Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Donna Scultura II edizione

De Henriquez, Golandski, Spravkin, Van der Merwe


Hanno partecipato:

Fiore De Henriquez, Anat Golandski, Silvina Spravkin, Caroline Van der Merwe

 

Mostra di scultura a cura di Chiara Celli e Valentina Fogher

inaugurazione: 21 febbraio 2004 - h 17.00

esposizione: dal 21 febbraio al 14 marzo 2004

luogo: Chiesa di S. Agostino - Pietrasanta

orario: 15.30-19.00;  lunedi chiuso

ingresso libero


Comunicato stampa

 (versione in pdf)

 

Contatto Stampa: Alessia Lupoli
Ufficio Stampa
Gabinetto del Sindaco
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795226; fax 0584/795269
"Alessia Lupoli" gabinetto.sindaco@comune.pietrasanta.lu.it
www.museodeibozzetti.com

 

 

Mostra: DonnaScultura. 4 Espressioni per 4 Artiste - II edizione
Artisti: Fiore de Henriquez, Anat Golandski,
Silvina Spravkin, Caroline van der Merwe
Date esposizione: 21 febbraio - 14 marzo 2004
Inaugurazione: 21 febbraio 2004, ore 17,00 - Salone dell'Annunziata
Luogo: Chiesa di Sant'Agostino, Pietrasanta
Orario apertura: 15,30 - 19,00


L'Assessore alla Cultura, Massimiliano Simoni, e il Comune di Pietrasanta sono onorati di presentare la seconda edizione di DonnaScultura - 4 Espressioni per 4 Artiste con opere di Fiore de Henriquez, Anat Golandski, Silvina Spravkin e Caroline van der Merwe. Questa iniziativa, organizzata dall'Assessorato alla Cultura e curata dall'architetto Chiara Celli e dalla dottoressa Valentina Fogher, comprende non solo la mostra, ma anche un interessante catalogo, una tavola rotonda con le artiste il giorno dell'inaugurazione e la collocazione permanente di alcuni dei loro bozzetti con relativi apporti didattici al Museo dei Bozzetti 2. La mostra, che si terrà nella Chiesa di Sant'Agostino di Pietrasanta dal 21 febbraio al 14 marzo 2004, s'inaugurerà nel Salone dell'Annunziata con la partecipazione delle artiste, sabato, 21 febbraio 2004 alle ore 17,00.

A proposito di DonnaScultura, così si esprime Massimiliano Simoni: "Alla seconda edizione di DonnaScultura, questa volta presentata in un'atmosfera più mistica, nella Chiesa di Sant'Agostino, partecipano quattro valenti scultrici, che da molti anni vivono e operano a Pietrasanta, tanto da esserne diventate parte integrante. Così Fiore de Henriquez, Anat Golandski, Silvina Spravkin e Caroline van der Merwe attraverso le loro opere ci raccontano un po' della loro vita, della loro filosofia. E quale migliore linguaggio di quello internazionale dell'arte, che a Pietrasanta appunto è il mezzo di comunicazione per antonomasia, capito, percepito e usato da tutti, artisti, artigiani e non? DonnaScultura non è solo un'ennesima mostra a Pietrasanta, ma vuole essere sia un punto d'incontro, per poter condividere e apprezzare il lavoro di quattro grandi artiste, con le loro parole e le loro creazioni, che anche un punto di partenza, da cui infatti, avendo innescato un dialogo artistico, testimoniale di storie concrete, si possa continuare a crescere guardando ed ascoltando esperienze altrui. Questi percorsi creativi infatti non svaniscono qui, ma, come le testimonianze dell'anno passato, vengono poi allestiti dall'arch. Chiara Celli al Museo dei Bozzetti 2, dove è stata appunto creata una sezione dedicata a DonnaScultura, chiamata Scultrici: dal bozzetto all'opera. Un caloroso ringraziamento va quindi alle artiste protagoniste di questa edizione per aver aderito all'iniziativa ed aver acconsentito di dividere con noi episodi della loro vita anche molto intensi."

 

Presentazione

Alla seconda edizione di DonnaScultura, questa volta presentata in un'atmosfera più mistica, nella Chiesa di Sant'Agostino, partecipano quattro valenti scultrici, che da molti anni vivono e operano a Pietrasanta, tanto da esserne diventate parte integrante. Così Fiore de Henriquez, Anat Golandski, Silvina Spravkin e Caroline van der Merwe attraverso le loro opere ci raccontano un po' della loro vita, della loro filosofia. E quale migliore linguaggio di quello internazionale dell'arte, che a Pietrasanta appunto è il mezzo di comunicazione per antonomasia, capito, percepito e usato da tutti, artisti, artigiani e non?

DonnaScultura non è solo un'ennesima mostra a Pietrasanta, ma vuole essere sia un punto d'incontro, per poter condividere e apprezzare il lavoro di quattro grandi artiste, con le loro parole e le loro creazioni, che anche un punto di partenza, da cui infatti, avendo innescato un dialogo creativo, testimoniale di storie concrete, si possa continuare a crescere guardando ed ascoltando esperienze altrui. Questi percorsi creativi infatti non svaniscono qui, ma, come le testimonianze dell'anno passato, vengono poi allestiti dall'arch. Chiara Celli al Museo dei Bozzetti 2, dove è stata appunto creata una sezione dedicata a DonnaScultura, chiamata Scultrici: dal bozzetto all'opera.

Un caloroso ringraziamento va quindi alle artiste protagoniste di questa edizione per aver aderito all'iniziativa ed aver acconsentito di dividere con noi episodi della loro vita anche molto intensi.

