela' a Pietrasanta, dove da anni ormai lavora affiancato dalle abili e versatili maestranze locali.
Desidero ringraziare sentitamente il Maestro Vangi per averci regalato tali forti emozioni, i suoi collaboratori per il loro aiuto, e tutti quelli che, come noi, hanno creduto e lavorato affinché questo meraviglioso e memorabile sogno si portasse a compimento".


Giuliano Vangi
porta con questa mostra di grandissimo valore, fortemente voluta dall'Assessore alla Cultura Massimiliano Simoni, una delle testimonianze più importanti a livello internazionale nell'ambito della scultura contemporanea. La sua ricerca che si evolve negli anni utilizzando materiali e soluzioni differenti, mette a fuoco progressivamente il soggetto assoluto delle sue opere: l'uomo. "E' la storia dell'uomo destinato, da quando ha messo piede sulla Terra, a doversi conquistare e costruire, giorno dopo giorno, fatica dopo fatica, la sua vita nel continuo avvicendarsi di lotte, a volte le più spietate e violente", così definisce la sua opera Umberto Baldini che aggiunge "l'artista Vangi ha composto il suo credo sui sentimenti e sulle azioni dell'uomo esaltandoli nella bellezza anche nei momenti di angoscia e di sgomento".


Il lungo percorso di ricerca svolto dallo scultore in questi anni è stato così descritto dal critico Renato Barilli: "Giuliano Vangi si è distinto fin dal primo momento per una volontà di andare al sodo, di afferrare la forma umana in presa diretta senza tante esitazioni, e di darcela come si presenta nei panni della quotidianità più dimessa. Egli accetta la sfida che fu di tutti i suoi colleghi anteriori nel tempo e dimostra che si può fare quanto essi ritenevano impossibile, cioè afferrare la più palpitante attualità nei suoi panni". Attraverso i marmi e i bronzi del Maestro si ripercorre un lungo cammino che ci riconduce fino alle origini della nostra storia individuale e della scultura del Novecento: "L'uomo rinuncia alla definizione Pop e diviene una delle masse plastiche essenziali care all'epoca del ‘richiamo all'ordine', dei Valori Plastici, quasi dedicando un omaggio ad Arturo Martini. Le figure di Vangi indietreggiano a fasi remote dell'evoluzione della specie, il che comporta anche il ritrovamento di certi passaggi nella storia della scultura del Novecento, operato con esemplarità provvista anche di un sapore didattico" conclude Renato Barilli.


Francesco Buranelli sottolinea l'importanza dei legami dello scultore con la tradizione artistica italiana con queste parole: "Giuliano Vangi sfrutta sapientemente la trasparenza del marmo e manifesta la sua grande maestria scultorea riuscendo a realizzare ardite soluzioni tecniche e un effetto di chiari scuri per un felice gioco di luce; del resto Giuliano Vangi mostra i suoi profondi legami con la tradizione rinascimentale della scultura italiana nell'esecuzione di certi dettagli anatomici".


Il Professor Dino Carlesi, in una sua lettera diretta all'artista, evidenzia nell'opera di Vangi il profondo senso esistenziale che si lega indissolubilmente alla ricerca artistica dello scultore: "Le tue opere nascono per narrarci di uomini e donne che vanno per le vie della città o sostano ai quadrivi del mondo/ sono sempre a portata di mano, vicini di casa o di quartiere prima di nascondersi nel marmo di cui saranno tratte/ da quel buio della natura dove gli oltraggi arrecati agli esseri umani sono ormai quotidiani/ dopo Giacometti Kafka e Montale tu li ridoni alla luce dello spazio per farne emblemi di vittorie segrete/ l'intelligenza della materia li sacralizza con carne e sangue/ dai loro sguardi esce il silenzio/ quello che ti accompagna ogni giorno nel tuo laboratorio/ un silenzio che è un grido continuato".

