Museo dei Bozzetti "Pierluigi Gherardi" - Città di Pietrasanta

 
 
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Stagioni di Luce

Giorgio Morandi


a cura di Marilena Pasquali

 

inaugurazione: sabato 14 luglio 2001 - h. 17.00

esposizione: dal14 luglio al 9 settembre 2001

luogo: Chiostro di Sant'Agostino - Centro Culturale "Luigi Russo" - Pietrasanta

orario: da martedi a domenica 16.00-19.00

ingresso libero


Comunicato stampa

Presentazione

Parlare di Giorgio Morandi, una tra le massime personalità artistiche di questo secolo, è facile, e allo stesso tempo difficile. Facile perché, a quasi quarant' anni dalla sua morte, gli omaggi critici ed antologici non sono certo mancati; difficile perché di fronte ad un Maestro, unanimemente riconosciuto come il valore più alto nel panorama dell'arte italiana del Novecento, si rischia di voler vedere nelle sue opere, nella ricerca di nuovi percorsi di lettura, ciò che Morandi non immaginava, né sentiva.

 

La sua arte è illuminata, infatti, dalla luce dell'anima e del sentimento. Il mondo delle cose e dei paesaggi delle sue tele sembra sospeso, al di là di ogni tempo e di ogni luogo, privo di inutili orpelli ed abbellimenti: le forme ed i colori di quelle realtà non rappresentano una mera riproduzione di modelli selezionati, ma sono intensamente rielaborati da tutte quelle suggestioni, quei ricordi, quei sentimenti di cui gli oggetti sono intrisi agli occhi dell'autore, che li plasma e li rende simboli ed emblemi stessi dell'esistenza.

 

Questo è il senso delle sue "Nature morte" del 1923, di quei paesaggi così veri degli anni di guerra. Ciò che colpisce dell'artista è, nella grandezza dei suoi capolavori, l'estrema semplicità, dimostrata, per fare un esempio, dal suo piccolo studio ormai visibile solo in fotografia presso il Museo Morandi di Bologna (donazione  Folon), niente a che vedere con la magnificenza di altri artisti a lui contemporanei.

 

L'emozione è grande, grande il fascino delle sue tele che creano, nel Chiostro di Sant' Agostino in Pietrasanta, una magica atmosfera.

La Sala dei Putti e quella del Capitolo sono invase da quelle "stagioni di luce" che creano una segreta architettura e proiettano la nostra città al centro del panorama artistico mondiale.

 

Il Sindaco di Pietrasanta                                                         L' Assessore alla Cultura

   Massimo Mallegni                                                                      Massimililiano Simoni

Critica

Biografia

Figlio primogenito di Andrea e Maria Maccaferri, Giorgio Morandi nasce a Bologna il 20 luglio 1890. Perduto prematuramente il fratello Giuseppe, morto appena undicenne, egli manterrà costantemente rapporti assai stretti con le tre sorelle, Anna, Dina e Maria Teresa, che saranno al suo fianco e lo assisteranno per tutta la vita.

 

Giovanissimo, nel 1906, inizia a lavorare nell'ufficio commerciale del padre. Si tratterà però di un'esperienza effimera, presto accantonata per assecondare una precoce quanto promettente inclinazione artistica già affiorante nelle sue prime prove da autodidatta, fra cui, da ricordare, gli stilizzati Fiori dipinti nel 1905 circa e, addirittura precedenti, due statuine di terracotta policroma raffiguranti la Madonna e San Giuseppe modellate nel 1903 per il presepe di famiglia, il cui interesse è aumentato dal fatto di essere l'unica sopravvivenza di un'attività plastica probabilmente praticata con una certa regolarità dal pittore anche nel corso della maturità, se è vero che l'uso di modelli di creta gli servÌ talora per impostare le coordinate spaziali delle sue tele, specie quando doveva inserire gruppi di figure umane. Nel 1907 matura cosÌ la sua decisione di iscriversi al corso preparatorio dell'Accademia di Belle Arti di Bologna; a riprova della patente riconoscibilità del suo talento, con l'ottobre successivo, per meriti speciali, verrà ammesso direttamente al secondo anno del corso comune.