Pietrasanta, 11 febbraio 2004
L'Assessore alla Cultura
Massimiliano Simoni

Critica

Dire che sulla scia di Botero, di Mitoraj, di Theimer, di Folon, di Yasuda, Pietrasanta abbia spalancato di proposito le porte-di Sant 'Agostino si intende- anche alle artiste di tutto il mondo che praticano la mascolina arte della scultura, cioè proprio per ristabilire la divisione equa del campo fra i due sessi,può apparire espressione banale ma non la è per diversi motivi. Innanzitutto perché se Pietrasanta si è meritata l appellativo di nouvelle Athène, di cui va giustamente orgogliosa, lo deve alla massima libertà di confronto concessa agli artisti di estrazione linguistica e di qualsiasi provenienza, maschi o femminine che siano. I quali o le quali hanno lentamente individuato in questo comportamento la via giusta delle loro scelte per una sede operativa leale, chiara, civile. Sopratutto serena. E poi ha operato cercando con la massima cura di evitare la creazione di ghetti femminili o maschili che fra l'altro avrebbero accentuato non il carattere di sfida ma quello di un fantastico separatismo disdicevole e particolare nocivo alla sviluppo di un espressione di civiltà basata sull' armonia; rammentando a tutti che l' armonia nella convivenza l' uomo e la donna, non hanno mai ripudiata sin dalla primissima occasione di divorzio offerta loro dal' infelice soggiorno dell' Eden.
Sicché dopo l'esperienza positiva fatta con la prima edizione di DonnaScultura ideata e realizzata dall' Assessorato alla Cultura del Comune nel febbraio dell'anno passato ( Blumenfeld, Chromy, Gamundi, e Giovannini) Pietrasanta e il pubblico cosmopolita che ha seguito l'avvenimento muovendosi anche dai più lontani lidi della Regione e di quelle confinanti per rendersi conto de visu di quanto fossero brave e perfino estrose quelle scultrici piovute nel chiostro di Sant' Agostino recando nella mente e nel cuore i segni delle diverse culture dominanti nei loro Paesi; e questo pubblico cosmopolita ha espresso un vasto consenso all'iniziativa pietrasantina e ne ha diffuso ai quattro venti i motivi della sua validità. Eccoci dunque alla seconda tornata. Le protagoniste sono Fiore de Henriquez che è l' unica fra le espositrici nata in Italia, educata all' arte di Arturo Martini a Venezia e di Antonio Berti a Sesto Fiorentino. C'è poi Anat Golanddski, israeliana di Gerusalemme che nella Università di quella città si Laurea in Filosofia e Teatro e a Tel Aviv esprime le proprie doti culturali e artistiche che contribuiscono a farla accogliere nel mondo vivace della cultura del suo Paese. Infine approda a Pietrasanta per seguire corsi di apprendistato nelle allettanti tecniche del marmo , delle terrecotte e del bronzo negli studi artigiani più noti del mondo e che qui hanno attratto i personaggi oggi celebri citati all' inizio di questo rapido intervento. E c'è Silvina Spravkin, nata a Buenos Aires e trasferitasi a Pietrasanta nel 1976 a seguire e sviluppare due interessi particolari colti nell' ampia area dell' arte; il marmo e il mosaico veneziano. Quindi riprende i suoi viaggi con relative soste più o meno prolungate nei Paesi che potevano offrire appagamento alle sue esigenze artistiche. Dall' Egitto al Guatemala al Messico, assimilandone rapidamente lo spirito che ha vitalizzato le loro antiche civiltà; per tornare ad ogni modo al suo primo amore: che è Pietrasanta nella quale oggi vive e lavora.
C'è infine Caroline Van der Merwe nata in Tanzania che l' ha avviata poi con i notevoli suggerimenti storico- eserici offerite da tutto il sud africa e anche dalla Francia e dalla Germania. Dulcis in fundo Pietrsanta. E qui vive (e lavora ) dal 1983.
Questi i nomi delle protagoniste della nuova impresa. E a valutarne le singole poetiche non è improbabile che accada, a chiunque si accinge ad affrontarle, di trarne il convincimento che qualche cosa di magico ci sia, oltre che nella manifestazione espositiva, anche e soprattutto in questa Pietrasanta sapientemente adagiata nel suo successo, nel senso che sembra di non essersene mai accorta, per cui considera ogni volta l'affollamento per nuove mostre sulla piazza per antonomasia come un rituale che dalla primavera all'autunno vi richiama turisti d'élite o quelli del "tutto compreso", amatori e cacciatori di nuove invenzioni nell'Arte da esaltare o da condannare spietatamente nelle loro gazzette. Sembra che una placida indifferenza accompagni la garbata sopportazione dei bavagli temporanei al traffico o alla circolazione pedonale non più liberissima come, d'inverno, in alcune occasioni per placidamente deambulare nel centro storico o la difficoltà di trovare un posto libero a un tavolino per sorseggiare con tranquillità una buona tazza di caffè. Tutto fa parte di un atteggiamento di notevole condiscendenza verso quanto accade nelle sue belle strade, nelle sue tante gallerie d'arte moltiplicatesi come funghi lungo le geometriche diramazioni viarie che partono dalla piazza per antonomasia sulla quale si affacciano il Duomo e il campanile in cotto, splendido, gioiello che par si adegua alla riverenza collegiale di tutto quanto è ornamento di quello spazio nei confronti di quanto accade, sulla piazza stessa e nella vicina chiesa di Sant'Agostino in cui ciclicamente sculture e dipinti ci concentrano l'attenzione dei visitatori. Di tantissima gente. È questo il miracolo nuovo che ha coinvolto Pietrasanta nel dopoguerra. Anche se dall'atmosfera soft della chiesa-esposizione la nobile eleganza delle sculturine di Silvina Spravkin che polarizzano l'interesse e il rispetto silenzioso dei molti visitatori ai quali richiamano alla mente le parole scritte in una recensione di questa scultura da Nicola Micieli. Ossia che suscita un senso ineffabile di levità per cui la materia appare depurata e come priva di peso specifico, "quasi una sorta di permutazione alchemica". Anche se dal noto urlo silente del '95 Caroline Van der Merwe, rimescolando l'immagine ne deriva una composizione forte e sconcertante come quell'urlo non più "silente" che si fa tragico "urlo di dolore", assordante, della donna africana disperatamente accorata nella sua condizione di vittima e madre di vittime innocenti, invocante l'aiuto del mondo. Un aiuto che non arriva... E si avverte nella morbida ma enigmatica penombra del luogo sacro la visione ossessiva del paraplegico, di Anat Golandski, che attraversa i muri. E' il ritratto del padre terribilmente malato accanto al quale -scrive lei stessa- "sono stata a vivere per 19 anni, consapevole di avere vicino me una persona dal corpo deformato". Diciannove anni. Con dolore. E ne fa una scultura