Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Il viaggio

Francesco Preverino


Opere di pittura

inaugurazione: 28 settembre 2002 - h 17.00

esposizione: dal 28 settembre al 20 ottobre 2002

luogo: Chiesa di Sant'Agostino - Pietrasanta

orario: 15.30-19.00; domenica e lunedi chiuso

ingresso libero 


Comunicato stampa

(versione in pdf)

 

Contatto Stampa: Alessia Lupoli

Ufficio Stampa
Gabinetto del Sindaco
Comune di Pietrasanta
tel. 0584/795219; fax 0584/795269

 

Mostra: IL VIAGGIO
Artista: Francesco Preverino
Inaugurazione: 28 settembre 2002 - ore 17,00
Date esposizione: 28 settembre - 20 ottobre 2002
Locazione: Chiesa di Sant'Agostino, Centro Culturale Luigi Russo,
Via S. Agostino, 1, Pietrasanta
Orario apertura: 15,30 - 19,00 / lunedì chiuso


L'Assessore alla Cultura, Massimiliano Simoni, e il Comune di Pietrasanta sono onorati di presentare Il Viaggio, mostra personale di dipinti dell'artista Francesco Preverino. La mostra, che si terrà nella Chiesa di Sant'Agostino del Centro Culturale "Luigi Russo" di Pietrasanta dal 28 settembre al 20 ottobre 2002, s'inaugurerà con la partecipazione dell'artista, sabato, 28 settembre 2002 alle ore 17,00.

Questa mostra personale di Francesco Preverino a Pietrasanta nel prestigioso spazio della Chiesa di S. Agostino segue, a distanza di due anni, la personale tenuta alla Caelum Gallery di New York. Il Viaggio raggruppa opere che rappresentano l'iter artistico degli ultimi tre anni, articolandosi in tre parti principali: Il Ciclo dei Trittici - lavori di grandi dimensioni (480 x 180 cm) eseguiti dal 1999 al 2000, dove figure e paesaggio dialogano o semplicemente si confrontano su partiture spaziali molte colorate; Giardini Neri (installazione, 1999-2002) - sette grandi pannelli in legno (245 cm) dipinti sui due lati che coinvolgono lo spettatore in una sorta di percorso obbligato attraverso la vegetazione che non esplicitamente si manifesta, in cui l'albero o la foglia diventano segno, segno che aggetta, tattile, ferroso, in giochi volutamente chiaroscurali: il nero diventa protagonista, in luogo oscuro, dove vive il rapporto a volte drammatico tra uomo e natura; Dipinti (2002) - opere pittoriche di medie e piccole dimensioni che tracciano tutto l'iter progettuale dell'installazione attraverso sperimentazioni tecniche e soluzioni pittoriche differenziate. La mostra è corredata di catalogo con testi di Dino Carlesi e Francesco De Bartolomeis; l'intero evento è stato reso possibile grazie alla cortese sponsorizzazione dell'Associazione Culturale Porta Ferrata, la Cassa di Risparmio di Firenze e Partesa.

 

Francesco Preverino è nato a Settimo Torinese nel 1948. Nel 1968 si diploma presso il Liceo Artistico Accademia Albertina di Torino. Frequenta anche l'Accademia di Brera e quella diTorino. Subito dopo le prime esposizioni personali e collettive, seguono lavoro intenso e prime sperimentazioni in campo incisorio. Stringe amicizia con Albino Galvano e Aldo Passoni, che s'interessano al suo lavoro. Nel 1971 inizia l'attività di insegnante. Nel 1973 gli viene assegnato il Primo Premio APECO-Milano-Biennale di Campione d'Italia Quadriennale Nazionale d'Arte "La Nuova Generazione", Roma. Nel 1981 presenta un'importante personale alla Mood Gallery di Milano e all'Istituto Vittorio Veneto di Torino: i suoi interessi sono ora rivolti all'uomo di strada e all'emarginazione, per poi dare una svolta più intimista con ritratti e pitture come diario di quotidianità. Dal 1981 al 1990 sono anni di sperimentazione su monotipi, collages, riporti, ricerca sul nero, per poi sfociare in una personale nel 1990 alla Galerie de Groote Meer ad Amsterdam.
Attualmente è titolare della Scuola di Decorazione presso l'Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria. Vive e lavora a Torino.