 

Fino al 1911 Morandi si distingue come allievo modello: disegna molto, si cimenta nei primi "Paesaggi", coltiva alcune interessanti amicizie avviando già nel 1909-10 un'assidua frequentazione dei compagni di studio Osvaldo Licini e Severo Pozzati. Ma il biennio finale (1911-13), durante il quale risulta iscritto al corso speciale di Figura, sarà segnato da contrasti con i professori dovuti in larga parte a una sua crescente insofferenza verso i canoni accademici, via via accantonati a favore di formule più congeniali, elaborate sulla base di un vivo interesse per gli accadimenti figurativi oltralpini. Cruciale sarà soprattutto l'accostamento alla pittura di Cézanne, conosciuta attraverso le riproduzioni apparse nel volume di Vìttorio Pica GI'i71zpressionisti francesi (Bergamo, 1908); ma grande interesse egli riserverà anche a una serie di articoli dedicati al medesimo movimento pubblicati su "La Voce" da Ardengo Soffici nel 1909, né mancherà l'occasione di una visita alla Biennale di Venezia l'anno seguente, dove un'intera sala era dedicata a Renoir, e di un successivo passaggio a Roma nel 1911 all'Esposizione internazionale del cinquantenario dell'Unità d'Italia, ove, accanto a opere di Monet, figurava la Ragazza con le rose di Renoir. Nel frattempo, nel corso di una prima gita a Firenze nel 1910, Morandi si era lasciato affascinare dall'essenzialità e dal rigore dei "primitivi" toscani (Giotto, Masaccio, Paolo Uccello), e i primi risultati di questo personale e composito iter di ricerca già affiorano in un Paesaggio del 1911, ove mette in scena, senza nessuna concessione descrittiva, una spoglia costa di monte che si staglia "contro un cielo vasto di solitudine senza approdi" (Brandi), e quindi nel severo Ritratto della sorella del 1912, che testimonia di un'ulteriore avanzamento linguistico e per il quale sono state ripetutamente chiamate in causa assonanze con l'opera di Derain. Nello stesso anno il pittore inizia a cimentarsi nella tecnica dell'incisione licenziando la sua prima acquaforte a tiratura dichiarata, un Ponte sul Savena di cui la critica è concorde nel sottolineare, nuovamente, le discendenze cézanniane.

La consuetudine con questa forma espressiva sarà lungamente coltivata da Morandi in parallelo alla pura pratica pittorica e al disegno, sebbene non in forma continuativa, ma con crescente assiduità soprattutto dagli anni Venti in poi.

 

Con l'estate del 1913 prende il via la lunga serie dei soggiorni familiari nel borgo appenninico di Grizzana. Di questa prima stagione Morandi lascia testimonianza in una serie di paesaggi in cui l'impostazione cézanniana appare risolta in forma più individuale, con l'adozione di toni schiariti e una più intensa luminosità.

Nel frattempo il suo vivo interesse per la contemporaneità e per le esperienze più innovative di rinnovamento artistico ne determinano l'avvicinamento al movimento futurista. Le curiosità del pittore in questo senso sono senz'altro incrementate dalla frequentazione dell'ex compagno di Accademia Osvaldo Licini e di Giacomo Vespignani, grazie ai quali entra in contatto con Balilla Pratella prima, con Marinetti, Boccioni e Russolo poi.

La partecipazione alle serate futuriste di Modena e Firenze nel 1913 e la visita, nel gennaio dell'anno seguente, all'Esposizione di pittura libera futurista fiorentina ove espongono Boccioni, Carrà, Soffici, Severini e Russolo, rappresentano il presupposto a un coinvolgimento più attivo di Morandi, che proprio nel 1914 inizia a presentare in pubblico le sue opere inviando tredici tele e quattro disegni a matita alla storica mostra a cinque (Morandi, Licini, Mario Bacchelli, Giacomo Vespignani e Severo Pozzati, allora scultore) organizzata a Bologna il 21 e il 22 marzo presso l'Hotel Baglioni. La controversa iniziativa, bollata dalla critica come "secessionista" e dal pubblico letta come pura manifestazione futurista per il fatto di proporre artisti non in linea con certa ufficialità accademica, rappresenta in realtà un significativo tentativo di innescare un fattore di rinnovamento nello stantio e provinciale panorama della Bologna di quegli anni, dando spazio a una rosa di proposte alternative, stilisticamente difformi fra loro e di sapore accentuatamente sperimentale.