in creta con l'intento di esprimere il corpo di una ballerina e le vien fatto quello del genitore angosciante, visione sfociata in una grossa tragedia umana vissuta da figlia e rivissuta da artista. Dell'italiana Fiore de Henriquez è importante cogliere il dramma vissuto nella umiliazione di un atto barbarico commesso a Salerno da ignoti che le hanno distrutto il monumento concepito e realizzato in seguito alla vincita di un concorso pubblico, a commemorazione di un personaggio di nome don Giovanni Cuomo. L'opera fu distrutta nottetempo. Un dispetto delinquenziale? una disapprovazione incivile? comunque una ferita dolorosa inferta al suo orgoglio e all'arte (forse perché di mano femminile) che lei cercò di superare trasferendosi in Inghilterra, la civile Inghilterra che la ricompenserà con soddisfazioni ampie per via dei suoi ritratti rimasti famosi: Peter Ustinov, Lorence Olivier, la Regina Madre Elisabetta. A conclusione, intendo dire che in una rassegna come questa offerta da Pietrasanta in attesa della sospirata primavera meteorologica, ad ogni modo molto interessante per molti versi, si ha la ventura di apprezzare l'ampia sensibilità attraverso la quale le operatrici rivelano i loro sentimenti, le loro ansie, le loro gioie e le malinconie che ne mettono a nudi l'anima. Ed evitando le insinuazioni di rito che gli irriducibili hanno preparato certamente da tanto tempo, cianciando di retorica che la mostra anche nel suo complesso svuota di qualsiasi attendibilità, facciamo sì che la cosa ci inviti a "leggere" attentamente, magari rischiando anche di commuoverci in barba a quella paventata retorica le pagine scolpite nel marmo, modellate nel gesso e nella creta, o fuse nel metallo. Tutte materie vive, rese vive dall'intensità della ricerca, della tensione costante che gli obiettivi per la loro natura esasperavano e che trasmette alle immagini il pulsare del sangue che corre nelle nostre vene, la gioia invocata da un volto carezzato dall'armonia o dalla violenza del segno, da un fare artigianale che qui, nei laboratori di Pietrasanta, si è fatto arte. Anzi Arte, con l'iniziale maiuscola. Tommaso Paloscia Quattro donne, quattro storie, quattro vite, quattro modi di affrontare la scultura, un unico comune denominatore: Pietrasanta. Come per la prima edizione di DonnaScultura, anche quest'anno si è ripetuta la magia di scoprire quattro artiste che vivono e lavorano a Pietrasanta. Venute da culture e luoghi completamente diversi, ad un certo punto della loro vita sono arrivate qui e qui sono rimaste. Pietrasanta è come una culla, una madre adottiva affettuosa, che accoglie a braccia aperte tutti questi pellegrini dell'arte - e non solo - e li sta ad ascoltare, li accudisce, crea loro l'ambiente ideale per creare. E questa energia creativa si sente, è palpabile quando si cammina in Piazza del Duomo e ancora di più quando si va nei laboratori o meglio negli studi degli artisti, come quelli di queste quattro protagoniste. Le loro opere sono spesso testimonianza di vita vissuta, memorie che si portano gelosamente e pesantemente nel cuore e che grazie ai loro lavori diventano un messaggio per tutti. O forse non proprio indistintamente per tutti, ma solo per quelli che sanno ascoltare le loro parole fatte di marmo, di bronzo, di gesso, di creta, vedere la passione e la difficoltà che emerge da una loro scultura, capire la profonda storia che c'è dietro, lasciarsi invadere dalle emozioni che queste opere trasmettono. Con l'architetto Chiara Celli, grande compagna in quest'avventura, siamo andate a fare visita a queste scultrici per invitarle a fare parte di questo progetto. Inevitabilmente ci siamo trovate in balia di sensazioni fortissime di 'Stendahliana' memoria: quattro vite completamente diverse ma allo stesso tempo uguali nella purezza e veridicità dei loro intenti. La verità surclassa la menzogna e forse proprio per questo fa male quando la si rende palese. Non abbiamo purtroppo avuto l'opportunità di comunicare con Fiore de Henriquez, triestina di nascita, ma cosmopolita di origine e di vita. Fiore vive ora un po' dietro le quinte, colpita da una tremenda malattia, dopo aver vissuto e creato intensamente. Abita a Peralta, un delizioso paesino, che sembra dipinto tra le nuvole e le dolci colline sopra Pieve di Camaiore. Lì, con le sue sculture, domina la valle ed il mondo, spaziando con lo sguardo dal panorama quattrocentesco all'infinita vastità del mare. E lì abbiamo scoperto un altro mondo, il mondo di Fiore, circondata dall'amore delle meravigliose persone che l'assistono e dalla sue creazioni, che aspettano solo che da un giorno all'altro lei si riaffacci allo studio. Anat Golandski, israeliana, ci ha accolto nel suo nuovo studio, rilevato nel cuore di Pietrasanta da noti artigiani che ora collaborano con lei. é un'iniziativa coraggiosa, per chiunque, ma soprattutto per una donna, artista e madre di famiglia. Ma è anche una sfida, un voler ricominciare a dedicarsi di più all'arte e alla tecnica, portando alla luce ciò che è rimasto sopito fin da troppo tempo sia nel suo ambito artistico che in quello 'nuovo' artigianale. Anat dice di andar cercando una linea, un suo stile, ma forse non si rende conto che l'ha già raggiunto, nella perfetta sintonia di messaggio-opera d'arte che lei riesce a trasmettere, ponendo se stessa per prima in discussione. Con Silvina Spravkin, di origine russa, ma nata e cresciuta in Argentina, siamo incoscientemente scivolate nel clima dolce-amaro di un Gabriel Garcia Marquez, dove l'evidenza in effetti nasconde un'altra profonda verità. Il suo studio pieno di luce e di profumi, in mezzo alla campagna pietrasantina, è accogliente, quanto lei e le sue opere. I suoi occhi intensi raccontano più delle sue parole dolcemente cantilenanti ed i suoi pezzi, apparentemente innocui e tecnicamente perfetti, fanno venire i brividi per ciò che racchiudono, e, al caso, trasmettono. Caroline van der Merwe sembra invece essere uscita dalla penna di Karen Blixen, per il suo modo così naturale di esprimere e denunciare i grandi dolori che ha visto in Sud Africa. Gli occhi le ridono quando parla, ma la sua chioma candida è testimone di un passato intenso, vissuto. La morbidezza delle sue figure talvolta non nasconde le urla silenti, quasi soffocate di alcune sue sculture, un grido lontano, atavico, immanente, che il più delle volte non vogliamo né sentire né vedere. Il risultato di questo meraviglioso viaggio tra le vite di queste quattro artiste è stato un inestimabile bagaglio di emozioni, che sono diventate non solo arricchimento artistico e culturale, ma grandi lezioni di vita.

