Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Ad occhi aperti 2

Collettiva di fotografia

 


Hanno partecipato:Marienne Beutrit, Daniela Camilli, Marcella Campagnano, Carla Cerati, Cristina Di Palma, Bruna Ginammi, Cristina Omanetto, Corinne Roger, Marialba Russo, Daniela Tartaglia.


inaugurazione: sabato 2 marzo 1996 - h. 18.00

esposizione: dal 2 marzo al 30 marzo 1996

luogo: Chiostro di Sant'Agostino - Centro Culturale "Luigi Russo" - Pietrasanta

orario: da martedi a venerdi h. 14.30-19.00 - sabato h. 14.30-18.00

ingresso libero


Comunicato stampa

Presentazione

Pietrasanta da tre anni dedica l'intero mese di Marzo alla riflessione e alla "rappresentazione" di temi e problemi attinenti all'universo femminile attraverso l'opera d'arte. Non si è trattato né si tratta di dare spazio ad un'arte al femminile - giacché il talento non si giudica dal sesso - ma di utilizzare il linguaggio dell'arte per affrontare argomenti legati al mondo della donna.

In particolare nel 1994 con l'iniziativa "Il pozzo segreto" fu possibile un breve ma intenso viaggio attraverso la letteratura in compagnia di autrici di biografie di donne con storie particolarmente emblematiche della nostra contemporaneità. Lo scorso anno con la rassegna di scultura "Ad occhi aperti" tredici scultrici di diverse nazioni, di differente età e provenienza culturale, hanno rappresentato uno spaccato della condizione della donna nella società moderna. Quest'anno il dibattito prosegue con la fotografia, nove autrici intervengono sull'immaginario femminile insieme ad una scultrice che si pone quale ideale collegamento con la mostra del 1995. La consapevolezza che la battaglia per la conquista delle pari opportunità è oltre che economica, politica, principalmente di tipo culturale spinge l'amministrazione di cui faccio parte, e l'assessorato che rappresento, a sostenere e investire in queste manifestazioni con sempre maggiore impegno e convinzione. E un ringraziamento voglio esprimere a tutte e a tutti coloro che da tre anni sostengono le iniziative, le rendono possibili con la loro partecipazione, il loro impegno, le loro competenze, la loro arte.

 

Assessore alla Cultura

Renata Pucci

Critica

Lo scorso anno tredici scultrici furono invitate ad esprimere attraverso le loro opere la condizione della donna nel mondo contemporaneo; venne scelta la scultura perché, fra le arti, è senz'altro quella che più a lungo ha discriminato la donna, dove le artiste hanno avuto più difficoltà a farsi valere e a conquistarsi credibilità. Quest'anno nove fotografe intervengono sul tema dell'immaginario femminile; è stata scelta la fotografia perché è uno dei mezzi di diffusione di idee che più di altri - in nome dell'immaginario maschile - ha violato e viola le donne. In questi anni alla progressiva, seppure faticosa, affermazione delle donne in molti campi ha fatto da contraltare un uso spregiudicato e brutale della fotografia quale nuova e prepotente forma di aggressione. Quasi come se alle donne fosse negata una dimensione dialettica, la capacità di essere giudicate sul terreno delle idee. Senza naturalmente considerare l'uso fatto del corpo femminile dalla pubblicità e incoraggiato dai dati delle indagini di mercato al cospetto dei quali anche le pubblicazioni "serie" si arrendono.

La donna è capace di grande razionalità ed altrettanto fortemente è incline al sogno. Eterna Cenerentola divisa fra la necessità di organizzare la sua microsocietà- come del resto le viene costantemente richiesto qualunque altra cosa faccia - e la dimensione fantastica. La fotografia ci è parsa strumento ideale per narrare questa dimensione: consente la rappresentazione dell'immaginario attraverso il vero e la trasfigurazione del vero con l'immaginario con un mezzo che non può prescindere dalla impressione del reale. Un immaginario fatto non solo di sogni, aspirazioni, speranze, ma anche paure, controsensi, frustrazioni; ciò che desidera e ciò che teme una donna da sé e dagli altri, come vorrebbe se stessa e il mondo che la circonda, il fantasmario.

