Tatiana Levi
inaugurazione mostra: sabato 17 settembre 1994 - h. 18.00
esposizione: dal 17 settembre al 2 ottobre 1994
luogo: Chiostro di S. Agostino, Pietrasanta
orario: da martedì a sabato 14.30-19.00 / domenica 10.00-13.00
ingresso libero
Comunicato stampa
Presentazione
Scrivere di un allievo che si è diplomato in una scuola della quale si è avuto per lunghi anni lo responsabilità della direzione è cosa che suscita emozione ed orgoglio insieme.
Tatiana Levi si è diplomata nel 1964 all'Istituto d'arte "Stagio Stagi" di Pietrasanta.
In quella stessa scuola della quale una prestigiosa firma del giornalismo, Carlo Laurenzi, ebbe a scrivere nella terza pagina del Corriere della Sera: “ ... Giovani docenti si battono contro l' accademismo, insidia perenne della scultura celebrativa, artigianale, commerciale e chiesastica. Oggi nella scuola d'arte di Pietrasanta si respira un' aria di libertà…”
È qui che Tatiana Levi ha messo le sue radici artistiche ed ha avviato lo sua crescita culturale.
Dall'Accademia di Belle Arti di Firenze si è affacciato poi al mondo collezionando meritati e significativi successi non soltanto in pittura ma in poesia e narrativa.
Tatiana è stata un'allieva singolare, sembrava provenire da un mondo diverso e delicato pur se nata in Versilia che, terra di cavatori ed operatori del marmo, evoca piuttosto una maggiore forza figurativa.
Essa ha saputo comunque raccogliere esperienze e insegnamenti di artisti rappresentativi quali Uberto Bonetti, Alfredo Catarsini, Franco Miozzo e docenti di lettere e storia dell'arte come Giuseppe Flora ed Emilio Paoli.
Così è cresciuta Tatiana, così è arrivata al successo che merita e che onora non soltanto lo Versilia.
Oggi lo rivediamo con una sua personale dalla quale lo vocazione umanistica tradotta in poesia e narrativa ci offre lo chiave di lettura di un sentimento pittorico e grafico tanto tenero quanto profondo e talvolta misterioso.
Si può affermare che non esiste separazione tra le poesie ed i dipinti tanto riesce ad esprimersi con lo stesso linguaggio emozionale. Poesia letteraria e poesia pittorica risultano compenetrarsi con rara efficacia.
Questa presentazione delle sue opere più recenti in cui surrealismo e sentimento diventano struttura ci riporta Tatiana Levi alla ribalta di una attività artistica in continua evoluzione.
Ci conduce ancora alle sue radici ed a quell’ “aria di libertà” che consente sempre di sopravvivere al tempo e di calarsi nel futuro.
Ilo Dati
Tatiana Levi è un'artista silenziosa, discreta, semplice. Non mi ha mai chiesto una presentazione, un consiglio, un aiuto per fare una mostra. Di solito accade il contrario: gli artisti, gli scrittori, i poeti mi fermano anche per strada per chiedermi di leggere un libro, di vedere un quadro, di ascoltare una poesia. Lei mai niente.
E' per questo suo silenzio che scrivo una breve presentazione per lei perché è un'anima pura in questo mondo di valori frantumati.
Attratta dal colore, dalle composizioni policrome, dalla luce, Tatiana Levi si rivela nelle sue opere una pittrice singolare.
La sua è sempre una rappresentazione che cede agli impulsi emotivi e va oltre i confini dello spazio e del tempo. Una favola ricolma di fantasia e di mistero.
Pittura fatta di meditazione intensa che scopre l'animo e lo eleva a principio di vita. C’è sempre la rivelazione di una natura densa di profondi turbamenti che trascendono dal realismo per accostarsi ai maestri del surrealismo.
I suoi soggetti preferiti sono spesso bottiglie che si animano, manichini, trasfigurazioni poetiche della realtà, qualche paesaggio marino.
Tatiana Levi conosce bene i sentieri difficili dell'arte per aver vissuto una stagione intensa in una terra che dell'arte è la culla: la Versilia. Infatti ha studiato all'Istituto d'Arte di Pietrasanta, l'antica città che da secoli accoglie gli artisti che vengono da ogni dove per apprendere l'arte di scolpire il marmo.
Certi suoi quadri assomigliano a grandi vetrate dove il colore è trasparente fino al punto da far immaginare al di là quel mondo misterioso, carico di emozioni, cercato tra le pieghe del tempo e dello spazio.
La pittura di Tatiana Levi reca il messaggio di una creatura alla continua ricerca del profondo significato della vita.
Romano Battaglia
Critica
SIMBOLI COME PATÈIA
L'avere alle spalle una vocazione umanistica, praticamente tradotta negli scritti di poesia e di narrativa (il fortunato romanzo Simone più, dell’ ‘80, è compendio liberatorio di un interesse che non ha nulla da spartire con il velleitarismo di tanta pseudoletteratura d'innesto, sommaria ed asettico), ha portato Tatiana Levi a trasmettere nella propria opera dell'area figurativa una energia dialettica di sicuro spessore; da intendere come ansia di superamento, quindi come volontà ad un tempo estetica e gnoseologica, scaldata dalla passione, del tutto straniera all'aridità del sofisma. Questo mondo di simboli di non facile lettura - poiché di pittura "colta" si tratta, nel senso migliore del termine, - vitalizzato dalla patèia ancor più che dall'intelletto, non può e non deve indurre in equivoco: pur promanando da un'assidua meditazione esistenziale e pur facendo intuire, a monte, delle corpose equazioni speculative, magari tentate e non risolte, nel segno di quel mirabile smarrimento che adegua il filosofare al vivere, dimora in esso l'anima primaria della poesia.
