Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Il tempo e l'occasione

Gian Carlo Bulli


mostra a cura di Alberto Veca

inaugurazione mostra: sabato 14 maggio 1994 - h. 17.00

esposizione: dal 14 maggio al 5 giugno 1994

luogo: Sala dei Putti, Sala del Capitolo - Chiostro di S. Agostino, Pietrasanta

orario: da martedì a venerdì 14.30-19.00 / sabato 14.30-18.00 / domenica 10.00-12.30

ingresso libero

 

Gian Carlo Bulli è presente nella collezione del Museo dei Bozzetti


Comunicato stampa

Presentazione

Questa mia nota non vuole essere supporto né tanto meno correzione a quanto già detto da Alberto Veca nella sua autorevole presentazione, bensì essere la voce di chi ha lavorato per realizzare le opere esposte in questa mostra che soltanto per il luogo dove è presentata può definirsi importante.

Quando il Sindaco e l'Assessore alla cultura di Pietrasanta (che ancora ringrazio sentitamente) mi hanno concesso l'opportunità di esporre nel chiostro di Sant'Agostino, ho avvertito l'esigenza di rendere omaggio a questo filosofo che nelle "Confessioni" ha, fra l'altro, preso in considerazione il "Tempo" .

Il fascino ed il tormento nel dare forma a questa idea sono stati forti, mi hanno coinvolto nel concetto di tempo presente del passato che Agostino riferiva alla "Memoria". Non c'è tempo passato né tempo futuro, c'è solo il tempo presente (l'Intuito), dice Agostino.

Così è nata l'opera "Da Piero a Piet", dove la memoria di riferimento a Piero della Francesca è l'elemento pendulo e l'oro del sacro, mentre l'evocazione di Piet Mondrian (il presente) è suggerito dalla struttura ortogonale.

Nell'opera ho coinvolto la raffigurazione pittorica bidimensionale e quella tridimensionale tipica della scultura, perseverando nella mia ricerca che vuole evitare il dualismo pittura-scultura e giungere alla forma più sintetica e allo stesso tempo più completa che sia dato realizzare. Verso l'assoluto.

Un tema non è mai risolto, lascia sempre delle insoddisfazioni, delle incertezze, dei vuoti, ma questi spero siano assolti da Il' osservatore razionale e siano per me foraggio del domani.

 

Gian Carlo Bulli

Critica

Più che una riflessione critica in generale sulle opere esposte, questo breve contributo. vuole dichiarare le ragioni dell'iniziativa, almeno per il suo autore e una ridotta "descrizione" di un ciclo particolare di sculture.

Gian Carlo Bulli espone infatti in questa occasione, nei chiostri di Sant'Agostino a Pietrasanta, un selezionato numero di lavori recenti, alcuni dei quali realizzati in funzione della mostra, conoscendo gli spazi, avendoli frequentati nell'infanzia.

Si tratta allora di una congiuntura particolare, quella di un "ritorno" a distanza di tempo a frequentare ambienti e luoghi familiari, ancor più emotivamente coinvolgenti se si tien conto della distanza e dell'intervallo fra quella e questa occasione. Sant'Agostino, il luogo ecclesiale e il dedicatario dell'edificio, il sapiente che nelle Confessioni realizza una stupefacente "autoanalisi", ultimo fra le grandi riflessioni della cultura classica e primo di una rinnovata letteratura centrata sul contrasto fra eternità e immanente.

Il viaggio della memoria e quello fisico della rivisitazione degli ambienti, del progetto nello studio di fronte agli spazi fisici dei luoghi espositivi, costituiscono una circostanza particolare, appunto una occasione per un verso biograficamente singolare - non è si badi l'antologica di maniera che a volte viene realizzata nel luogo natale dell'artista, omaggio simpatico ma da confinarsi nella celebrazione di maniera - perché capace di sollecitare un ciclo coerente di nuove opere, in ogni caso connesso e conseguente con il lavoro precedente di Bulli, che si presenta come un costante interrogarsi sull'architettura e sull'uomo.