 

Quattro donne, quattro storie, quattro vite, quattro modi di affrontare la scultura, un unico comune denominatore: Pietrasanta. Come per la prima edizione di DonnaScultura, anche quest'anno si è ripetuta la magia di scoprire quattro artiste che vivono e lavorano a Pietrasanta. Venute da culture e luoghi completamente diversi, ad un certo punto della loro vita sono arrivate qui e qui sono rimaste. Pietrasanta è come una culla, una madre adottiva affettuosa, che accoglie a braccia aperte tutti questi pellegrini dell'arte - e non solo - e li sta ad ascoltare, li accudisce, crea loro l'ambiente ideale per creare. E questa energia creativa si sente, è palpabile quando si cammina in Piazza del Duomo e ancora di più quando si va nei laboratori o meglio negli studi degli artisti, come quelli di queste quattro protagoniste. Le loro opere sono spesso testimonianza di vita vissuta, memorie che si portano gelosamente e pesantemente nel cuore e che grazie ai loro lavori diventano un messaggio per tutti. O forse non proprio indistintamente per tutti, ma solo per quelli che sanno ascoltare le loro parole fatte di marmo, di bronzo, di gesso, di creta, vedere la passione e la difficoltà che emerge da una loro scultura, capire la profonda storia che c'è dietro, lasciarsi invadere dalle emozioni che queste opere trasmettono. Con l'architetto Chiara Celli, grande compagna in quest'avventura, siamo andate a fare visita a queste scultrici per invitarle a fare parte di questo progetto. Inevitabilmente ci siamo trovate in balia di sensazioni fortissime di 'Stendhaliana' memoria: quattro vite completamente diverse ma allo stesso tempo uguali nella purezza e veridicità dei loro intenti. La verità surclassa la menzogna e forse proprio per questo fa male quando la si rende palese. Non abbiamo purtroppo avuto l'opportunità di comunicare con Fiore de Henriquez, triestina di nascita, ma cosmopolita di origine e di vita. Fiore vive ora un po' dietro le quinte, colpita da una tremenda malattia, dopo aver vissuto e creato intensamente. Abita a Peralta, un delizioso paesino, che sembra dipinto tra le nuvole e le dolci colline sopra Pieve di Camaiore. Lì, con le sue sculture, domina la valle ed il mondo, spaziando con lo sguardo dal panorama quattrocentesco all'infinita vastità del mare. E lì abbiamo scoperto un altro mondo, il mondo di Fiore, circondata dall'amore delle meravigliose persone che l'assistono e dalla sue creazioni, che aspettano solo che da un giorno all'altro lei si riaffacci allo studio. Anat Golandski, israeliana, ci ha accolto nel suo nuovo studio, rilevato nel cuore di Pietrasanta da noti artigiani che ora collaborano con lei. é un'iniziativa coraggiosa, per chiunque, ma soprattutto per una donna, artista e madre di famiglia. Ma è anche una sfida, un voler ricominciare a dedicarsi di più all'arte e alla tecnica, portando alla luce ciò che è rimasto sopito fin da troppo tempo sia nel suo ambito artistico che in quello 'nuovo' artigianale. Anat dice di andar cercando una linea, un suo stile, ma forse non si rende conto che l'ha già raggiunto, nella perfetta sintonia di messaggio-opera d'arte che lei riesce a trasmettere, ponendo se stessa per prima in discussione. Con Silvina Spravkin, di origine russa, ma nata e cresciuta in Argentina, siamo incoscientemente scivolate nel clima dolce-amaro di un Gabriel Garcia Marquez, dove l'evidenza in effetti nasconde un'altra profonda verità. Il suo studio pieno di luce e di profumi, in mezzo alla campagna pietrasantina, è accogliente, quanto lei e le sue opere. I suoi occhi intensi raccontano più delle sue parole dolcemente cantilenanti ed i suoi pezzi, apparentemente innocui e tecnicamente perfetti, fanno venire i brividi per ciò che racchiudono, e, al caso, trasmettono. Caroline van der Merwe sembra invece essere uscita dalla penna di Karen Blixen, per il suo modo così naturale di esprimere e denunciare i grandi dolori che ha visto in Sud Africa. Gli occhi le ridono quando parla, ma la sua chioma candida è testimone di un passato intenso, vissuto. La morbidezza delle sue figure talvolta non nasconde le urla silenti, quasi soffocate di alcune sue sculture, un grido lontano, atavico, immanente, che il più delle volte non vogliamo né sentire né vedere. Il risultato di questo meraviglioso viaggio tra le vite di queste quattro artiste è stato un'inestimabile bagaglio di emozioni, che sono diventate non solo arricchimento artistico e culturale, ma grandi lezioni di vita.