 

Così scrive Francesco de Bartolomeis a proposito di Francesco Preverino: "Molti i riferimenti per le sue ricerche che non vogliono essere unilaterali, ignorare cose diverse o anche scoprire affinità tra cose diverse. ... Con la capacità di usare liberamente le influenze, l'interesse di Preverino negli stessi anni si volge non meno a Rauschenberg e a Dine. Poco più tardi, nel 1972, egli scopre Bacon sempre nella inquietudine e nella tensione della ricerca. ... La composizione è progetto e disciplina, inquietati dall'inconscio, dalle emozioni, dalle sensazioni e perfino dal caso. ... Preverino non si mantiene in mezzo tra figurazione e astrazione perché è impegnato in un radicale rinnovamento del comporre e del rappresentare. Egli è ben cosciente che il complicarsi e il trasformarsi, fino alla perdita di identità morfologica, non solo della figura umana ma anche di alberi, paesaggi, acque, oggetti e ogni altra cosa che entra nella nostra esperienza è un fatto che caratterizza largamente e in varie forme l'arte contemporanea. ... In ogni caso è il suono interiore che conta, una caratteristica misteriosa in cui si fondono intelligenza ed emozione. ...Anche un'osservazione non particolarmente attenta dei ‘materiali da costruzione', molti e molto vari, e delle soluzioni compositive ci rivela immagini che hanno sicurezza stilistica e identità vitale. Opere non informali ma costruite lentamente, con materiali diversi che convergono in rappresentazioni che sembrano semplici sia per il riduzionismo cromatico (prevalenza del bianco e nero) sia per la tendenza a ‘bloccare' l'immagine, liberandola da articolazioni. Ne risultano forza plastica e un movimento tutto interno. Da una sorta di struttura-progetto e da una materia fatta di tanti elementi emerge la figurazione con una fisionomia in cui i singoli componenti si fondono in una pittura di grande vigore espressivo. ... Altra caratteristica originale è il fatto che elementi estranei alla pittura, ad esempio il bitume, l'olio bruciato (proprio quello delle auto), inserti di carta diventano pittura, accordandosi senza disagio con i pigmenti tradizionali. ... Alla varietà dei fondi corrisponde la varietà di costruzione materiale-stilistica della figura. Un diverso dosaggio di inserti, di frammenti, di vecchi dipinti, di materiale industriale (catrame), di segno, di materia pittorica (olio, smalto). Non si tratta né di collage né di assemblage. I vari materiali rinunciano alla loro identità a favore di una materia che nell'elaborazione tecnica e stilistica diventa omogeneamente pittura. Il trovarsi insieme di materiali crea qualcosa di più della tecnica mista indicata dall'autore.
Non importa quanta e quale materia Preverino stenda sul supporto, il risultato è sempre leggerezza per il variare dei toni, per le aperture, per l'atmosfera generale. E così pure la indefinitezza delle forme, sia al loro interno sia rispetto ai fondi, è uno stile di definizione rappresentativa che assicura carattere di necessità a coraggiose invenzioni. Senza il ricorso a vistose variazioni, nello sviluppo dei cicli dai Menhir ai Trittici del 2000, si mantiene intatta la magia della vitalità, della scoperta e della meraviglia. Gli elementi tendono a rassomigliarsi morfologicamente come ad indicare la comune origine non meno nella natura che nel pensiero e nell'emozione. È come uno scavare nella memoria lo svolgersi dei piani di profondità con il colore, con le aperture, con il segno. La perizia tecnica nell'usare una grande varietà di materiali riesce sempre a metamorfizzarli nella purezza della pittura, nella sua leggerezza."


