Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Ugo Guidi Retrospettiva a 20 anni dalla scomparsa

Ugo Guidi


inaugurazione: sabato 2 agosto 1997 - h. 18.00

esposizione: dal 2 al 31 agosto 1997

luogo: Chiostro di Sant'Agostino - Centro Culturale "Luigi Russo" - Pietrasanta

orario: da martedi a domenica h. 15.00-19.00 

ingresso libero


Comunicato stampa

Presentazione

La collaborazione fra il Comune di Pietrasanta e il Comune di Forte dei Marmi, che già da alcuni anni si è concretizzata nell' organizzazione di manifestazioni culturali in particolare alla Versiliana, vede nell' allestimento di questa retrospettiva di Ugo Guidi un altro importante momento di iniziativa in concerto.

L'artista, nato a Querceta, vissuto a Forte dei Marmi dove ha realizzato la maggior parte delle sue opere, si rivolgeva ai laboratori di Pietrasanta quando doveva scolpire opere in dimensione monumentale, fondere i bronzi e cuocere le argille. Un ottimo pretesto affinché le nostre due comunità confinanti, e sempre più affini nella concezione e nello sviluppo delle attività e dei progetti inerenti alla cultura, potessero lavorare ancora insieme; un' occasione per affermare che è sempre più necessario unire le forze per lo studio e la valorizzazione di tutti gli artisti  pittori, scultori, poeti, musicisti  che nel corso di questo secolo hanno frequentato e amato le nostre terre e le hanno rese famose.

 

Il Sindaco di Forte dei Marmi                                        L'Assessore alla Cultura

Vittorio Cardini                                                              Massimo Marsili

 

Il Sindaco di Pietrasanta                                                L'Assessore alla Cultura

Manrico Nicolai                                                             Renata Pucci  

Critica

Ugo Guidi figlio della patria del marmo

 

Sono passati più di quarant'anni da quando lo scultore Ugo Guidi esordì con una mostra alla Strozzina di Firenze. Lo presentava in catalogo !'indimenticabile Piero Santi, un maestro di letteratura, più un amico degli artisti che un critico d'arte "professionale".

La galleria de L'Indiano a Firenze e poi La Vecchia Farmacia a Vittoria Apuana, che Piero Santi mantenne con Paolo Marini, ebbero una funzione di scelta squisita nel confuso panorama italiano.

La presentazione di Santi era soprattutto una dichiarazione di amicizia, un prolungamento delle conversazioni purissime, intense, nei pomeriggi passati nel piccolo caffè di Ercole, a Vittoria Apuana.

A quel tavolo, tanto meno impegnativo di quello del famoso Caffè Roma di Forte dei Marmi, sedevano Achille Funi con la sua olimpica indifferenza alle cose del mondo, mio padre e mia madre Magda attenta invece al volgere dell'oggi, Piero Santi mentore di quell'umanesimo letterario che a Firenze aveva ancora la sua orgogliosa capitale. Ugo Guidi che abitava lì accanto era fedelissimo al convegno e, nella sua umiltà, non parlava mai del suo lavoro.

Erano i tempi in cui il lavoro degli artisti rimaneva pressoché segreto, protetto dal muro gentile della discrezione, ma c'era pur sempre un laboratorio lì appresso dove poteva essere scoperta una statua preparata da una fitta serie di disegni. Guidi aveva imparato il mestiere con grande disciplina alla scuola di Arturo Dazzi la cui villa e studio erano a un tiro di schioppo dal caffè di Ercole. Fin da giovanissimo la sbozzatura e la leviga tura dei marmi, la traduzione dell'idea disegnata in forma di scultura, non avevano segreti per lui. C'era quindi tutto il tempo per affermare le novità dell'ispirazione e i tempi nelle estati (ma poi soprattutto negli inverni) di Forte dei Marmi erano lunghi e Guidi non aveva fretta. Ma Guidi non si lasciava vivere e si impegnava a risolvere i suoi problemi. Il primo che egli si pose nella sua silenziosa operosità fu quello di superare la tradizione "marmorea" della scuola di Dazzi senza cadere nella trappola facile dei saltimbanchi della scultura che cambiano abito ad ogni stagione. L'intelligenza di Guidi afferrò subito la connessione tra tecniche, materia e idea dell'immagine e la sua figurazione conquistò subito uno stile che lo raccomandò al ristretto gruppo di amici e che lo salvò dai pericoli della estemporaneità ormai dilagante.