Le artiste hanno scelto strade diverse per esprimerlo: alcune hanno ritratto donne, bambine, ragazze quale sorta di incarnazione di un'idea/fantasia, altre hanno affidato al paesaggio o ai dettagli la rappresentazione simbolica di pensieri immateriali. Comunque sia immagini desunte dalla realtà. Danze, travestimenti, volti, luoghi per parlare dell'eros, della "domesticità", della maternità, di viaggi fuori e dentro di noi, sulle strade della terra e del tempo.

Una ballerina nuda celebra al massimo grado quel sentimento d'energia insito nella danza quale richiesta e profferta d'amore. Quella di Carla Cerati ha in più una sorta di spensieratezza, di ludica e serena consapevolezza del proprio essere. Libertà. Paul Valery scrisse che nell'universo della danza non c'è posto per la quiete, l'instabilità ci sostiene. Nel nostro caso è la sostenibile leggerezza del nudo di un corpo che sembra provenire da un mondo dove non c'è peccato, non c'è tabù. L’innocenza di una sensualità magica ed ambigua che vive dentro di noi la esprime anche Daniela Camilli con i suoi fanciulli travestiti da adulti, con la surrealtà del contrasto fra le pose smaliziate e il candore nello sguardo dei piccoli modelli. E travestite sono le "donne atte a casa" di Marcella Campagnano, non angeli ma Regine del focolare pronte a brandire un mestolone come uno scettro; ma a svelare le Cenerentole sotto mentite spoglie sono le mani casalinghe. E le mani sono il particolare che appassiona Marianne Boutrit: le mani, il tatto, i gesti che sfuggono al controllo manifestando gli stati d'animo. Le mani, il nostro vero e autentico tramite con il mondo, per afferrarlo o per difenderei dalle sue aggressioni. Le mani, simbolo estroso del possesso. Padrona del suo tempo e dello spazio, abitato o deserto che sia, è la Cowgirl di Cristina Omenetto, una libera viandante che ricorda il viaggiatore di Charles Baudelaire "colui che parte per partire, con cuore lieve simile ad un pallone; ... che nutre desideri a forma di nuvole e sogna ebbrezze mutevoli ed ignote".

Daniela Tartaglia fotografa giardini, magico diaframma fra Innenwelt e Aussenwelt, fra reale e immaginario, evanescenti e sospesi oppure luminosi e trasparenti. Il giardino era il cuore dell'harem, prigione profumata a cielo aperto, giardino è il Paradiso Terrestre e giardino è il cimitero. L’ordine della natura e il suo ciclo di cui la donna è partecipe e custode. Marialba Russo ci pone invece di fronte al disordine del tempo. La solitudine e la caparbietà del "resto", il suo silenzio. Rovine deserte "a tu per tu" con l'erba, gli alberi, la pioggia, statue mutile testimonianze di miti che furono, che abitarono la terra. La memoria, la necessità di ricostruire in qualche modo il passato... di ricostruirsi ogni qual volta una battaglia - vinta o persa che sia - lascia in noi i suoi "resti".

 

Il simbolismo di Cristina Di Palma si serve dei fotogrammi cinematografici, come una ricerca del dettaglio subliminale dell'immaginazione. Nel caso specifico un particolare (tratto da Comizi d'Amore di Pier Paolo Pasolini) che riunisce maschile e femminile, la cravatta e il bouquet di fiori, dapprima netti e separati, poi progressivamente ingigantiti, uniti nello sfocarsi, nel perdere i propri gradienti.

Infine i volti di Bruna Ginammi, ritratti di poetesse, autrici di quella letteratura dell'immaginario che alla fotografia contende la rappresentazione dell'attimo, di un'intuizione, dell'istante unico che isola e ferma un momento e - come il mito - lo rende perenne.

Quale raccordo e ideale legame con la mostra dello scorso anno la presenza della scultrice Corinne Roger. La sua Matemitre, non senza ironia e con vivacità autobiografica, ridefinisce l'immagine della maternità: non più la sacralità biunivoca ed esclusiva di una-amamma-un-bimbo ma una figura femminile con un grande braccio per tenerne tre.

 

Antonella Serafini

Biografia