Dino Carlesi così presenta Il Viaggio di Preverino: "... Vedremo nella Chiesa di Sant'Agostino a Pietrasanta un ingresso da ‘foresta nera', con i trittici alle pareti laterali del corridoio ideale che accompagneranno i visitatori alla ‘installazione centrale' posta prima dei gradini che precedono l'altare: un'installazione di sette legni enormi, dipinti all'interno e all'esterno, di varia altezza e misura, con numerosi ‘riporti', entro cui il mistero si infittisce e si apre all'avventura dell'esplorazione (e di quello spazio e della vita), quasi per porre l'uomo nella sua dimensione più autentica, cioè incerta e continuamente in cerca di verità. Vi si esplica tutto il gioco del ‘viaggiare' - per ipotesi e dubbi - con un costante richiamo alla sensualità del vivere e all'istanza di procedere oltre. Un vero labirinto entro il quale ciascuno può tendere a ritrovare se stesso, a ripercorrere le proprie paure e memorie attraverso spazi di luce che mirano a far soccombere le ombre, con gesti grafici cercati per sopravvivere, con spazi aperti alla speranza al di là nei ‘neri giardini'. Lì sta di casa la meditazione, le ricerca della solidarietà, l'intreccio calcolato dei simboli entro i quali può essere anche intravista la luce di una laica sacralità nella parte bianca e alta del pannello. Il nero è l'elemento di contrasto per eccellenza, dal nero è possibile trarre fuori luci e speranze, ogni felicità può rimanervi celata e per successive gradazioni pervenire al cielo. Vi è nascosto ogni evento. Nel coro il nero vivrà il dialogo con i colori che vi si nascondono. Da lì si preannunzia già il suono limpido dei ‘giardini neri' per ricondurre ad armonia ogni tensione e paura. Una rassegna - quella di Preverino - che offre lo spettacolo di una ricerca appassionata verso la centralità dell'uomo, anche per evitarne i clamori inutili e gli inghippi storici e psicologici: l'uomo di Preverino èl'uomo dei poeti, l'uomo ‘di pena' ungarettiano e anche quello più emblematico di Montale a cui non resta che presentarsi per dirci solo ‘ciò che non è e ciò che non vuole'. Alla certezza dell'essere corrisponde l'incertezza dell'esistere, e il pittore non possiede che l'arma delle ‘forme' per manifestare la sua crudele fedeltà alla verità esistenziale."

 

 

 


 

Presentazione

Il Viaggio

Il Viaggio di Francesco Preverino nella Chiesa di Sant'Agostino di Pietrasanta è in realtà, con le parole dell'artista, un "percorso obbligato", dove vi è la "necessità di far vivere la pittura in un'insolita dimensione-immersione-coinvolgimento". Il visitatore così si trova al di dentro della mostra stessa, che può percorrere con una passeggiata tra Il Ciclo dei Trittici, dove figure e paesaggio interagiscono su grandi campiture di colori; i Giardini Neri, in cui alberi e foglie emergono in un gioco di chiaroscuri di "luce negata"; ed infine può apprezzare i Dipinti, che ripercorrono l'installazione con differenti soluzioni pittoriche.

La plasticità della materia di Preverino - densa, tattile, concreta, pastosa, sperimentale e originale - crea un perfetto equilibrio tra creatività ed espressione, tra pathos e ratio, dove lo spettatore viene reso partecipe in prima persona, confrontandosi con il potente vigore espressivo dell'artista che ne cattura l'attenzione e l'animo stesso.

La Chiesa di Sant'Agostino racchiude così gelosamente il misterioso Viaggio di Preverino in una "foresta nera", le cui foglie sono diventate potenti segni sulle tavole e le cui luci traspaiono in un brillante gioco di emersione e sprofondamento, dando rilievo alla magica figurazione di questo percorso fantastico.