Al proposito lo stesso Morandi mette accanto al Ritmtto della sonlla del 1912 e a vari paesaggi dipinti fra 1913 e 1914, le prime nature morte di vetri che il critico Ascanio Forti definirà in un articolo su "Il Resto del Carlino" del 22 marzo "compenetrazione di vetrerie in penombra".

Alcuni dei lavori presentati dal pittore alla rassegna bolognese (una natura morta e un disegno) ricompariranno il mese successivo alla prima Esposizione libera futurista organizzata a Roma presso la Galleria Sprovieri (13 aprile - 25 maggio 1914). Questo episodio, che parrebbe indicare un ulteriore stringersi dei rapporti con il movimento, segna in realtà la fine della breve stagione futurista di Morandi, di cui peraltro tracce concrete e inequivocabili affiorano in un unico dipinto, la Natum 77101cta Scheiwiller: assolutamente emblematico, al riguardo, il suo invito alla seconda Secessione romana (dove presenta Paesaggio di neve, 1913), da cui invece i futuristi sono stati programmaticamente esclusi. E con altrettanta evidenza testimoniano del suo sostanziale distacco dal gruppo di Marinetti le nature morte elaborate nel periodo 1914-15, che denunciano piuttosto, nei giochi di scomposizioni di piani e nella ricerca geometrica, un attento l:( personale ripensamento del linguaggio cubista.

E in questo periodo che prende avvio anche la sua carriera scolastica, con il conferimento da parte del Comune di Bologna dell'incarico di insegnamento di disegno nelle scuole elementari, conservato fino al 1929. Nel 1915 Morandi viene però chiamato alle armi: assegnato al II Reggimento granatieri di stanza a Parma, ben presto si ammalerà gravemente, e dopo poco più di un mese verrà rispedito a casa e riformato.

Di questi anni densi di avvenimenti e marcati da proficui contatti con altri giovani intellettuali bolognesi, come Giuseppe Raimondi e Bino Binazzi, restano poche opere perché, spesso insoddisfatto dai risultati delle sue sperimentazioni, ne distrugge molte. Fra 1915 e 1916 si collocano le Bagnanti (1915), i "Paesaggi" Jesi e Maccari (1916) e alcune nature morte, fra cui le due splendide a tortiglioni del 1916. Ancora più rada si fa la sua produzione nel 1917, quando, durante l'inverno, una lunga malattia lo distoglierà dal lavoro: un Paesaggio estivo, l'Aut01citratto pubblicato nel 1918 su "Valori Plastici" poi distrutto dall'artista, e, soprattutto, il "dipinto a impostazione metafisica" del Cactus, con il quale si apre un nuovo capitolo di ricerca espressiva.

 

Al biennio 1918-19 datano infatti una decina di nature morte di astratto e assolutizzante rigore volumetrico e di assorta severità cromatica che esplicitamente alludono a un virare degli interessi morandiani in direzione della pittura metafisica praticata da de Chirico e Carrà, conosciuti di persona nel corso del 1919 tramite l'amico Giuseppe Raimondi. L'incontro con de Chirico avviene durante un breve soggiorno romano dei primi di agosto, nel corso del quale Morandi ha anche occasione di entrare in contatto con gli intellettuali de "La Ronda" (i letterati Emilio Cecchi, Vincenzo Cardarelli, Antonio Baldini e il pittore Armando Spadini).

Alla fine del mese sarà invece Carrà, di passaggio a Bologna, a visitare lo studio del pittore in via Fondazza 34, manifestando poi in una lettera a Raimondi (30 agosto 1919) il suo apprezzamento per i dipinti visti, "specialmente gli ultimi, ma anche quelli più vecchi, dove ci sono i fiori e delle bottiglie". L'intensità sperimentale e l'apporto costruttivamente innovativo della pittura di Morandi all'interno del panorama figurativo italiano sono a questo punto ben evidenti anche alla critica, che inizia a occuparsi del giovane artista dedicandogli un primo articolo monografico apparso su "Il Tempo" di Roma a firma di Riccardo Bacchelli (29 marzo 1918), in parte ripreso a breve distanza (15 aprile) dal solito Raimondi sul foglio bolognese "La Raccolta", in cui viene pubblicata anche la riproduzione dell'acquaforte del 1915 Natura morta con bottiglia e brocca.