Prima della mostra fiorentina del 1956, che lo consacrò ad una vasta attenzione critica, Guidi aveva già composto una serie di opere nelle quali, superando l'immagine accademica della figura zio ne, egli aveva restaurato l'idea secca, essenziale della forma, i suoi "animali"(conigli, maiali, capre e agnelli) sembravano uscire da un "bestiario" medioevale. Per un certo periodo sembra di notare una contraddizione tra i modi asciutti delle immagini degli animali e la plastica aggraziata, solare dei suoi "nudi" di adolescenti e dei suoi "ritratti" che non sono "figure" (come era uso del novecento) ma vere e proprie individuazioni di personalità nella loro grazia sorridente (Inge), nella sobria maestà del volto (Stella), nella acuta ironia dello sguardo (La livornese).

I problemi si complicano quando Guidi affronta le composizioni in erracotta, in marmo, in tufo versiliese. Il gioco della luce sui rilievi e le concavità, nella sua pienezza plastica, può ricordarci che per un tempo Guidi è stato assistente di Emilio Greco e che qui a Marina di Carrara, quando Guidi era ancora allievo all' Accademia ma pieno di curiosità, Arturo Martini ha composto la sua Giustizia corporativa. Ma non bisogna, per comodità, sopravvalutare questi "incontri" di Guidi. Egli certo ricerca fino agli anni Sessanta una sua personalità senza abbandonare (per comodità) una lettura figurativa della immagine, abbandono al quale poteva essere incoraggiato dall'apparente trionfo della non figurazione anche nella scultura oltreché nella pittura.

Il passaggio tra un primo e un secondo tempo nell' arte di Guidi si nota a cavallo del 1960; me lo ricordo bene anche per i rari colloqui fortemarmini che riuscivo ad in tessere con lui. Due opere a confronto ci indicano il punto fermo nella ricerca di Guidi: sono il Putto attorcigliato come in una fascia egizia (1953) della collezione torinese Fiore e quel gesso dello stesso soggetto, e che tanto gli somiglia, del 1959. Se il primo ci dà l'idea di una mummia egizia evocando lontanissime imbalsamazioni, il secondo, riducendo il corpo a un'erma, realizza una maggiore fisicità dell'immagine. Ci guadagna, contro le apparenze, la libertà di interpretazione del soggetto, oltre le certezze del primordiale e dell' accademico, verso nuove avventure che si manifestano nei due decenni seguenti.

Esaminando oggi i blocchi di terracotta, ceramica, marmo e pietra che si fanno sempre più numerosi col passar degli anni e per i quali il termine di astrazione diventa sempre più pertinente, posso tuttavia qui confermare un giudizio dell'arte di Guidi che detti nel lontano 1963, in occasione di una mostra a Milano: "La forma in Guidi nasce con la stessa spontaneità che troviamo in natura, è il corrispondente plastico di un modo di essere nel mondo, dove non sarebbe possibile identificare a1cunché abbia un significato se non nascesse come forma, se non si imponesse alla nostra attenzione per i suoi valori plastici".

E' questo senso forte della plasticità che ha sorretto sempre, nel variare delle forme e degli stili, l'arte di U go Guidi che io ricordo nella sua gentilezza versiliese, tanto stimata da mia madre Magda, da mio padre, da Funi, da Ernesto Treccani e che Piero Santi ha saputo portare sulla scena delle arti dalla quale del resto lui, Piero, era tanto refrattario quanto Ugo Guidi.

 

 RaffaeLe De Grada

Biografia