L'Assessore alla Cultura
Massimiliano Simoni

Critica

I neri misteriosi di Preverino

I "menhir" sono del '91-'92, e ritornano anche nel '94- '95:hanno una " forma", una forma che nasce per progettazione creativa e mediazione intellettuale: si progetta una forma che esiste già mentalmente, come idea profonda? Una idea come sogno di donna, come guerriero misterioso, come resurrezione di una memoria antica, di un universo globale? I " menhir " come " opere solitarie ", monumenti alla memoria che non è ancora nata, il ricordo di un essere che seguita ad esistere, nonostante tutto, nonostante il tempo.
Prima Preverino aveva avuto un passato illustrativo suggerito dall'urgenza emotiva di cogliere i soggetti nella loro identità fisica e anche nella loro totalità di " persone ": l'abilità tecnica già esisteva per amalgamare spugne, colature, graffi, invenzioni cromatiche, in modo da superare i dettagli fotografici e giungere al cuore dei personaggi, le cui lacerazioni non erano solo realizzate nei volti ( alla Bacon ) ma si dilatavano ai corpi e ai gruppi quasi li cogliesse il desiderio di apparire come i perdenti di una società in crisi. Preverino, pur mosso negli anni'80 da istanze di natura sociale, non sceglierà la via di un realismo enfaticamente ostentato, ma quella di una perdizione segnica capace di scalfire davvero l'immagine per suscitare una pietà che penetrasse nelle viscere. Nacquero i " grandi gruppi " in cui le figure, tormentate sulle loro superfici, si presentavano sul filo di una disperante ironia che, al di là del tempo, pareva dover accompagnare l'angoscia dell'uomo sul sentiero di una esistenzialità senza fine. Il destino si poneva come condizione imprescindibile di un " mestiere di vivere " che Preverino avvertiva in tutta la sua precarietà. Che poi la donna rappresentasse il punto più debole ( ma anche il più misterioso ) di una catena di naufragi e di resurrezioni fu la molla che doveva condurre ai " menhir ".
Ogni forma celava una donna: Preverino ne salva l'irrealtà, mentre una ulteriore raffigurazione analitica giungerebbe a negarla. La donna esiste come pensiero e sogno, sensualmente respirante. La indecifrabilità la rende esistenzialmente viva.
Esistevano ed esistono menhir di guerrieri, quelli della Lunigiana, per esempio, dall'indole più storicamente severa, ma quelli di Preverino respirano il loro dramma di bellezze incompiute. La " ricerca " è ricerca di materiali, ma soprattutto di se stessi, delle motivazioni che si tramutano in simboli attraverso pigmenti e bitume, oli e colori. I fondali divengono luce buia, spazi illuminati per creare prospettive e vuoti e cieli : tutto si muove dinamicamente, offre slancio ai segni. Talvolta l'oro assume il ruolo che svolgeva nelle pale dei santi medievali, una Siena che sembra riapparire nella drammatica contemporaneità di un presente che continua il discorso sulla sacralità dell'esistere ( il sogno di una speranza ), a cui rispondono i segni infittiti a cui l'inchiostratura offre l'ennesimo motivo disperante.
Si tratta di varietà di letture, di ambiguità, di interpretazioni: le trasparenze aiutano a non rifugiarsi nella " certezza " dei risultati perché dobbiamo rimanere aperti nella ricerca di ogni attimo, creando ombre e luci per giustificare il nostro esistere per immagini. La figura che s'intravede nei segni è più " vera " di ogni verità, il buio può farsi più luminoso della luce, l'intrico segnico più limpido della linea retta: è il cuore che appare qua e là, come un prodigio semantico a cui partecipano smalti e vernici, catrame e follia. Vi si riassume il groviglio di Sutherland o di Vedova, la materia di Burri e di Fautrier : i passaggi stilistici dell'arte del dopoguerra comportarono, sì, ricadute realistiche popolari, ma anche passaggi dal clamore al silenzio, dalla guerra alla pace, anche da un facile accademismo a moduli più imperfetti ma più rappresentativi e drammatici. Sparivano eventi artistici e ne nascevano altri, questi ultimi contenenti la storia e il dramma dei precedenti: Preverino seppe passare dal mondano al sacro, dalla chiarezza formale alla chiarezza esistenziale: le sue immagini iniziarono a caricarsi di tensioni di vita, di aspirazioni, di progetti mentali. L'umano non è patrimonio esclusivo del realismo, esiste un "di più umano " che non è tutto detto, tutto confessato, proprio perché intenzionalmente celato nell'irreale: si trattava di una identità scoperta per sintesi di razionalità e fantasia dopo aver visto sfilare davanti a noi le Avanguardie Storiche e le successive stagioni, con i volumi orgogliosi della Pop e la remissività dell'Arte povera o concettuale : Preverino era nato proprio nell'anno in cui nasceva a Parigi il Gruppo Cobra ( 1948 ) e lui lo scopre a vent'anni, negli anni'70, per coglierne l'espressionismo dirompente nel momento stesso in cui legge attentamente Bacon : si trattava di scendere agli inferi, ai piani dell'inconscio meno irrazionale, anche per tentare la prima sintesi personale di uno studio condotto da anni su autori diversi o meglio sulle motivazioni profonde del loro lavoro.
In quel momento acquista identità l'arte di Preverino, l'autonomia giusta per poter dare un ordine rigoroso ad un lavoro che poteva anche correre il rischio di una caduta nell'informale totale, decorativo e salottiero: al contrario, il far parte di un mondo inquieto e inquietante lo condusse ad una visione rappresentativa che doveva sanare le discordanze e le tensioni attraverso l'uso di gesti creativi che conducesse ben oltre la descrizione e la ripetitività. Infatti gli inserti e gli smalti di " Materico '94 " esalteranno una figurazione femminile che respira e vive entro fondi grigi e grafie nere in cui il valore cromatico si adegua alla situazione ingrata dell'uomo; e anche i " collages '95 " sovrappongono le carte in funzione di una materia di per sé già capace di rielaborare membra volti seni, spesso con l'aggiunta di " inserti " rossi e azzurri e gialli che aggiungeranno all'originario vigore grafico il senso di una elegia coloristica ai limiti alti della poesia, pur lasciando al contrasto tra il bianco e il nero il ruolo dominante e intrigante per offrirci il significato di una vita da progettare in positivo, lasciando ai chiari scoperti la speranza di una stagione ancora da vivere. Quando poi interverranno il rosa e il giallo oro ("Interferenze ‘97") si giungerà ad una specie di canto gaudioso quale momento magico in cui masse e segno e colore si uniscono perché la figura intravista acquisti la sacertà derivante dal proprio esistere. La visione figurativa del primo attenuato realismo ( e la concezione che lo nutriva come ascolto di antiche esigenze umane ) si stempererà nel dissolvimento grafico figurale, quasi all'abbandono della narrazione corrispondesse una più drammatica aderenza alla verità interiore: l'aggrovigliarsi dei segni testimoniava una maggiore penetrazione nel cuore dell'uomo e delle sue problematiche. C'era un mondo da ricostruire -diranno i poeti- e il contributo degli artisti non si fece attendere.