Matura nel frattempo l'importante sodalizio con Mario Broglio, che nel novembre 1918 ha avviato la pubblicazione della rivista "Valori Plastici", organo ufficiale del movimento omonimo al quale Morandi aderirà formalmente con la sottoscrizione, nel dicembre 1919, di un contratto. Tale impegno si rivelerà per il bolognese fruttifero sotto vari aspetti: al riscontro materiale, concretizzatosi nell'immediato acquisto da parte del Broglio e dei suoi soci di alcuni dipinti (Paesaggio grigio del 1911 e i due "Paesaggi" Jesi e Jucker del 1913), sarà da aggiungere, come risvolto non marginale, l'importante contributo di divulgazione svolto dalla rivista, sulle cui pagine - spesso in copertina - compariranno ripetutamente riproduzioni delle opere morandiane.

Non solo: Broglio, onorando i suoi impegni contrattuali, organizza una serie di rassegne collettive che vedono Morandi fra i protagonisti. Il 1921 è l'anno di un'importante mostra berlinese, poi riproposta a Dresda, Hannover e Monaco di Baviera, all'interno della quale il pittore dispone di una sala personale in cui presenta diciannove oli di notevole importanza (fra cui Natura morta grande con manichino, Manichino con tavolo rotondo, Natura 7JlO1'ta con birillo), oltre ad alcune acqueforti e vari acquerelli.

Ma ancora più significativa e di forte impatto è la Fiorentina primaverile del 1922, in cui la rinnovata assegnazione di una sala personale, alla pari dei soli de Chirico, Carrà e Arturo Martini, e la sua presentazione in catalogo da parte dello stesso de Chirico, che della sua arte mette in primo piano "la metafisica degli oggetti più comuni", dà definitivamente la misura del ruolo di assoluto rilievo oramai assunto dal pittore nel panorama contemporaneo. Ruolo poi, per altro verso, esaltato dall'intensità dei rapporti intrattenuti con la parte più vitale dell'intellighenzia italiana, in quello stesso tempo rinfrancati dall'avvio di un vivace dialogo epistolare con Ottone Rosai e da una rinnovata consuetudine con VÌncenzo Cardarelli, lungamente vicino a Morandi e alla sua famiglia a partire dal 1920, e per il quale il pittore nel 1928 illustrerà con una serie di disegni tratti da acqueforti le liriche de Il sole a picco.

L'accostamento al movimento dei "Valori Plastici" coincide con 1m sostanziale e definitivo allontanamento dalla poetica metafisica, rispetto alla quale Morandi si era comunque mostrato in grado di mantenere una posizione autonoma, più di adesione stilistica che di identificazione intellettuale. Stimolato viceversa dalla collaborazione con il gruppo di Broglio, il pittore torna a sottolineare nelle nature morte degli anni 1919-20 la sostanza plastica delle forme, modellando i volumi con risentiti giochi di ombre e pennellate più corpose e materiche.

La serie di paesaggi elaborati fra il 1921 e il 1925 apre ulteriori, nuovi percorsi alla sua pittura: 45 l'essenzialità e lo stemperato tonalismo ne fanno in certo senso l'incunabolo di tante tele realizzate nei decenni successivi, soprattutto intorno al 1942-1943 e nell'ultimo periodo di Grizzana, nel 1960-1963.

