Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Una vita per la scultura

Ettore pesetti "Ettò"


inaugurazione: sabato 5 luglio 1997 - h. 18.00

posizione: dal 5 al 27 luglio 1997

luogo: Sala delle Grasce - Centro Culturale "Luigi Russo" - Pietrasanta

orario: da martedi a domenica h. 18.00-19.30 / 21.00-23.30

ingresso libero

 

Ettore Pesetti è presente nella collezione del Museo dei Bozzetti


Comunicato stampa

Presentazione

Critica

I segreti del marmo nei marmi segreti di Ettore Pesetti

 

Ho sempre riflettuto sullo strano destino riservato alla scultura quale arte meno apprezzata, o meglio, con minor diffusione e assegnata attenzione nei confronti della pittura.

Tutto questo per via del condizionamento derivato da alcuni pregiudizi, sicuramente non quelli di Arturo Martini, forse il nostro più grande scultore di questo secolo, quando affermava che la scultura era lingua morta, morta però se riferita alla retorica aulica del marmo cimiteriale, alla spesso inutile statuaria celebrativa o a certo inerte monumentalismo. Quelli che permangono sono invece pregiudizi tenaci che influenzano scelte e giudizi: l'arte plastica pare debba soffrire della sua fisicità, della pregnanza della materia da subito in primo piano e perciò di essere troppo vincolata al dato esterno da rappresentare. Per altro verso c'è da sottolineare un maggior impaccio ambientale che non è sofferto dal punto di vista espositivo dai quadri facilmente appendibili in casa, con l'aggiunta delle incertezze filologiche sul numero delle copie e sulle possibilità di ulteriori repliche del soggetto, anche post mortem dell' autore.

Non conoscevo Pesetti Ettore di Pietrasanta, per apocope familiarmente chiamato Ettò, milanese d'adozione, scomparso nel 1987 a 84 anni. Scoprendo l'artista nel suo operare ho ripensato all'argomentazione appena manifestata. Quando però la scultura viene incontro al fruitore come è capitato a me con felice sorpresa visitando lo studio in cui la figlia amorevolmente conserva i lavori del padre, allora tutto diventa di immediata e facile decifrazione e i dubbi lasciano spazi alle certezze.

Pesetti: scultore nel senso assiologico e puntiglioso del termine, scultore interprete "nato nel marmo" come osservato dall'amico pittore Giancarlo Cerri, un "eroe" di questo materiale come invece ricordatomi da altro valoroso collega Gianni Vigorelli di Lodi, simile nelle affinità di carattere, di coscienza e vocazione artistica al pietrasantino.

Quanti sono gli artisti intagliatori, (modellare è un diverso modo di lavorare la materia) che trattano direttamente nel marmo, nel puntuale significato della tecnica della taglia diretta, con dispendio di fatica, di pazienza e di tempo? Quanti davanti all'ingombro e alla consistenza di un blocco di marmo o di pietra riescono ad affrontarlo con determinazione e capacità di mestiere, con manualità pronta a superare le difficoltà e le insidie, non disattendendo ogni altro risultato aggiuntivo, artistico in primis?

Pare che tutto sia scomparso o dismesso e che i protagonisti nel tempo debbano contarsi sulle dita di una mano: guardando in casa nostra, Wildt, Martini, i fratelli Cascella, Lorenzo Guerrini, Pazzi, Romano Rui e pochi altri, sempre decisi e sicuri con quella solerzia e scrupolosa autorevolezza senza infingimenti davanti ai materiali resistenti, con l'identica padronanza di tékhne mestiere, la mitica attività di un lontano passato, e certamente non con il solo virtuosismo della tecnica fine a sé stessa.

Ettore Pesetti è stato uno dei pochi che ha esaltato la dura materia con la levità della bellezza, dominandola con l'attività del processo febbrile che nella prassi costruisce l'opera, opera che a sua volta nel divenire si impadronisce di immaginazione, percezione e memoria per comunicare poi un'espressione artistica. Non facile. Ettò ha fatto del marmo la sua magia e il suo segreto, la sua poetica nell'accezione appunto di poesia e tecnica, ed in esso ha svelato i suoi segreti dopo tanta dedizione per celebrare gli altri con lavoro di "traduzione" e di ritrattistica, con omaggi, tra i tanti, agli scultori Messina e Melotti, a Lucio Fontana, Eisenhower, Gianni Agnelli e al musicista Paderewski.