Il senso della " costruzione " vivo in Preverino pare rifarsi ad una filosofia dell'impegno, quella a cui l'artista pensa quando scrive che egli desidera " confrontarsi ",tentare una pittura " scarna ed essenziale ", far coincidere pittura e vita, e soprattutto non produrre una pittura " da fare ammirare " ma una pittura capace di " coinvolgere " : concetti che confermano il rifiuto della " casualità " e l'ansia per una ricerca che raggiunga il " centro " e delle cose e degli esseri umani : i " Trittici " del '98 parlano anche del cuore di un albero o di un paesaggio o di una pietra : il tempo vi vive dentro e continua nello spazio, ma è lo spazio che contiene il tempo e lo rinnova e contemporaneamente lo rende infinito. Sono proprio i grandi " Trittici ", che incarnano il segreto frontale delle tre figure allineate, ad affrontare in termini stilistici nuovi la corporeità e l'idealità dei tre corpi ritagliati nel nero e nel rosso degli spazi per suscitare la necessaria sensualità, a cui faranno seguito nel '99 i "Desideri tattili " con la donna al centro a mediare tra la nera morte a sinistra e i bianchi luminosi della vita a destra. I corpi si contrappongono e si completano a vicenda, con la presenza di un mondo circostante in cui tutto annega e da cui tutto emerge: è il racconto del vivere e del morire, che trova la sua ragione d'essere nella misteriosità dell'esistere.
La successiva " Costruzione del cielo " ( 2000), con le due figure naturali che vivono di due interne e diverse dinamicità, riunisce corpi e natura in una centrale misteriosità lunare aperta su un infinito di cobalto, mentre il trittico " La fontana della corda " ( 2000 ) riunisce i tre momenti -natura, figura, fontana- in un alternarsi liberatorio di neri- chiari- colori che creano atmosfere di vario spessore e significato, con scrosci di luce che inondano l'universo e lo colgono nella sua dinamica dimensione. Liberissimi i due recentissimi trittici i " Miei pensieri " e " Una giornata particolare " dove la leggerezza dei colori si unisce al ritmo tenue dei segni per porre in essere il filo sottile di un lirismo imprevisto in cui fiumi prati colline e cieli ci offrono una visione metafisica del mondo, silenziosa e rarefatta, fino alla grande figura chiara dei " Pensieri " che domina la tempesta del mare e dei capelli. Variano i timbri e si autodilaniano le forme in un antropomorfismo che riunisce elementi di ogni genere riscoperti nel loro " profondo ", quasi per iniziare una narrazione favolosa del mondo entro cui ogni elemento vive la sua stagione più rigogliosa ma anche più misteriosa.
Una narrazione che si nutre di quei gesti che segnano la " storia " di Preverino e illuminano la sua coerenza, la sua controllata gestualità, la sua " scrittura " intorno al corpo femminile, la sua idea di spazio interrotto da forme che lo nutrono e lo giustificano, la " necessità " del suo intervento che non può essere che "quel gesto ", le sue luci che si articolano tra il bianco e il nero che potenzialmente contengono la gamma coloristica in tutte le sue gradualità: è da quei due colori che improvvisamente esplodono le luci più funzionali alla realizzazione del suo universo pittorico.
Vedremo nella chiesa di San Agostino a Pietrasanta un ingresso da " foresta nera ", con i trittici alle pareti laterali del corridoio ideale che accompagneranno i visitatori alla " installazione centrale " posta prima dei gradini che precedono l'altare: un'installazione di sette legni enormi, dipinti all'interno e all'esterno, di varia altezza e misura, con numerosi " riporti ", entro cui il mistero si infittisce e si apre all'avventura della esplorazione ( e di quello spazio e della vita ), quasi per porre l'uomo nella usa dimensione più autentica, cioè incerta e continuamente in cerca di verità. Vi si esplica tutto il gioco del " viaggiare "- per ipotesi e dubbi - con un costante richiamo alla sensualità del vivere e all'istanza di procedere oltre. Un vero labirinto entro il quale ciascuno può tendere anche a ritrovare se stesso, a ripercorrere le proprie paure e memorie attraverso spazi di luce che mirano a far soccombere le ombre, con gesti grafici cercati per sopravvivere, con spazi aperti alla speranza al di là nei " neri giardini ". Lì sta di casa la meditazione, la ricerca della solidarietà, l'intreccio calcolato dei simboli entro i quali può essere anche intravista la luce di una laica sacralità nella parte bianca e alta del pannello. Il nero è l'elemento di contrasto per eccellenza, dal nero è possibile trarre fuori luci e speranze, ogni felicità può rimanervi celata e per successive gradazioni pervenire al cielo. Vi è nascosto ogni evento. Nel coro il nero vivrà il dialogo con i colori che vi si nascondono. Da lì si preannunzia già il suono limpido dei " giardini neri " per ricondurre ad armonia ogni tensione e paura.
Una rassegna - quella di Preverino - che offre lo spettacolo di una ricerca appassionata verso la centralità dell'uomo, anche per evitarne i clamori inutili e gli inghippi storici e psicologici: l'uomo di Preverino è l'uomo dei poeti, l'uomo " di pena " ungarettiano e anche quello più emblematico di Montale a cui non resta che presentarsi per dirci solo " ciò che non è e ciò che non vuole ". Alla certezza dell'essere corrisponde l'incertezza dell'esistere, e il pittore non possiede che l'arma delle " forme " per manifestare la sua crudele fedeltà alla verità esistenziale.
La nostra analisi è solo un tentativo per individuare le variabili fondamentali della ricerca totale di un pittore ancora giovane e disponibile per continuare ad avventurarsi nel mondo dei segni, in modo da avvicinarsi agli uomini attraverso un incessante turbinìo di linguaggi. Ogni opera vivrà della positiva ambiguità dei risultati ormai aperti a quella molteplicità di interpretazioni che traggono dalla loro ricca e magica enigmaticità la loro ragione di essere.