Valentina Fogher


Donna Scultura 2004 Come già è avvenuto nell'edizione dello scorso anno, incontrare queste quattro donne artiste è stata una grande emozione ed un grande momento di crescita. Donne forti, spiriti autentici che fanno sì che le loro esperienze di vita, le loro storie, diventino altrettanti momenti creativi, stimoli, o sfide da raccogliere. Le quattro opere scelte dalle scultrici ci raccontano la storia della loro vita, ma anche quella dei paesi da cui provengono. Sono "forme" bellissime, ma anche tristi e terribili e stimolano a porsi delle domande; ci creano turbamento, ma al tempo stesso ci trasformano in bambini curiosi intenti a trovare il senso di quello che vedono con lo stesso stupore con cui guardano un fiore o si incantano davanti alla pioggia sui vetri. La ricerca di senso è il tema fondamentale della vita ed è la domanda centrale che il bambino che è in noi continua a farsi ininterrottamente per cercare identità, speranza, capire il proprio passato e darsi un futuro. C'è un mondo sconosciuto in cui le "forme" assumono valenze svincolate dai rapporti proporzionali e generano un processo percettivo denso di implicazioni: in queste sculture affiora il senso della vita e nasce dentro di noi un pensiero che costruisce delle ipotesi. Nelle quattro storie raccontate c'è l'essenza dell'uomo e i grandi perché dell'esistenza. Le scultrici svelano: "il re è nudo" e noi siamo nudi quando lo incontriamo. Nelle opere infatti figurano la gravidanza, la maternità, la vecchiaia, la malattia e la morte e l'idea che essa stessa è generatrice della vita. Sarebbe molto bello che i visitatori entrando nella Chiesa di S. Agostino si mettessero in "ascolto". Ascolto come metafora di disponibilità, di sensibilità ad ascoltare ed essere ascoltati. Un dialogo generato da emozioni, che provoca emozioni, contiene affetto, dolore, accoglienza delle differenze, dei valori e dei punti di vista dell'altro. Ascolto infine come verbo attivo, perché dietro ad ogni ascolto c'è creatività ed interpretazione da entrambe le parti: che vuol dire dare la possibilità al pensiero di aprirsi e uscirne trasformato. Ascolto, quindi, con i cinque sensi. Vorrei infine rivolgere un caro ricordo a Pierluigi Gherardi, una persona che sapeva "ascoltare": questo iniziativa è uno degli ultimi progetti a cui ha dato vita e lo ringraziamo per questo e per tutto ciò che ci ha dato nella sua intensa esistenza.

 

DonnaScultura 2004 Come già è avvenuto nell'edizione dello scorso anno, incontrare queste quattro donne artiste è stata una grande emozione ed un grande momento di crescita. Donne forti, spiriti autentici che fanno sì che le loro esperienze di vita, le loro storie, diventino altrettanti momenti creativi, stimoli, o sfide da raccogliere. Le quattro opere scelte dalle scultrici ci raccontano la storia della loro vita, ma anche quella dei paesi da cui provengono. Sono "forme" bellissime, ma anche tristi e terribili e stimolano a porsi delle domande; ci creano turbamento, ma al tempo stesso ci trasformano in bambini curiosi intenti a trovare il senso di quello che vedono con lo stesso stupore con cui guardano un fiore o si incantano davanti alla pioggia sui vetri. La ricerca di senso è il tema fondamentale della vita ed è la domanda centrale che il bambino che è in noi continua a farsi ininterrottamente per cercare identità, speranza, capire il proprio passato e darsi un futuro. C'è un mondo sconosciuto in cui le "forme" assumono valenze svincolate dai rapporti proporzionali e generano un processo percettivo denso di implicazioni: in queste sculture affiora il senso della vita e nasce dentro di noi un pensiero che costruisce delle ipotesi. Nelle quattro storie raccontate c'è l'essenza dell'uomo e i grandi perché dell'esistenza. Le scultrici svelano: "il re è nudo" e noi siamo nudi quando lo incontriamo. Nelle opere infatti figurano la gravidanza, la maternità, la vecchiaia, la malattia e la morte e l'idea che essa stessa è generatrice della vita. Sarebbe molto bello che i visitatori entrando nella Chiesa di S. Agostino si mettessero in "ascolto". Ascolto come metafora di disponibilità, di sensibilità ad ascoltare ed essere ascoltati. Un dialogo generato da emozioni, che provoca emozioni, contiene affetto, dolore, accoglienza delle differenze, dei valori e dei punti di vista dell'altro. Ascolto infine come verbo attivo, perché dietro ad ogni ascolto c'è creatività ed interpretazione da entrambe le parti: che vuol dire dare la possibilità al pensiero di aprirsi e uscirne trasformato. Ascolto, quindi, con i cinque sensi. Vorrei infine rivolgere un caro ricordo a Pierluigi Gherardi, una persona che sapeva "ascoltare": questo iniziativa è uno degli ultimi progetti a cui ha dato vita e lo ringraziamo per questo e per tutto ciò che ci ha dato nella sua intensa esistenza.

Chiara Celli

 