 

Il segreto del marmo nei marmi segreti, parrebbe la giusta definizione a chiasmo del periodo che qui ci preme esaminare. Infatti negli ultimi vent'anni della sua esistenza Pesetti ha declinato un mondo per sé, si è liberato dalla costrizione del referente iconico e ha vagheggiato un'aspirazione non più corriva ad un gusto mimetico o convenzionalmente accademico. Ed ha fatto affiorare quella parte a lungo nascosta o repressa, la parte artisticamente più creativa che è il repertorio presentato in questa antologica nella Sala delle Grasce, una sintesi della sua più originale ed autonoma maniera o stile che si snoda dall'incipit del suo autoritratto degli anni Trenta e del ritratto di Sonia, la figlia bambina incantata nel soffio fermo della sensibilità poetica.

 

Hoc  facere (quando marmorista) et illud non omittere (quando artista), un assioma che ha accompagnato l'itinerario di questo toscano discreto, riservato,. con la qualità dell' uomo modesto, che nell' attenersi al supremo magistero della tecnica con tutta la vulnerabilità del caso, spesso è riuscito a superarla tenendo fisso il principio che la sovranità dell'arte contempla soprattutto il completo possesso dei mezzi creativi, secondo quanto dichiarato da Arturo Martini.

Volendo di proposito limitare il campo dell' infaticabile produzione pesettiana distesa in lunghi anni, si è ritenuto di concentrare gli esiti migliori della sua ultima elaborazione-ricerca creativa in una silloge che desse conto pur nelle variazioni e nei ritorni di una continuità e unitarietà stilistica in progresso .

Da Figurina sdraiata del 1973 a Attesa del 1975, alla figura raddoppiata o duplicata di Innamorati del 1984, tutte in marmo verde serpentino, risulta ancora evidente o quantomeno non abbandonato il riferimento alla verosimiglianza del dato reale dell' immagine femminile.

E questi non soppressi accenni naturalistici, (nella pietra di Viggiù di Intimità del 1979 si notano invece richiami arcaistici; ed in Abbraccio del 1975 una stilizzazione piuttosto simbolista), concedono rilevanza descrittiva di sensuale sensibilità, magari esibita solo in rialzi o minimi turgori espressivi giocati sull’'ombraluce. Così è in Intimità del 1974, quasi un innesto del nudo nel marmo, nel mentre, al contrario, aggalla dallo stesso. Resta che nell'andirivieni della sperimentazione, l'idea come pensiero realizzato dal linguaggio quale mezzo, giunge ad insospettate intuizioni di rigorosa sintesi ed essenzialità formale, dove la tecnica prodigiosa porta alla sublimazione della materia in immagini su cui esornativa risalta pure la ganosis della patinatura-levigatura delle superfici.

E' l'approdo alla linea dell'espressione organica in cui affiora la non opposizione tra ispirazione e tecnica nella fusione-unione di physis e psyche.

Aspetto tecnico e risultato artistico, modernità di visione, opere senza scissione di stile, la cui morfologia parte dalla semplificazione del referente naturale come in Madonna, marmo rosa di Candoglia del 1972, o nel compatto marmo bianco statuario di Riposo del 1978: un accostamento e un'adesione alla lezione di assoluta purezza formale in levare di Brancusi.

Assimilazioni e recuperi più vicini alla conformazione plastica di matrice organica con l'accento sul bioformismo con i volumi ameboidi di Arp, cui hanno guardato pure Moore e Alberto Viani, si rilevano invece in opere, obbligatoriamente in esemplari sempre unici nei vari tipi di materie, quali Incontro del 1973, Le tre Grazie del 1976, Maternità del 1977, Madonna del 1980.

Donna seduta del 1974, marmo di Musso: robusta delicatezza con la tattilità voluttuosa, quasi compiacente della materia che lucida fa risaltare la pelle del marmo. La famiglia, rosso porfirico di Tolmezzo del 1976, capolavoro assoluto, in cui il legamento di curve, linee, volumi e piani, nella dialettica del convesso e del concavo, di cavità e masse, fa assumere alla scultura un carattere monumentale, una riconnessione di scultura architettonica o meglio di architettura scolpita.

Del resto il possente Rodin sosteneva che la scultura non era che una specie nell'immenso genere dell’'architettura.

Per finire, il marmo rosa di Incompiuta, acutum finale, compiuta estrema fatica del 1986 di Ettore Pesetti detto Ettò di Pietrasanta, la città patronimica della materia da lui tanto amata e che nel ricordarlo ha voluto onorarlo con questa emblematica e significativa mostra dedicata a un autentico scultore artista.

 

Milano, 15marzo 1997.

Tino Gipponi

Biografia