Presentazione

Il pensiero corre al primo incontro con il Maestro nel suo studio a Pietrasanta. Immerso nel suo lavoro, carico di polvere, circondato dalle sue meravigliose creature. Si apriva per me, che da tanto inseguivo il sogno di realizzare una sua mostra a Pietrasanta, un mondo sospeso tra Espressionismo e Neo-Plasticismo, "[...] capace di sfidare le più ardite soluzioni astratto-concrete [...]" (Renato Barilli). Vedere i disegni dell'ormai finito Vangi Museo a Mishima in Giappone, fu un'emozione intensissima, superata solo dalla visita in loco, posto incantato, deputato all'arte e ad un uomo che le ha dedicato tutta la vita, materiale ed intellettiva. Passeggiare nel parco, toccare le sculture, ammirare i disegni, le pitture, fu calarsi in un luogo antico, ma allo stesso tempo così moderno. La memoria, fatta di ricordi e tradizioni, forgiata nello studio e nell'applicazione, mi trasportava in luoghi lontani carichi di storia e di passioni, l'emozione era ormai la mia ‘compagna' di questa splendida avventura.

Vangi a Pietrasanta ... un evento tanto bramato e ora divenuto realtà, una lunga attesa ripagata da una mostra semplicemente spettacolare, per l'allestimento, ma soprattutto per l'indescrivibile qualità delle opere di questo grande Maestro, artefice di un certo tipo di arte contemporanea destinata già all'eternità.

Nella Chiesa di Sant'Agostino le opere più recenti ci riportano subitaneamente alla tragica, ormai quotidiana, realtà internazionale: la lotta dell'uomo contro l'uomo, ma specialmente contro se stesso, travolto da passioni feroci, che Vangi riesce a tradurre accoratamente ed espressivamente in pura materia, in cui i volti talvolta si trasformano in maschere e gli uomini in animali. L'umanità come protagonista assoluta delle sue mirabili opere, un'umanità forte, tragica, spavalda, ma anche isolata, persa, confusa, irrimediabilmente sola... Come sole, invece, perché irraggiungibili, ‘statuarie', sono le altre figure, che però rappresentano situazioni più pacate, tranquille, quasi iconiche, nella loro preziosità e unicità: pietre e marmi policromi splendono nelle altre sale del Chiostro di Sant'Agostino, assieme ai bronzi, che sfumando in patine diverse poi si completano in leghe create ad hoc.

È un universo a sé stante, il mondo di Vangi, contraddistinto da una marcata robustezza strutturale dei volumi, ma anche da morbide e sinuose superfici perfettamente levigate e da raffinate -e certosinianamente studiate- associazioni ed intarsi di materiali diversi. Così, dopo essere stato acclamato universalmente, Giuliano Vangi finalmente si ‘svela' a Pietrasanta, dove da anni ormai lavora affiancato dalle abili e versatili maestranze locali.

Desidero ringraziare sentitamente il Maestro Vangi per averci regalato tali forti emozioni, i suoi collaboratori per il loro aiuto, e tutti quelli che, come noi, hanno creduto e lavorato affinché questo meraviglioso e memorabile sogno si portasse a compimento.