In questi anni sono stati rivisitati e riletti alcuni luoghi fondamentali dell'agire architettonico nella storia, dalla costruzione dell'Oriente vicino a quello lontano, edifici del sacro e edifici del potere, alla ricerca di una memoria che si concretizzava in appunti, in frammenti che assumevano successivamente, al ritorno, la forma provvisoria dello schizzo, della bidimensione del pannello a parete infine della scultura, del tutto tondo, in un percorso di progressiva riappropriazione e riproposizione di quanto osservato con gli occhi e registrato dalla memoria.

Si è trattato appunto costantemente di un viaggio, alla ricerca di figure elementari, primarie, in cui si perdesse l'identità iniziale, appunto il segnale dell'immanente, dello stile e della congiuntura storica, per assumere un valore assoluto, o meglio il valore dell'oggi. Bulli gioca sull'idea dell'opera come "traccia" consolidata di una azione nell'ambiente: così le figure elementari della costruzione, l'orizzontale e la verticale, il pavimento, la colonna, la trabeazione, l'arco si sono affollate negli anni come segnali di una volontà di lasciare memoria di sè, in una forma di diario personale che si vuole offrire alla lettura degli altri come esperienza del proprio percorso e della propria riflessione.

E i segnali di questo interrogarsi si traducono costantemente nell'assemblaggio e nella riproposizione di un immaginario profondo proprio perché inventato nella profondità della storia dell'uomo, come in quella personale dell'operatore.

In questa prospettiva nasce il recente ciclo centrato sulla "memoria" di Sant'Agostino, una architettura non solo "vicina" dal punto di vista dello stile architettonico, appartenente a una cultura le cui radici sono le nostre, ma, come si è detto, "familiare" all'artista e alla sua biografia. Nell'occasione giocano allora non tanto la "distanza" delle figure fondamentali del tempio o della piramide, della mitologia o della leggenda, quanto la familiarità di forme, materie e ritmi quotidiani.

Ne è nata una sorta di "duplicato" della fantasia rispetto agli ambienti e agli arredi reali dell'edificio: il pavimento, l'altare, l'arco e il muro sono i soggetti frammentati che Bulli realizza: essi appartengono alla sfera della scenografia, dell'ambiente, anche dell'uomo che percorre fisicamente e con lo sguardo i "luoghi" del culto e della memoria.

In questa selezione, una sorta di scomposizione e riproposizione a se stante, isolata ogni figura dal suo contesto significante, di cui eventualmente può ricordare l'arredo con un inserimento di una presenza significante, nella decorazione come nella figura - così avviene nella situazione "teatrale" dell'opera Da Piero a Piet - gioca un ruolo decisivo la scelta dei materiali che viene adottata, che trasfigura e cita metaforicamente quelli originali. Si vuoi dire che se gli ingombri e le forme perimetrali degli oggetti possono immediatamente evocare la loro immagine referente, semplice o semplificata dall' azione sintetica del disegno, l'elemento determinante, come in ogni operazione legata alle cose e al fare, è la realizzazione vera e propria, la sua presenza di "oggetto" ingombrante e definente uno spazio agibile.

Sono in particolare la "pelle" della superficie, resa sensibile alla luce e invitante al tatto, modellata in una particolare inclinazione alla plastica, l'inserzione del frammento cromatico o dorato a foglie, un disegno-memoria della fantasia con cui scandire i tempi dello spazio individuato e riproposto in figura, a render conto della personale partecipazione della volontà di espressione che Bulli ha in questa occasione ricercato.

Ancora una volta protagonista il tempo e protagonisti i gesti e le azioni che sono stati determinanti nella realizzazione delle opere: davanti a esse l'invito allora è quello di una lettura ravvicinata, una volta colto l'assieme, l'immagine complessiva della presenza dell'oggetto nell'ambiente, perché si possano leggere le figure della materia alla stessa distanza da cui sono state realizzate, perché più evidenti emergano espliciti i segnali, di ridotta dimensione ma non per questo minori sul piano dei significati, sparsi nella superficie.

 

Alberto Veca

Biografia