Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Miti ed Eroi

Marino Marini


inaugurazione: mercoledi 12 agosto 1998 - h. 19.00

posizione: dal 13 agosto al 30 settembre 1998

luogo:Complesso di Sant'Agostino - Centro Culturale "Luigi Russo" - Pietrasanta

orario: da martedi a domenica h. 15.30-19.00

ingresso libero


Comunicato stampa

Presentazione

La mostra dedicata a Marino Marini segna il ritorno, da molto tempo atteso, di un'esposizione delle opere del grande maestro in Versilia. L'Amministrazione Comunale ha con grande piacere ed entusiasmo accolto la possibilità di realizzare questa iniziativa in quanto rappresenta un momento di grandissimo rilievo nell'ambito del programma da noi promosso ormai da diversi anni per valorizzare e rafforzare il ruolo di Pietrasanta come città dell'arte e degli artisti.

Ospitare una mostra di questa importanza nella suggestiva cornice del cinquecentesco Chiostro di Sant'Agostino, in contiguità con il Museo dei Bozzetti e a due passi dal cuore pulsante dei laboratori e delle fonderie artistiche cittadine, crediamo che sia una circostanza particolarmente felice per rendere omaggio alla grande scultura italiana contemporanea, che ha in Marino uno dei massimi esponenti e in Pietrasanta una terra dove da sempre l'idea artistica si traduce in realtà.

 

Sindaco del Comune di Pietrasanta

Manrico Nicolai

 

 

Ho accolto volentieri il progetto di questa mostra a Pietrasanta, non molto lontano da Forte dei Marmi dove Marino ed io ci stabilimmo nella primavera del 1954.

Con una selezione di sculture, dipinti e opere su carta la rassegna sintetizza una vicenda artistica intensa e ricca di autentica passione creativa.

La Fondazione Marino Marini ha concesso il patrocinio riconoscendo il contenuto culturale dell'iniziativa, ai cui organizzatori e curatori rivolgo l'augurio di un meritato successo.

 

Presidente della Fondazione Marino Marini

Marina Marini

Critica

 

Se dopo la prima guerra mondiale i maggiori artisti francesi lanciarono il famoso "rappel à l'ordre", nel secondo dopoguerra non si verificò niente di simile. La voce isolata di Marino Marini cercava di ricordare ai sopravvissuti che, dopo la tragedia, era rimasto un ultimo, incorruttibile germe di nobiltà umana.

A distanza di molti anni è questo il monito da cogliere nell'opera dell'artista pistoiese.

L'arte vera è androgina e i veri artisti hanno sempre saputo esprimere le più vitali caratteristiche dell'essere maschile e femminile. Cosi anche l'arte di Marino Marini incarna sia l'armonia sia la divergenza dei sessi. Nelle "Pomone" egli ha saputo rendere un'interpretazione tutta sua dell'eterno femmineo, cosi come nei "Cavalieri" ha dato voce alle forze elementari della virilità. Il nudo femminile, meno frequente, riveste un ruolo di primaria importanza che funge da contrappeso e mette in rilievo i più celebri "Cavalieri".

La fertilità è inscindibile da una radicata fiducia nel futuro ed è questa serenità fiduciosa che traspira dalle tante "Pomone" modellate da Marino. Queste figure hanno un equilibrio emotivo e carnale che scaturisce da un centro gravitazionale interno, anche se sembrano appoggiarsi (come nel caso della meditabonda Susanna della presente esposizione) a un sostegno esterno puramente illusorio. In questo caso Marino non ha modellato volutamente l'elemento di appoggio, perché la figura non ne ha bisogno, rimanendo comunque centrata su se stessa. A proposito del nudo femminile nell'arte moderna Degas disse con un amaro accento invidioso: "Quando penso che una volta gli artisti dipingevano 'la casta Susanna al bagno' mentre io sono costretto a dipingere brave massaie nel loro bagno settimanale ... !". Marino è tra i pochi che pur rimanendo legati a un contesto contemporaneo, hanno saputo tradurre in forma epica un soggetto ricorrente nell'arte di tutti i tempi. Ben diverso è il mondo dei "Cavalieri". Erich Steingraber nel suo splendido saggio introduttivo al catalogo del Museo Marino Marini di Firenze afferma:

"Le figure di cavaliere hanno dato a Marini fama internazionale negli anni Cinquanta, un tema decisamente non moderno ... ".