Pietrasanta, agosto 2004
L'Assessore alla Cultura

Massimiliano Simoni

Critica

"Varcare la soglia" con Giuliano Vangi. Simbologia ed iconografia di una scultura
"Saluto cordialmente Giuliano Vangi, autore della scultura collocata in questo nuovo ingresso, e lo ringrazio perché la sua non è un'opera celebrativa, ma un invito alla riflessione sul ministero petrino, a cui la Provvidenza mi ha chiamato. Sin dal primo giorno del mio pontificato, ho avvertita ben viva la missione di aiutare l'uomo a "varcare la soglia": ad uscire dalla costrizione del materialismo verso la libertà della fede, la libertà di essere se stesso seguendo Cristo Redentore, supremo difensore della sua dignità e dei suoi diritti. Questo servizio all'uomo conosce due momenti, che sono rappresentati sui due lati del blocco di marmo: il momento dell'azione e quello, non meno importante, della preghiera. Di fronte alle umane sofferenze, infatti, la Chiesa trova in Dio la forza per sospingere l'uomo verso un futuro di speranza e di libertàÉ.". Con queste parole Sua Santità Giovanni Paolo II ha efficacemente sintetizzato l'alto valore simbolico della grandiosa scultura in marmi policromi che i Musei Vaticani hanno commissionato a Giuliano Vangi in occasione della costruzione del nuovo ingresso, ufficialmente inaugurato dal Pontefice la mattina del 7 febbraio del 2000. La scultura non vuole essere un monumento alla persona del Sommo Pontefice, ma un'opera che, con una raffinata simbologia, è dedicata al nostro tempo e al pontificato di Giovanni Paolo II caratterizzato dal costante impegno del Papa nel ridare dignità all'uomo. Un pontificato che -nell'alveo del Concilio Ecumenico Vaticano II e del magistero di Paolo VI- ha sempre posto l'accento sull'uomo, sulla sua dignità, sui suoi drammi e sulle sue sofferenze, sostenendo l'umanità tutta attraverso la forza dell'amore, della fede e della speranza. "La Chiesa -ha scritto Giovanni Paolo II nella sua prima Enciclica- non può abbandonare l'uomo la cui sorte, cioè la scelta, la chiamata, la nascita e la morte, la salvezza o la perdizione, sono in modo così stretto ed indissolubile unite al Cristo" (Redemptor hominis, 14). Un riferimento questo e una guida che ha ispirato l'intero percorso creativo dell'artista nella realizzazione di questo monumento. L'opera è una scultura a tutto tondo (alta 210 centimetri), posta su un basamento circolare di 281 centimetri di diametro, la cui struttura irregolare richiede una visione completa lungo tutto il perimetro per scoprirne i contenuti e la bellezza. Non esiste un punto di vista privilegiato, pochi gradi di spostamento bastano per scoprire inedite angolazioni visive, ma i due lati con i ritratti del Pontefice possono ritenersi la guida principale alla lettura dell'opera. Un rilievo leggermente aggettante raffigura il volto sorridente di Giovanni Paolo II con la mano sinistra sollevata. Il Pontefice è ritratto in età giovanile, ai primi anni del suo mandato, con fisico asciutto e carattere volitivo, nell'atto di liberare l'umanità da un blocco informe -metafora del materialismo che tanto ha caratterizzato il secolo appena concluso- e di accompagnarla verso uno spazio nuovo. Un gesto semplice ed energico, di sostegno e di amore verso la figura di un uomo, che simboleggia l'umanità colta nel momento in cui riconquista la sua fisicità e la sua consapevolezza di essere vivente fatto "... provato dal peso delle atrocità dell'umanità che come pensieri fissati sulla pietra si materializzano sulla candida veste del Pontefice che costantemente, durante tutto il suo lungo pontificato, ha sempre levato la sua voce a difesa dell'umanità afflitta e perseguitata. La dolorosa