Biografia

Fiore de Henriquez
Fiore de Henriquez è nata a Trieste nel 1921 da padre di origine austro-spagnola, che poi prese la cittadinanza italiana, e da madre ungaro-italiana. Nel 1938 vince una borsa 9 al 1942 frequenta Ca' Foscari e l'Accademia di Belle Arti a Venezia, dov'è anche allieva di Arturo Martini. Durante gli anni della guerra, trascorre molto tempo a Cortina, dove assiste i partigiani e scorta i rifugiati svizzeri sulla via per la Svizzera, e dove anche lavora il legno con B. Degasper. Nel 1945 è assistente per un anno di Antonio Berti a Firenze, mentre lavora il marmo e la pietra a Carrara e Vallombrosa. Le sue prime sculture hanno una qualità di un espressionismo arcaico, appropriate all'epoca del Dopoguerra, esibite con gran successo a Firenze e Trieste nel 1947. Alcune sue opere vengono anche tenute in esposizione permanente alla Galleria il Cavallino a Venezia. Nel 1948 si reca sulla Costa Amalfitana, dalla cui amministrazione le viene assegnato l'incarico, dopo aver vinto la relativa competizione, di creare un monumento civico alla memoria di Don Giovanni Cuomo a Salerno; deplorevolmente la scultura viene distrutta da misogini. Fiore nel 1951 si trasferisce in Inghilterra, dove viene invitata dalla Royal Academy al Festival of Great Britain con tre sculture al triplo del naturale e viene anche selezionata per i Summer Exhibitions. Stabilisce così una carriera come scultrice, sviluppando il suo talento in direzione di una ritrattistica molto sensibile; tra i suoi celebrati modelli, Augustus John, Margot Fonteyn, Peter Ustinov, Laurence Olivier e la scomparsa Regina Madre Elisabetta. Negli Stati Uniti scolpisce Igor Stravinsky, John F. Kennedy, I.M. Pei, Harold Washington e Oprah Winfrey. Nel 1953 cento personalità dell'arte e della politica inglesi firmano una petizione in seguito alla quale le viene concessa la cittadinanza britannica per meriti artistici. Nel 1953-1954 viene chiamata per eseguire ritratti in India, Grecia, Spagna, Paesi Scandinavi, Stati Uniti, e Canada. L'anno successivo Huntington Hartford, mecenate americano, le commissiona un progetto architettonico per un centro culturale a Beverly Hills. Durante gli stessi anni realizza una serie di monumenti su commissione dividendo il suo tempo tra Londra e New York, e ritornando di solito in Italia per la fusione in bronzo a Napoli, Roma e poi Pietrasanta. Nel 1955 inizia a tenere cicli di conferenze - che proseguirà poi per i prossimi vent'anni - con dimostrazioni pratiche negli Stati Uniti e in Canada sul tema "In love with clay" (Innamorati della creta). Dal 1957 di dedica per tre anni alla costruzione di Casa Bussento per conto di Sir Rex e Lady Benson a Policastro Bussentino (Salerno) e ristruttura parte della villa padronale a Casoli (Lucca), dove si stabilisce nel 1960 vicino a Rosario Murabito, Adolfo Saporetti e altri. All'inizio degli anni '60 incontra Jacques Lipchitz a New York: l'influenza reciproca è positiva e la porta a creare una serie di opere importanti. Gli fa conoscere l'Italia e ristruttura per lui Villa Bosio a Camaiore (Lucca), che all'inizio divide con lui e la sua famiglia, per stabilire in seguito nel 1967 la propria dimora e studio nel piccolo borgo di Peralta, che inizia a ristrutturare attivamente. Questa località pittoresca è stata condivisa di quando in quando da molti artisti, tra i quali Carla Marchelli e Silvana Maisano, e formerà il memoriale artistico di Fiore. Durante gli anni '60, lo stile scultoreo di Fiore si è sviluppato nella direzione di forme organiche muscolari, semi-astratte, molte di proporzioni imponenti. Alcune, come il grande bronzo Fenice che ora guarda giù verso Pieve, e Leda, il cui gesso è al Museo dei Bozzetti a Pietrasanta, traggono ispirazione da soggetti classici. Altri, come Crescita Esplosiva (Kips Bay, NYC), Arbore (Renishaw Castle, UK), Pianta Carnivora (Prato) e Spiriti Volanti (Renishaw Castle, UK) derivano in definitiva dal mondo naturale. Più naturalistici nella forma, La Donna Africana (1998) e Donna Calabrese esprimono compassione per quelli che soffrono di povertà e di fame. Altri lavori sono personali in origine, come il marmo Volto Ignoto (Comune di Camaiore) e diverse variazioni sul tema dei Gemelli, di cui una versione in pietra saluta i visitatori di Peralta. Dal 1975 inizia ad esporre in una serie di mostre personali in Inghilterra, Stati Uniti e Italia. Nel 1978 viene anche chiamata in Giappone dove si ferma due mesi a lavorare a Kyoto. Ad Hong Kong le commissionano il progetto per la ristrutturazione di un antico villaggio di pirati cinesi. Dai primi anni '80 realizza tutta una serie di opere, per lo più su commissione: albero a grandezza naturale in bronzo per il villaggio "Castle Park" Cork, Irlanda (1984); quattro delfini a grandezza naturale per l'Aberdeen Nautical Club - Hong Kong (1985-1986); tre delfini a grandezza naturale per Brooks Mc Cormack, Chicago (1986), per i quali realizza il bassorilievo Pony e Teenager (1988); la Regina Madre d'Inghilterra per la nave "Ark Royal" (1988); vari ritratti di notabili giapponesi (1989); Yoshida Primo Ministro del Giappone, prima e dopo la guerra '45/'48 (1989-1990). Nel 1990-1991, dopo un viaggio in Australia e Nuova Zelanda, crea cinquanta bozzetti per sculture monumentali, ed in seguito con altre importanti commissioni, tra le quali il ritratto di Andrew Simpson Adealide a grandezza naturale in Australia (1992); i pesci volanti, scultura monumentale in bronzo per Mr. e Mrs. Thomas Dennis, Florida (1993); due delfini per la fontana per il 50¡ Anniversario della Fondazione OMPI a Ginevra, Svizzera (1993). Nel 1993 si apre il Museo Privato Fiore de Henriquez grazie alla famiglia nobile Sitwell A. Renishaw, Derbyshire in Inghilterra. Nel 1995 crea Fiore Oceanic, marmo donato al Museo da mecenati americani e nel 1996 La Maschera Stravolta. Fiore ha lavorato internazionalmente, con commissioni pubbliche e private a Chicago, New York, Wisconsin, Florida, Hong Kong, Kyoto, Ginevra e Sydney. In Italia la sua carriera ritrattistica include le teste di Eugenio Montale e Carlo Levi. Le sue mostre principali includono Bergamo (1948), Royal Academy, Londra (1951); Hanover Gallery, Londra (1953); Saggitarius Gallery, New York (1957); Knoedler Gallery, New York (1966); Cheyne Walk, Londra (1975); La Barcaccia, Roma (1975); Artenciel, Roma (1983); Olympia, Londra (2000). 

 

