Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Mostra di pittura

Alberto Corsi


inaugurazione: sabato 3 novembre 2001 - h. 17.00

esposizione: dal 3 al 18 novembre 2001

luogo: Sala del Capitolo - Centro Culturale "Luigi Russo" - Pietrasanta

orario: da martedi a sabato 15.30-19.00

ingresso libero


Comunicato stampa

Presentazione

Di sicuro Alberto Corsi si aspetta da me una scheda tecnica del suo lavoro, in occasione di questa personale a Pietrasanta, anzi s'aspetta una sorta di prefazione ufficiale da parte del Direttore dell' Accademia di Belle Arti di Carrara, dove si scriva delle mostre che ha fatto, dei premi che ha vinto, della sua formazione culturale e dei suoi meriti artistici. Ma non me la sento di vergare poche righe schematiche e informali; non me la sento di limitarmi a un freddo computo tecnico del pittore e del suo inquadramento storico-critico nella cultura di questo lembo di terra in cui viviamo.

Pazienza se si dovrà aggiungere una pagina in più nel depliants della mostra, ma proprio non mi va di liquidare Alberto e la sua opera con poche parole di circostanza. Questo scritto è piuttosto un ringraziamento affettuoso, al di fuori degli schemi tradizionali e, sopratutto, fuori dalle convenzioni.Alberto dovrebbe capirmi: lui, cosi poco disponibile a seguire le convenzioni.

Perchè Alberto Corsi è uno dei miti della mia infanzia.

Quando, da ragazzino assieme a suo fratello Renzo , mio compagno di scuola, andavo a curiosare nel suo chiosco fotografico di Marina di Carrara, proprio davanti al cinema Vittoria, non era per le foto. Ero incuriosito dai suoi quadri. Da quelle figure dipinte a colori vivaci, fatte di schizzi cromatici in rilievo e di pennellate spesse (materiche,si direbbe oggi) che avevano un fascino straordinario.

Erano guerrieri dai volti imperscrutabili a cavallo di destrieri scalpitanti, pieni di movimento, di squarci di luce, di accenni sapienti di allusioni: pesci fantastici, bambini lunari, anatomie perturbanti.

Immagini niente affatto statiche, che quasi si sovrapponevano, confondendo brani di muscoli ipertrofici, piedi e lacerti androformi da far rabbrividire per la loro immediatezza, la forza comunicativa, l'espressività grafica.

Dietro ai quadri ammirati con gli occhi spalancati di adolescente faceva capolino lo sguardo sornione di Alberto, ironico e spesso caustico, quasi a sottolineare la funzione ludica, liberatoria, per niente esaltata, del suo lavoro.

Perchè Alberto ha sempre avuto un atteggiamento modesto nei confronti della sua pittura; modesto e schivo come sanno essere i Grandi. Non si è mai gettato nella mischia, reclamando un posto di rilievo nel variegato panorama artistico del nostro comprensorio; non ha sgomitato, non ha cercato di ingraziarsi i critici, non ha sollecitato recensioni, stampe di cataloghi sontuosi, riconoscimenti ufficiali consensi, prebende.

Anche questa mostra di Pietrasanta, da tempo pensata e voluta dai suoi amici, avrebbe dovuto comporsi di un numero maggiore di opere e, sopratutto, essere corredata di un catalogo adeguato, che evidenziasse il suo percorso pittorico, la sua evoluzione personale del gusto e dell'immagine delle tecniche e del colore. Invece ancora una volta, Alberto ha preferito ripiegare su un assetto più ridotto (più modesto,appunto), "accontentandosi" di mostrarci alcuni dei suoi lavori più recenti, dove il sogno grafico è stemperato, annaquato nelle chine, nei guaches, negli acquerelli delicati dove la figura umana è appena accennata, forse solo intuita.

S'intravede in questi lavori contemporanei il risultato di un'operazione di interiorizzazione, di riflessione, di introspezione che è propria della maturità dell'Artista. Sono opere segnate dal silenzio, anche negli slanci amorosi, negli amplessi cui alludono. Nelle figure femnminili piegate nella gestualità quotidiana. Ammantate nel silenzio. E' percepibile, fisicamente. Un silenzio chiaro, quieto, per niente corrucciato.

Ma per capire questi ultimi lavori bisognerebbe vedere le cose che li hanno preceduti.

I paesaggi, soprattutto. Alberto ha attraversato un lungo periodo in cui, abbandona quasi del tutto la figura umana, si è dedicato ai landscapes.

C'è stato all'origine, penso, un viaggio in Sardegna a segnare tutto questo. Dalla Sardegna era tornato con certi quadri piccoli, pieni di colore, in cui aveva ritratto la terra e il mare con la sua mano felice. Si riconosceva il pittore dei cavalli imbizzariti e dei muscoli ipertrofici, ma l'atmosfera era mutata, l'aria era rilassata. C'era la quiete dell'osservatore stanco che si siede sul ciglio della strada e guarda il mondo attorno a sè con occhio nuovo.

Ci comunicava le sensazioni di luce e di colore di una terra arsa, lambita dal mare eppure così ricca di colori contrastanti da farci pensare a un paesaggio onirico, interiore.

Qualcosa di assai diverso dai Corsi che conoscevamo. La sua specialità, prima di allora, erano schizzi a china in cui tratteggiava, con la sua sapiente tecnica espressiva e una fantasia straordinaria, figure androgine dalla muscolatura ipertrofica, mutanti, comiistioni tra uomini e animali, visioni inquietanti di mondi e di esseri sconosciuti.

Frutto della grande paura di una guerra nucleare, di un inquinamento atomico, chissà! Alberto come molti della sua generazione, ha sofferto profondamente le paure della guerra mondiale e l'incubo di Hiroshima e Nagasaki. Su questi orrori,elaborati dall'inconscio, si sono innestate visioni mediate dal cinema fantastico, dalla fantascienza e dalle informazioni sulle  conquiste spaziali russo-american. Quel miscuglio di realtà e fantasia,fatto di inquietanti ed esasperati accostamenti era, per me adolescente, di una forza trascinante. Si andava nel chiosco fotografico di Alberto per sollecitare un'illustrazione, una copertina per qualche rivistina amatoriale (le fanzines), certi schizzi per illustrare un racconto.

Persino per convincerlo a disegnare una storia a fumetti (si, la fece, penso, caso unico e irripetibile: si chiamava " Momo superuomo " ).

Lui paziente, o forse rassegnato, prendeva la penna a china o il pennarello, tralascinado le foto da sviluppare e i clienti che attendevano nel piccolo negozio, e ci accontentava con piccoli brevi tratti sul foglio. Poi, burbero, per evitare l'imbarazzo dei ringraziamenti e degli inevitabili commenti positivi sul suo lavoro, ci invitava bruscamente ad andarcene e a lasciarlo in pace , chè aveva da fare.

Non si è liberato facilmente di quei ragazzi, perchè ogni occasione era buona per ricorrere alla magia di Albè. Ha dovuto aspettare che diventassimo grandi e che non avessimo più bisogno di lui.

 

Carlo Baroni

Carrara, ottobre 2001

Critica

Biografia