concentrazione del suo volto sovrasta le piccole figure appena graffiate, con episodi di violenza, di sofferenza e di morte. Una preghiera che accompagna l'umanità soprattutto nella sua povertà, nei suoi errori e nelle sue cecità. Tra queste scene di violenza si staglia la figura della Beata Madre Teresa di Calcutta protesa verso un gruppo di bambini in un gesto di carità, di speranza e di vita. L'azione e la preghiera del Papa, dunque, guidano e sostengono il cammino dell'umanità. A mano a mano che si gira attorno alla scultura l'opera presenta scorci ed aspetti diversi e contrastanti tra loro, che oscillano tra un figurativismo fortemente simbolico ed un sorprendente ed inusuale astrattismo che per la prima volta si manifesta nella scultura di Giuliano Vangi riassumendo così con una magistrale sinteticità i due filoni portanti dell' eclettica ricerca artistica del Novecento. Quasi improvvisamente, infatti, il monumento riesce ad assottigliarsi e a diventare inaspettatamente un' esile opera astratta, più protesa verso la ricerca spaziale di Lucio Fontana, con i suoi famosi "tagli", che ad una tipica produzione di Giuliano Vangi, se non fosse per il forte aggetto di una gigantesca mano oppure per l'appena visibile profilo del Santo Padre concepito per non essere visto da questa particolare angolazione. La più tipica espressione artistica di Giuliano Vangi la ritroviamo, invece, nella grande figura maschile. Il suo corpo monumentale caratterizzato da un profondo solco sul petto è enfatizzato da alcune parti anatomiche volutamente fuori misura poiché non ha più importanza il valore delle proporzioni, ma solo !'intensità dell' espressione al di sopra di ogni canone di bellezza. Così, anche l'uso sul volto di differenti materie vuole sperimentare un effetto luministico e pittorico per accentuare l'intensità di uno sguardo penetrante ed intenso incentrato sugli occhi in avorio che ben si fondono con la calda tonalità del giallo di Siena dei capelli. In marmo cipollino è realizzato l'elegante motivo vegetale, simbolo della natura, che sembra crescere e seguire lo slancio della figura. Giuliano Vangi sfrutta sapientemente la trasparenza del marmo e manifesta la sua grande maestria scultorea riuscendo, da una parte, a realizzare ardite soluzioni tecniche come nella gamba destra dell'uomo scavata in negativo nel marmo che per un effetto di chiaro scuri e per un felice gioco di riflessi di luce diventa sorprendentemente la struttura portante della possente figura maschile. Dall'altra parte Giuliano Vangi mostra i suoi profondi legami con la più alta tradizione rinascimentale della scultura italiana nell' esecuzione di alcuni dettagli anatomici quali i piedi e le mani dell'uomo che dimostrano ancora una volta le sue indubbie qualità artistiche. La convivenza di linguaggi e di materiali diversi si completano a vicenda senza cadere nel rischio della frammentazione e del contrasto, resi coerenti e significanti dalla compostezza formale e dal rigore compositivo dell'opera. Come abbiamo potuto dimostrare Giuliano Vangi in quest'opera riesce a "scrollarsi di dosso" il peso della materia che simbolicamente rappresenta per l'artista tutto quel bagaglio di ideologie e di obblighi societari che lo avevano più volte in passato portato a scolpire la sua umanità, in pose non naturali, ingabbiata in una "materia", più o meno invisibile, che non lo lasciava libero di esprimersi e di vivere in tutta la sua spontaneità. Questo è il sottile filo conduttore che unisce tra loro alcune sculture di Giuliano Vangi nelle quali l'artista affronta questo tema. Tra il 1965 e il 1968 è la volta di alcune figure in bronzo totalmente imprigionate