Con il 1926 si registra l'avvicinamento dell'artista bolognese al" novecento italiano": in quell'anno e poi nel 1929 presenzia alle due mostre organizzate alla Permanente di Milano e quindi, pur senza mai farsi coinvolgere attivamente nelle vicende del movimento, non mancherà di inviare opere alle mostre di Parigi (Galerie Bonaparte, dicembre 1929), Basilea (gennaio-febbraio 1930), Berna (marzo-maggio 1930) e ancora, nello stesso 1930, a Buenos Aires e in Brasile. Con la fine degli anni Venti, dunque, grazie anche alle esperienze condotte a fianco del gruppo di Margherita Sarfatti, il profilo di Morandi acquisisce una più spiccata connotazione di internazionalità in virtù di un'intensa circolazione all'estero dei suoi lavori, cui però non corrisponde un'analoga "agilità" dell'artista, che continuerà a dividere le stagioni fra la casa bolognese di via Fondazza e la residenza estiva di Grizzana, radicato nelle sue abitudini essenzialmente stanziali e sempre restio a trasferte più impegnative (chiederà il passaporto solo nel 1956). A viaggiare saranno dunque le opere: nel 1929 presenzierà a Pittsburgh al Premio Carnegie, dove esporrà nuovamente nel 1933, nel 1936 e altre tre volte nel dopoguerra; nel 1930 sarà la volta della Mostra dell'incisione moderna alla Bibliothèque Nationale di Parigi; nel 1931 invia una Natul'a moTta del 1929 alla Settimana italiana di Atene. Di notevole rilevanza è poi la sua presenza nel 1932 alla mostra organizzata alla Galerie Georges Bernheim di Parigi dedicata agli "Artistes italiens modernes", dove figurano i più importanti esponenti della pittura italiana fra le due guerre e in cui i suoi dipinti sono esposti insieme a opere di Casorati, de Chirico, de Pisis, Savinio, Scipione. Nel 1933 è con una Natul'a mOlrta alla Kiinstlerhaus di Vienna per la rassegna "Moderne Italienische Kunst"; nel 1934 altre sue opere compaiono alla Mostra d'arte italiana organizzata dalla Biennale di Venezia negli Stati Uniti e l'anno successivo spedisce due nature morte a Parigi al J eu de Paume alla rassegna sull'arte italiana del XIX e XX secolo; ancora a Parigi, nel 1936, è rappresentato all'Esposizione universale, mentre l'anno dopo è invitato alla grande mostra organizzata a Berlino dalla Biennale di Venezia; il 1938 sarà l'anno della presenza alla Kunsthalle di Berna; nel 1939 invierà una selezione di opere importanti alla "Golden Gate Exhibition" di San Francisco e nel 1940 oli di Morandi non mancheranno alla Mostra d'arte italiana allestita a Zurigo.

 

Nel corso di questo intenso decennio, d'altra parte, anche la fortuna italiana - di critica e di pubblico Hdel bolognese era venuta saldamente consolidandosi. Le sue sempre vive curiosità culturali lo avevano avvicinato al collettivo di intellettuali e artisti che collaboravano a "Il Selvaggio", la rivista fondata da Mino Maccari nel 1924. Insieme al gruppo fiorentino Morandi partecipa alla II Esposizione internazionale dell'incisione moderna (Firenze, 1927); l'interesse di Maccari per quanto va dipingendo gli consente inoltre di vedere ripetutamente pubblicate sul foglio toscano diverse opere e gli frutta un lungo articolo dello stesso critico, apparso nel 1927 su "Il Resto del Carlino", elogiativo del profondo radicamento nazionale della sua arte, giudicata "italianissima" secondo un'ottica di esaltazione dei valori di "Strapaese" condivisa anche da Leo Longanesi, che ne scrive su "L'Italiano" (1928), periodico che nel 1932 dedica a Morandi un numero monografico (lO marzo) comprensivo di un testo critico firmato da Ardengo Soffici.

Tale indiscusso riconoscimento della profonda "italianità" dei suoi approdi, formali e concettuali, agisce probabilmente da catalizzatore del plauso anche degli ambienti più conservatori, che manifesteranno il proprio apprezzamento in forma ufficiale conferendogli, nel febbraio 1930, "per chiara fama" e "senza concorso", la cattedra di Incisione presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, mantenuta fino al 10 ottobre 1956, quando chiederà di essere messo a riposo.