E certo, come nel caso delle "Pomone", sorprende la volontà dell'artista di far rivivere (come si augurava Degas) certi valori peculiari di una tradizione ormai svanita. Steingraber a ragione guarda a Marino da una prospettiva internazionale.

Ma c'è un'altra ottica che non va ignorata, quella più limitata, più provinciale se vogliamo, per la quale la scultura italiana affonda le sue radici nei monumenti pre e post-risorgimentali. Nel tema equestre spicca un'anomalia iconografica prettamente italiana. Mentre i monumenti equestri inglesi, tedeschi o francesi (persino quelli dedicati a Giovanna d'Arco) sono sempre trionfali, quelli italiani assumono ben altro significato. Emanuele Filiberto in piazza San Carlo a Torino, per esempio, invece di brandire la spada minacciosamente, la rimette nel fodero in segno di pace. Ancora più insolito è il duca di Genova (sempre a Torino) che, a prezzo di una certa goffaggine nei gesti, riesce a mantenersi in sella malgrado l'agonia del suo cavallo. L'Italia dunque, oltre i tradizionali, tronfi intenti celebrativi, seppe inventare una versione alternativa, quasi underground del monumento equestre, evidente nei dipinti e nelle sculture di Boccioni e, ancor più tardi, nell'opera di Marino. In Italia, più che altrove in Europa, è vivo il desiderio di adeguare il tema dell'uomo a cavallo alla concezione della moderna condition humaine.

Però forse non è nemmeno il caso di scomodare la tradizione underground dei monumenti torinesi sopra citati. Esiste una doppia tradizione antieroica del cavaliere a cui Marino poteva attingere per arrivare alla sua ammirevole invenzione di una nuova tipologia equestre: San Paolo disarcionato dalla luce e dalla voce divina e Don Chisciotte che affronta un mondo malefico e ingannevole nelle sue apparenze, cavalcando il suo Ronzinante.

Non oso suggerire che Marino abbia voluto fare di questi cavalieri esemplari un punto di riferimento. Egli non fu mai un artista narrativo o illustrativo. Anzi fuggiva dal giogo letterario. Ma rimane pur sempre il fatto che sia San Paolo sia Don Chisciotte vengono subito alla mente di chi osserva i "Cavalieri" di Marino. Nel dipinto di Caravaggio San Paolo risponde al rimprovero divino con un gesto che esprime sia ribellione sia il primo moto di conversione. Gli atteggiamenti dei cavalieri di Marino sono altrettanto difficili da interpretare, rivelando pur sempre un non so che di estasiato.

Anche nella loro disperazione sono spesso protagonisti di quegli eventi che l'artista definisce "Miracolo" nei titoli di molte sue opere.

Se San Paolo, cieco, incredulo, ma prossimo alla conversione, incarna il lato umanamente eroico del cavaliere, Don Chisciotte rappresenta la vulnerabilità delle speranze umane destinate a non realizzarsi mai. L'ironia patetica, l'amore per un'umanità che cerca, malgrado ogni disfatta, di conquistare per sé un minimo di nobiltà, alla base del capolavoro di Cervantes, trova riscontro commovente nell'opera di Marino.

Come nel caso di Don Chisciotte, anche il cavaliere e il cavallo di Marino rimangono indivisibili persino nei momenti più disperati. Anche quando il cavallo si erge in verticale, il cavaliere rimane in sella. L'angoscia muta dell'animale è intimamente legata al grido del cavaliere: "Perché?". CosÌ la protesta irrazionale del cavallo è sempre accompagnata dall'irreprimibile desiderio umano di capire il grande mistero della sofferenza.

Ed è qui che il cerchio si chiude e l'opera di Marino raggiunge un'armonia rara per un artista del nostro secolo. La domanda dei cavalieri: "Perché e da chi è imposta la legge della sofferenza?", trova risposta nella serena certezza delle "Pomone" e nella loro promessa di fertilità.  

 

Fred Licht

Biografia