in cubi e parallelepipedi di plexiglas, una di esse è particolarmente interessante poiché l'uomo tenta invano di oltrepassare questa invisibile sovrastruttura che si dimostra talmente compatta ed insuperabile da deformarne le fattezze del viso della persona. Nel 1972 Vangi ritorna su questo tema realizzando due sculture Uomo nel blocco di plexiglas e Uomo vestito nel blocco di plexiglas che rappresentano quanto l'artista subisse e soffrisse di questo condizionamento intangibile, tanto da raffigurare i suoi personaggi completamente imprigionati in pose innaturali ed inconsapevolmente angosciate dalla loro esistenza. Tema riproposto con immutata drammaticità nel 1987 nella scultura Uomo nel cubo. Solo con gli inizi degli anni '90 affrontando altre tematiche e soprattutto avvicinandosi all' arte sacra Giuliano Vangi supera questa visione pessimistica dell'esistenza come già si riesce ad intravedere nell'Uomo che si riflette nell'acqua del 1994 dove la riconquistata libertà si accompagna ancora con il ricordo di un passato ancora non tanto remoto rappresentato dalla propria immagine riflessa nell' acqua, realizzata con lo stesso principio delle sculture degli anni '70 con una figura maschile, oggi più serena, ma ancora completamente prigioniera della materia. Questa visione pessimista della vita incentrata nell'opprimente rapporto tra l'uomo e le ideologie materialistiche del Novecento, rappresentate nelle opere di Giuliano Vangi da un blocco di marmo o di plexiglas, viene finalmente superata nella scultura Varcare la soglia. Giuliano Vangi riconosce nell'azione evangelizzatrice della Chiesa e soprattutto attribuisce alla guida umana e pastorale di Giovanni Paolo II il merito di aver indicato la via della Salvezza all'umanità dandole la fiducia necessaria e spronandola nella ricerca del Vero. La potente figura di uomo che con decisione e convinzione si allontana dalla "materia", sottolinea i molteplici aspetti e significati dell' opera posta nel nuovo ingresso dei Musei Vaticani: varcare la soglia del millennio che con il Grande Giubileo del 2000 è stato uno dei momenti più significativi della Chiesa di Roma e del pontificato di Giovanni Paolo II; - varcare la soglia di uno dei più grandi musei del mondo dove la scultura di Vangi è conservata insieme alle più insigni testimonianze del percorso spirituale, artistico e culturale dell'uomo nelle diverse epoche e civiltà; - varcare la soglia del Vaticano residenza del Vicario di Cristo in terra; - varcare la soglia della Speranza secondo l'insegnamento del Santo Padre e secondo l'arte di Giuliano Vangi. Resta ancora un ultimo punto da affrontare tra i tanti simboli presenti in quest'opera: la figura dell'uomo, di cui già tanto abbiamo parlato, ma che ancora non abbiamo messo in giusto rap-porto con il grande crocifisso realizzato da Giuliano Vangi nello stesso periodo per il Duomo di Padova. Confrontando le due opere, oppure come ebbi la fortuna di vedere i due modelli in gesso casualmente accostati nello studio dell' artista a Pietrasanta, subito emerge la forte somiglianza tra il Cristo in croce a Padova e l'uomo che riconquista la sua corporeità e la sua consapevolezza nell' opera dei Musei Vaticani. Quasi che lo scultore abbia voluto offrire un più illuminante ed intimo messaggio che Cristo continua ancora oggi, più di ieri, ad essere in mezzo a noi e ad indicarci la strada della Salvezza. La scultura dei Musei Vaticani con questa nuova proposta di lettura non si deve più interpretare "a senso unico", vale a dire non è più solo la Chiesa ad indicare all'umanità la strada verso la Salvezza, ma è sempre Cristo fatto uomo a guidare la Sua Chiesa.
Francesco Buranelli