Così, Tatiana Levi non insegue i cortei delle ombre, non colleziona presenze ectoplasmiche per una improbabile metasofìa, ma aderisce con freschezza e pienezza di pulsioni, o isolandosi a volte, dopo essersi scrollati di dosso tutti gli idòla baconiani, in una delicata rêverie sentimentale, ad un "inventare" (si badi all'accezione filològica della parola) tributario insieme della realtà e del sogno. Ci troviamo di fronte ad un linguaggio dotto intramato sull'ordito di avvertimenti profondi; e l'immagine, senza dubbio visionario e spiazzante, non può che condurre, se esplorata di là delle sue soluzioni fenomeniche, ad un inquieto suggerimento d'identità.
Nei modi, se vogliamo, di una nuova metafisica, pensosa ed elegiaca, che attraverso le sequenze biomorfe di vasi e bottiglie - ed è un insistito genecèo - si distingue da quella allucinatoria dei manichini dechirichiani o dall' altra, cromaticamente aperta e tuttavia impassibile, delle donne-anfora di Campigli. La brava artista toscana non si preoccupa di essere accattivante: tocca all'osservatore provveduto capire il senso ultimo del suo linguaggio.
E intanto, nell'approccio immediato con l'opera, prima dell'analisi filtrata che ne determinerà lo valenza artistica globale, non gli potrà sfuggire il puntiglioso scrupolo professionale. Che è fatto, per imperioso bisogno soggettivo e non certo per i dettami imposti dagli studi accademici regolarmente effettuati negli ultimi anni sessanta a Firenze, di pulizia, di equilibrio costruttivo, di dosaggio tonale, di accorta decantazione stilistica. Accertato il possesso dei mezzi, senza di cui qualsiasi argomentazione sui contenuti sarebbe del tutto oziosa e inconducente, allora sì che le ambigue coinvolgenti proiezioni di Tatiana Levi, una epopea di maschere atteggiate ai volumi espansi dell' opulenza borghese, potranno individuarsi nella loro totalità d'anima e di pensiero.
Si vedrà come un Teatrino, un rapido contrappunto di assimilazioni corporee in rosa, in verde, in violazzurro, possa alludere, di là dello schermo materico, al conformismo di tanta gestualità contemporanea; come il dipinto La famiglia, con sullo sfondo, in lievi omologazioni strutturali, il processo fantasmico della continuità genetica, diventi commossa allegoria di un destino biofisico. E ancora Le bagnanti, Pausa di danza, Le comari, gli altri oggetti-simbolo: tutti pretesti per far debordare la visione dall' angustia dell' accadimento e trasferirla nella latitudine incorrotta dell'emblema per soddisfare la coscienza dell'artista anche in ordine alle motivazioni extraformali.
Si consideri, d'altra parte, la convergenza di un superiore edonismo estetico, il gusto, per Tatiana Levi, di "costruire" i suoi simulacri ideali fuori delle bellurie d'assuefazione, magari irregolari, magari eretici, ma sottratti comunque alla corruzione e alla fine.
Per quanto riguarda le eventuali ascendenze si sarebbe tentati di ipotizzare, d'istinto, qualche affinità con il surrealismo storico. Ma poi, a ben vedere, si scopre che la vena surreale della pittrice di Pietrasanta approda ad un "immaginario" sostanzialmente inedito, d'impianto e concetto particolari: i suoi corpi vivi-natura morta non hanno nulla in comune con i radiogrammi di Man Ray, con le frottages di Ernst, con le sfingi solari di Magritte. Né con le profondità marine di Tanguy o con l'universo delirante di un Dan. E se poi, ingannati dalla cadenza ovalizzante della figura, volessimo cercare un parametro referenziale nei fauves, ci accorgeremmo subito - a parte l'impossibilità di conciliare le fughe esoteriche con illirismo di estrazione naturalistica - che nella Levi il senso plastico domina sovrano, a dispetto delle modulazioni effusive, contro la pianificazione antiprospettica, l'arabesco, il colore puro di tipo matissiano.
Un mondo tutto suo, infine. La favola che vince il teorema, Spoglia di seducenti mediazioni, riluttante agli incontri di comodo. Ma linguisticamente calibrata e ricca di spirito.
Renato Civello
Biografia
TATIANA LEVI è nata a Marina di Pietrasanta, Vive ed opera a Roma da diversi anni.
Conclusi gli studi all' Accademia di Belle Arti di Firenze, dove nel 1969 si diplomò in Scenografia, ha svolto una notevole attività artistica, partecipando ad importanti collettive e allestendo numerose personali in varie città d'Italia, Ha ricevuto premi e riconoscimenti, tra cui, nel 1977, il Premio Sanremo.
Si è anche distinta in campo letterario, riscuotendo ampi consensi tanto per la poesia quanto per la narrativa; in particolare il romanzo Simone più, edito dalla Trevi, l'ha rivelata scrittrice fine e di saldo respiro, non vincolata ad alcuna pregiudiziale di corrente.
Come pittrice si è sempre sforzata di accordare un simbolismo profondamente avvertito con la persistenza di un reale vissuto e sognato.
Opere dell' artista sono inserite nelle pubblicazioni specializzate:
- "I manichini sognano..." edizione Globarte - Pentacolo Toscano;
- "La Versilia e l'arte" di Lodovico Gierut;
- "Quelli che contano" di Nando Anselmetti - Marsilio Editore (prossima edizione).