Luglio 2002

Dino Carlesi

Biografia

Francesco Preverino è nato a Settimo Torinese nel 1948. Nel 1968 si diploma presso il Liceo Artistico Accademia Albertina di Torino. Frequenta anche l'Accademia di Brera e quella diTorino. Subito dopo le prime esposizioni personali e collettive, seguono lavoro intenso e prime sperimentazioni in campo incisorio. Stringe amicizia con Albino Galvano e Aldo Passoni, che s'interessano al suo lavoro. Nel 1971 inizia l'attività di insegnante. Nel 1973 gli viene assegnato il Primo Premio APECO-Milano-Biennale di Campione d'Italia Quadriennale Nazionale d'Arte "La Nuova Generazione", Roma. Nel 1981 presenta un'importante personale alla Mood Gallery di Milano e all'Istituto Vittorio Veneto di Torino: i suoi interessi sono ora rivolti all'uomo di strada e all'emarginazione, per poi dare una svolta più intimista con ritratti e pitture come diario di quotidianità. Dal 1981 al 1990 sono anni di sperimentazione su monotipi, collages, riporti, ricerca sul nero, per poi sfociare in una personale nel 1990 alla Galerie de Groote Meer ad Amsterdam.

Attualmente è titolare della Scuola di Decorazione presso l'Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria. Vive e lavora a Torino.