Sempre intorno a queste date si collocano anche le sue prime comparse alla Biennale di Venezia, dove espone nel 1928 nella sala del bianco e nero, quindi nel 1930 e infine nel 1934. Di notevolissimo rilievo appare inoltre la sua partecipazione alle Quadriennali romane: alla prima, del 1931 (in cui viene premiato per una NatuTa morta con jruttiera), e alla successiva, del 1935, egli è invitato contemporaneamente come membro della commissione di accettazione e come artista, presentando alcuni oli, acqueforti e disegni. Ma il cosiddetto "caso Morandi" esplode alla terza edizione, quella del 1939, quando gli viene concessa un'intera sala personale in cui espone quarantadue oli, dodici acqueforti e due disegni, ottenendo il secondo premio per la pittura alle spalle del più giovane Bruno Saetti. Le polemiche, sia relative all'assegnazione del premio che al valore intrinseco della sala Morandi, daral1l10 vita a un acceso dibattito fra detrattori e sostenitori del pittore, al quale, proprio nello stesso 1939, Arnaldo Beccaria dedicherà una prima, piccola monografia. Nelle file dei suoi sostenitori si allineano studiosi dell'impegno e del calibro di Roberto Longhi, (che nella prolusione all'anno accademico 1934-35 dell'Università di Bologna lo aveva definito "uno dei migliori pittori viventi d'Italia"), Cesare Brandi, Giulio Carlo Argan, Giuseppe Marchiori, solida falange cui andranno ad aggiungersi nel corso degli anni Vitali, Ragghianti e Gnudi. on mancano naturalmente le voci contro: negli stessi frangenti l'amico di giovinezza Osvaldo Licini lo accusa di mettere "un velo, un tedio" davanti ai dipinti, che risultano "tutti uguali, disciplinati, corretti e messi in riga", giudizio condiviso da altri, fra cui Carlo Belli e Luigi Bartolini, che lo accuserà di essersi ormai fossilizzato su un "genere per il salotto".

I riscontri negativi non interferiscono comunque con l'attività del pittore, che dipinge senza sosta e che nel '43 deciderà di prendere le distanze dai clamori del conflitto mondiale abbandonando lo studio bolognese di via Fondazza per ritirarsi a Grizzana. Sono gli anni di una serie straordinaria di paesaggi e nature morte, soggetti - insieme agli altrettanto famosi fiori - poi ripercorsi incessantemente fino al termine della carriera, che contribuiranno ad accrescere attorno alla sua figura un caloroso consenso: consenso che prende forma tangibile nella primavera del 1945, quando Longhi organizza in omaggio all'amico assente una fortunata personale presso la Galleria del Fiore di Firenze. Con la conclusione della guerra per Morandi, infine rientrato a Bologna, riparte una stagione ricca di nuove soddisfazioni. Nel 1948, anno in cui alla rinnovata Biennale tutti i proiettori sono puntati sul Fronte nuovo delle arti, egli condivide con Carrà e de Chirico gli spazi dedicati a "Tre pittori italiani dal 1919 al 1920", esponendo undici tele degli anni 1916-20 presentate da un testo di Francesco Arcangeli, e ottiene quasi a sorpresa il primo premio per la pittura. Nello stesso anno, a ribadire l'importanza della mai trascurata produzione grafica, Carlo Alberto Petrucci allestisce alla Calcografia Nazionale di Roma una rassegna antologica delle sue acqueforti.

Questi due episodi contribuiscono senz'altro a rinnovare l'interesse, soprattutto del pubblico, per l'artista, ormai considerato fra i grandi del secolo secondo una prospettiva nient'affatto provinciale: la stima e il favore dei più esclusivi ambienti internazionali sono testimoniati dall'incessante richiesta di sue opere per tutta una serie di rilevanti rassegne europee (Bruxelles, 1949; l'Aja e Londra, 1954; Winterthur, 1956; Karlsruhe, 1964) e statunitensi (New York, 1957 e 1961) e dal conferimen to di premi prestigiosi (1953 e 1957, primo premio rispettivamente per l'incisione e per la pittura alla Biennale di San Paolo del Brasile; 1962, Premio Rubens assegnatogli a Siegen) che si susseguono negli anni Cinquanta e Sessanta, fino alla data estrema del 1964.

Dopo circa un anno di malattia, il 18 giugno 1964 Morandi si spegne infatti nella sua città natale. Accompagnano la sua uscita di scena l'edizione della fondamentale monografia di Lamberto Vitali e lo studio a lui dedicato da Francesco Arcangeli, entrambi pubblicati dalla Galleria Il Milione di Milano, che per decenni aveva curato l'attività dell'artista.