Biografia

Giuliano Vangi nasce nel 1931 a Barberino di Mugello a Firenze. Studia all'Istituto d'Arte, allievo di Bruno Innocenti, e successivamente all'Accademia di Belle Arti. Tra il 1950 e il 1959 insegna disegno all'Istituto d'Arte di Pesaro. Tra il 1959 e il 1962 si trasferisce in Brasile dove si dedica ad una ricerca astratta, lavorando cristalli e metalli quali ferro e acciaio. Le sue opere iniziano ad attirare l'attenzione pubblica: vince il Primo Premio al Salone di Curitiba, espone al Museo di San Paolo e partecipa ad una mostra itinerante negli Stati Uniti.
Nel 1962 ritorna in Italia e si stabilisce a Varese; insegna per alcuni anni all'Istituto d'Arte di Cantù. Dopo il suo rientro in Italia recupera la figurazione, ricorrendo a quelle doti plastiche dalla straordinaria forza espressiva che esprime lo spirito del tempo. Dal 1978 risiede a Pesaro.
Fa parte dell'Accademia del Disegno di Firenze, dell'Accademia di San Luca e dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon di Roma. Ha esposto in molte sedi prestigiose in Italia e all'estero, tra cui ricordiamo la prima importante esposizione italiana a Palazzo Strozzi nel 1967. Negli anni successivi si susseguono numerose mostre in Europa a Monaco, Vienna, Stoccarda, Amburgo, Francoforte, Londra. Nel 1981 inaugura la sua prima personale a New York presso la Sindin Gallery, e nel 1988 invece porta le sue opere in Oriente per la prima mostra a Tokyo presso la Gallery Universe. In Italia sono state allestite sue personali a Milano, Firenze, Bologna, Parma, Trieste, Grosseto, Roma, Carrara, Lucca, Ancona, Bergamo, Brescia. È stato presente ripetutamente alle più prestigiose rassegne d'arte, dalla Biennale di Venezia, a Documenta di Kassel, dal FIAC di Parigi ad Art di Basilea, dalla Biennale di San Paolo alla Quadriennale di Roma, alla Biennale di Scultura di Carrara. Ha inoltre partecipato a numerose collettive sia in Italia che all'estero. Tra le sue mostre personali più recenti, memorabili rimangono la mostra di Napoli del 1991 a Castel Sant'Elmo e la grande antologica del 1995 a Firenze, al Forte del Belvedere. Nel 2000 l'artista ha esposto agli Uffizi alla mostra "Studi per un crocifisso e opere scelte 1988-2000"; nel 2001 l'Ermitage di San Pietroburgo gli dedica un'esposizione personale e nello stesso anno si inaugura una grande mostra al Museo di Hakone in Giappone.
Vince nel 1983 il Premio del Presidente della Repubblica dell'Accademia di San Luca e nel 1994 è nominato Professore Onorario presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara; nel 2002 gli viene assegnato il Praemium Imperiale per la scultura. Lo stesso anno, nell'ambito della manifestazione "Italia in Giappone 2001", voluta da Umberto Agnelli e dal Ministero degli Affari Esteri, lo stretto legame tra l'artista e il Giappone è definitivamente sancito dall'inaugurazione a Mishima di un Museo a lui dedicato, che si sviluppa su una superficie di 30.000 m² (2.000 coperti, il resto a parco), che contengono oltre 60 sculture e altre 40 opere, tra modelli in gesso policromato, disegni, opere di grafica oltre ad un grande mosaico di 20 metri posto all'ingresso; nell'area verde presenta, tra le altre, tre sculture monumentali: La scala del cielo, Stratificazione e L'uomo nel canneto. Progettato dall'architetto Munemoto, è la prima volta che un intero museo giapponese viene dedicato a un artista straniero vivente.
Giuliano Vangi ha realizzato numerosi monumenti collocati in contesti prestigiosi, come la statua di S. Giovanni Battista a Firenze, La Lupa in Piazza Postierla a Siena, Il Crocifisso ed il nuovo presbiterio per la Cattedrale di Padova, il nuovo altare e ambone del Duomo di Pisa, Varcare la Soglia, la grande scultura in marmo al nuovo ingresso dei Musei Vaticani, una scultura in legno policromo per la Sala Garibaldi del Senato, un ambone in pietra garganica sul tema di Maria di Magdala per la Chiesa di San Giovanni Rotondo dedicata a Padre Pio, inaugurata il primo luglio 2004, e realizzata in collaborazione con l'architetto Renzo Piano, la Cappella la nuova cappella del cimitero comunale Azzano (Lucca) inaugurata nell'ottobre 2002 creata assieme all'architetto Mario Botta, con il quale ha collaborato anche per la Il Santuario Beato Giovanni XXIII a Seriate (Bergamo), inaugurato nel maggio 2004.