Anat Golandski
Nel 1978-79 Anat Golandski segue studi di scenografia presso l'Università di Tel Aviv e dal 1980 al 1983 attende ai corsi di pittura e animazione all'Accademia di Belle Arti di Bezalel, sempre in Israele. Nel 1984 si laurea in Filosofia e Teatro, con approfondimenti in Storia dell'Arte e Storia della Musica presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. Dal 1984 al 1990 segue un apprendistato tecnico-artistico in pietra, marmo e bronzo negli studi artigiani di Pietrasanta. Dal 2000 partecipa a corsi di Arte Terapia a Bologna. Per quanto riguarda le sue esperienze professionali, dal 1979 al 1983 si occupa di progettazione e conduzione di programmi didattici d'arte al "Centro Culturale per la Gioventù" di Gerusalemme. Successivamente, per un anno, svolge workshop in Storia dell'Arte Antica, e di preparazione e conseguimento di moduli didattici presso il Museo di Israele di Gerusalemme. Nel 1985-86 fa da assistente alle esposizioni artistiche al Museo Ebraico "Magnes" di Berkeley. Nel 1988-1990 esegue maschere in cartapesta per il Carnevale di Viareggio e poi nel 1995 per la manifestazione Tremila Anni di Gerusalemme. Lo stesso anno insegna Arti Plastiche alla Scuola Superiore "Y.A. Ironny" di Tel Aviv. E quindi, nel 1996, insegna ad usare la cartapesta, tecniche del Carnevale e Arti Plastiche alla Scuola "Visual Theatre" di Gerusalemme. Dal 1997 al 1998 si dedica alla progettazione e costruzione di carri di Carnevale per Ranana e Holon in Israele; si occupa dell'allestimento e della conduzione del Dipartimento di Scultura a Bet-Halochem a Tel Aviv; crea un progetto semestrale per l'ente "Arte per la Società" a Betshean in Israele con la conseguente realizzazione di maschere, ritratti in pietra, esposizioni e percorsi didattici per le scuole; progetta ed conduce corsi di Arte Terapia presso il "Centro della Donna" di Tel Aviv. Dal 2000 continua a tenere corsi di Arte Terapia in Italia. Tra le sue numerose mostre collettive e personali si ricordano: Opere Prime, S.Agostino, Pietrasanta, e Centro Expo, Prato (1986); Omaggio all'Italia, Marignana Camaiore (1987); Sculptores as Designers, S.Agostino, Pietrasanta (1988); mostra personale, Cappella Medicea, Seravezza (1992); CCA Gallery, Cambridge, Inghilterra (1993); Galleria Le Nove Muse, Jesi (1994); Pin and Pepers Gallery, Cambridge, Inghilterra (1994); mostra personale, Sala Circolo Forestieri, Bagni di Lucca (1994); mostra personale, Sala dei Consiliari, Pasiniano sul Trasimeno (1994); Ad Occhi Aperti, Chiostro di S.Agostino, Pietrasanta (1995); Salon International d'Art Contemporain, Les Parron Laveleyer, Francia (1995); Oman Bayeshuv, I. Pollack Gallery, Tel Aviv (1998); Mastowitz Gallery, Tel Aviv (1998-89); Schegge d'Altissimo, Azzano, Lucca (2000); Riflessioni Plastiche, Galleria d'Arte Contemporanea, Frinano, Modena (2000); The Beauty of Imperfection, Comunità Ebraica, Firenze (2001); Artisti in Cantina, Arkad, Seravezza (2002); Ready to Go, Palazzo del Consiglio Regionale, Firenze (2002); Plasmare la Vita, Museo Internazionale di Scultura, Pianeta Azzurro, Fregene, Roma (2002); Sculpture in the Garden 2003, H.M. Botanic Gardens, University of Leicester, Inghilterra (2003); H&Art, ex-Ospedale Lucchesi, Pietrasanta (2003). Ha partecipato anche a diversi simposi internazionali, tra i quali nel 2000 a San Benedetto del Tronto e nel Comune di Minucciano in Garfagnana; nel 2001 a Changchun in Cina; nel 2002 a Fordungianus e a Teulada in Sardegna, e nel 2003 al XV Simposio Internazionale del Comune di Carrara. Nel 1978-79 Anat Golandski segue studi di scenografia presso l'Università di Tel Aviv e dal 1980 al 1983 attende ai corsi di pittura e animazione all'Accademia di Belle Arti di Bezalel, sempre in Israele. Nel 1984 si laurea in Filosofia e Teatro, con approfondimenti in Storia dell'Arte e Storia della Musica presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. Dal 1984 al 1990 segue un apprendistato tecnico-artistico in pietra, marmo e bronzo negli studi artigiani di Pietrasanta. Dal 2000 partecipa a corsi di Arte Terapia a Bologna. Per quanto riguarda le sue esperienze professionali, dal 1979 al 1983 si occupa di progettazione e conduzione di programmi didattici d'arte al "Centro Culturale per la Gioventù" di Gerusalemme. Successivamente, per un anno, svolge workshop in Storia dell'Arte Antica, e di preparazione e conseguimento di moduli didattici presso il Museo di Israele di Gerusalemme. Nel 1985-86 fa da assistente alle esposizioni artistiche al Museo Ebraico "Magnes" di Berkeley. Nel 1988-1990 esegue maschere in cartapesta per il Carnevale di Viareggio e poi nel 1995 per la manifestazione Tremila Anni di Gerusalemme. Lo stesso anno insegna Arti Plastiche alla Scuola Superiore "Y.A. Ironny" di Tel Aviv. E quindi, nel 1996, insegna ad usare la cartapesta, tecniche del Carnevale e Arti Plastiche alla Scuola "Visual Theatre" di Gerusalemme. Dal 1997 al 1998 si dedica alla progettazione e costruzione di carri di Carnevale per Ranana e Holon in Israele; si occupa dell'allestimento e della conduzione del Dipartimento di Scultura a Bet-Halochem a Tel Aviv; crea un progetto semestrale per l'ente "Arte per la Società" a Betshean in Israele con la conseguente realizzazione di maschere, ritratti in pietra, esposizioni e percorsi didattici per le scuole; progetta ed conduce corsi di Arte Terapia presso il "Centro della Donna" di Tel Aviv. Dal 2000 continua a tenere corsi di Arte Terapia in Italia. Tra le sue numerose mostre collettive e personali si ricordano: Opere Prime, S.Agostino, Pietrasanta, e Centro Expo, Prato (1986); Omaggio all'Italia, Marignana Camaiore (1987); Sculptores as Designers, S.Agostino, Pietrasanta (1988); mostra personale, Cappella Medicea, Seravezza (1992); CCA Gallery, Cambridge, Inghilterra (1993); Galleria Le Nove Muse, Jesi (1994); Pin and Pepers Gallery, Cambridge, Inghilterra (1994); mostra personale, Sala Circolo Forestieri, Bagni di Lucca (1994); mostra personale, Sala dei Consiliari, Pasiniano sul Trasimeno (1994); Ad Occhi Aperti, Chiostro di S.Agostino, Pietrasanta (1995); Salon International d'Art Contemporain, Les Parron Laveleyer, Francia (1995); Oman Bayeshuv, I. Pollack Gallery, Tel Aviv (1998); Mastowitz Gallery, Tel Aviv (1998-89); Schegge d'Altissimo, Azzano, Lucca (2000); Riflessioni Plastiche, Galleria d'Arte Contemporanea, Frinano, Modena (2000); The Beauty of Imperfection, Comunità Ebraica, Firenze (2001); Artisti in Cantina, Arkad, Seravezza (2002); Ready to Go, Palazzo del Consiglio Regionale, Firenze (2002); Plasmare la Vita, Museo Internazionale di Scultura, Pianeta Azzurro, Fregene, Roma (2002); Sculpture in the Garden 2003, H.M. Botanic Gardens, University of Leicester, Inghilterra (2003); H&Art, ex-Ospedale Lucchesi, Pietrasanta (2003). Ha partecipato anche a diversi simposi internazionali, tra i quali nel 2000 a San Benedetto del Tronto e nel Comune di Minucciano in Garfagnana; nel 2001 a Changchun in Cina; nel 2002 a Fordungianus e a Teulada in Sardegna, e nel 2003 al XV Simposio Internazionale del Comune di Carrara.

 

Silvina Spravkin
Silvina Spravkin nasce a Buenos Aires in Argentina nel 1954. Tra il 1970 ed 1974 studia con lo scultore Leo Vinci a Buenos Aires. Nel 1975 collabora alla realizzazione dei costumi e scenografie nella produzione cinematografica argentina. Nel 1976 si trasferisce a Pietrasanta, dove inizia a lavorare il marmo ed il mosaico veneziano. L'anno successivo si reca in Egitto, per approfondire e studiare le culture nord-africane. Nel 1978 partecipa al LXVII Salon Nacional de Buenos Aires. Nel 1982 continua i suoi viaggi studio in Mexico e Guatemala, incorporando i concetti di queste culture nei suoi nuovi lavori di mosaico e scultura. Dal 1983 partecipa ad importanti premi e manifestazioni, tra i quali le principali sono: mostra collettiva, Marion Locks Gallery, Philadelphia (1983); International Sculptors Exhibition, Fiera Versiliana, Marina di Pietrasanta (1983); Opere Prime, Chiostro di S.Agostino, Pietrasanta (1984); esposizioni nazionali a Buenos Aires (1985); La Donna Creativa, Chiostro di S.Agostino, Pietrasanta (1986); mostra collettiva, Lieve Hemel Gallery, Amsterdam (1988; 1990; 1991; 1994; 1996; 2001); Inter Art Gallery Reich; Colonia, Germania (1989); European Fine Art Fair, Maastricht, Olanda, con la Lieve Hemel Gallery (1992); mostra collettiva, Atelier Associazione Culturale, Carrara (1992; 1993); Arte Fiera, Bologna (1992; 1994); XX Premio Sulmona, invitata dal critico Giorgio Di Genova (1993); esposizione in permanenza alla Studio d'Arte La Subbia, Pietrasanta, e alla Lieve Hemel Gallery, Amsterdam (1993); Simposio Internazionale di Scultura, Muju, Corea del Sud (1993); Scarperentola, Art Design Fashion, Milano (1993); Fiera Internazionale d'Arte Kunstrai, Amsterdam (1994; 1995); Premio Internazionale di Scultura "Gioia Lazzerini", Chiesa di Sant'Agostino, Pietrasanta - menzione speciale - (1994); esposizione personale alla Galleria Julia Lublin, Buenos Aires (1995); SEM, mostra interna.

 

Caroline van der Merwe
Metodo di lavoro: "Quando ho cominciato a lavorare come scultrice verso la metà degli Anni Sessanta, ciò veniva considerato un impegno piuttosto strano per una donna in Sudafrica. Ma io avevo un desiderio molto forte di fare scultura e così cominciai a cesellare in marmo semplici forme a sembianza di uccelli e pesci, che si ispiravano molto a quelle di Brancusi. Allo stesso tempo, mi dedicavo molto al disegno dal vivo. Come acquistai più confidenza con la materia, cominciai a fare sculture usando le forme femminili in modi piuttosto astratti. Allora ero molto influenzata da Henri Moore. Nel 1976, quando venni in Italia per la prima volta per imparare a scolpire usando l'aria compressa, trascorsi tre mesi a Carrara lavorando con artigiani meravigliosi e fu proprio durante questo periodo che nacque il mio amore e desiderio di passare più tempo in Italia. Poi intrapresi un viaggio estensivo di due mesi in America ed è lì che mi resi conto che l'arte figurativa era lontana dal 'fossile morto', come invece ero stata portata a credere. Questo mi diede il coraggio di cominciare a lavorare in un modo molto più figurativo di quanto non fosse la mia inclinazione naturale. Tornai a casa in Sudafrica durante il massimo delle agitazioni politiche causate dalle odiate leggi dell'Apartheid in vigore a quel tempo. Sentii allora che le mie belle forme femminili astratte non avevano alcuna rilevanza in questo clima. Cominciai ad usare la figura maschile con i suoi forti muscoli e tendini per provare ad esprimere tutta l'angoscia e l'orrore che provavo all'epoca. Le mie sculture erano legate talvolta da fasciature provenienti dalle figure stesse, crocifisse, rinchiuse e in molti altri modi costrette. L'idea o il messaggio era dominante anche su di altri problemi relativi alla scultura.. Ho studiato il lavoro di scultori come Germain Richier, Ipoustéguy, Hrdlicka e Leonard Baskin. Nel 1983 mi trasferii in Italia e da allora ho sempre vissuto e lavorato a Pietrasanta. Qui ho iniziato a lavorare in bronzo che mi ha aiutato a realizzare in un modo molto più naturale l'idea che avevo. Ho lavorato con la figura maschile dal 1976 al 1995 e verso la fine di questo periodo mi sono resa conto che le emozioni che mi hanno fatta muovere per produrre questi pezzi non c'erano più, che i legami si stavano mollando ed in qualche caso sono addirittura divenuti ali. Ho dovuto così andare avanti e sono ritornata a tutti quei disegni dal vivo che avevo creato in precedenza per ispirazione. Ho iniziato così a lavorare sulla figura femminile, ma questa volta in un modo molto più figurativo. Il mio desiderio ora è di creare delle belle sculture, serene, usando il linguaggio della scultura, sforzandomi di raggiungere una perfetta fusione tra l'idea o il soggetto, la forma o il disegno tridimensionale, i mezzi tecnici e materiali. Ora vorrei studiare l'opera di Rodin, Maillol, Marino Marini e Reg Butler. In quest'ultimo periodo vorrei essere più contemplativa nel mio lavoro, produrre di meno, ma sculture più belle, più significative".